Come sopravvivere al primogenito

Quando ho portato Alberto a casa dall’ospedale, Alessandro si deve essere dato una missione: farlo fuori, possibilmente in tempi rapidi.
Ricordo come se fosse ieri quando guardavo estasiata il neonatino sdraiato sul lettone, aveva 3, dico TRE, giorni di vita, quando arriva la Belva treenne, fa un triplo carpiato sul letto e centra col ginocchio la testina santa (e molliccia)  del mio nano nuovo di zecca.
C’è mancato poco che non mi avventassi sul grande con un randello.
L’ha salvato il piccino, che era così disperato che ho dovuto occuparmi di lui e capire se il grande era riuscito a farlo fuori, così, il primo giorno a casa.
Quello è stato solo il primo tentativo di una lunga serie di attentati.
Accompagnati da una serie di piacevoli aspetti collaterali: ritorno dei capricci indomabili, pessimo umore, scene di isteria, insolenza: insomma, antipatia allo stato puro. Avete presente quei bambini che quando li vedevate “prima” vi facevano dire “io figli mai”?
Ecco. Insopportabile.
È brutto quando il bambino più fastidioso ed antipatico che conoscete è vostro figlio.
E, come se non bastasse, è stato un crescendo, fino a raggiungere il culmine verso i 6 mesi del piccolo, quando, scoperta la magia della tridimensionalità,  si è trasformato da angelico e pacioso Neonato immobile, ad Attila.
Ovviamente io dovevo sempre stargli appresso per evitare che finisse da solo il lavoro iniziato dal grande, e così venivano meno le già scarse attenzioni che potevo riservare ad Alessandro.
Che, ovviamente, è diventato ancora più incattivito ed antipatico. Siamo arrivati veramente a livelli intollerabili.
Mi facevo orrore da sola: mi accorgevo, se ne sarebbe accorto un sasso, di come cinguettavo al piccolo e ringhiavo al grande.
Era proprio assurdamente plateale: se gorgheggiavo sorridente al Tortoro, mi giravo come un mastino incazzato verso Mirtillo. Una vergogna.
All’inizio ci ho provato, avevo studiato, letto libri, messo in atto la play terapy (che consiste nel dedicare almeno 10 minuti consecutivi al figlio, giocando a quello che sceglie lui, senza nessunissima interferenza esterna) con qualche miglioramento, certo.
Ma poi la stanchezza e il nervosismo verso i suoi comportamenti insopportabili, facevano cadere ogni buon proposito.
Finché, per fortuna, è diventato insopportabile anche Alberto.
Anzi, dovrei togliere l’anche, perché, come per magia, si son passati il testimone.
Non appena è diventato una belva il piccolo, è diventato un santo il grande. Non so se sia un intervento divino, da parte di Chi, conoscendomi, sa bene che due così li avrei fatti semplicemente sparire in un bosco, o se una basilare legge di psicologia infantile: nel momento in cui ho iniziato a sgridare il piccolo, ad innervosirmi anche con lui, a non guardarlo più sempre con occhi a cuore, per Ale non è più stato un rivale da sopprimere, ma un compagno da salvare dalla mamma mostro incazzata abbestia.
 
La metamorfosi è recente, risale a circa due settimane fa.
Per cui ora mi ritrovo con un quattrenne adorabile, sempre sorridente, ironico, che mi racconta le sue imprese all’asilo, le sue amicizie, le scorribande. Mi canta le canzoncine, mi fa ridere a crepapelle.
È bellissimo, poi, e io lo guardo incantata e, finalmente, con gli occhi a forma di cuore (che poi è tutto lì. Sono l’amore e l’affetto che risolvono ogni problema, ma a volte è così maledettamente difficile).

 

E mi ritrovo con uno strano essere di 14 mesi, che mi sfida, si sta facendo venire mille manie che manco Monk, fa crisi isteriche, scenate per ogni no, insomma una belva insopportabile, di quelle che se le incontravate ‘prima’ vi facevano dire ‘io figli mai’ (sì, ancora. E sì, sempre io). Ecco.
Per cui se siete appena tornate a casa dall’ospedale con il vostro Neonato tutto rosa, e il grande diventa una belva ingestibile, sappiate che se riuscite a farlo arrivare ad un anno (il piccolo, intendevo)  poi siete a posto: ce l’avete fatta!
Vedrete che la gelosia sparirà come per magia, che inizieranno a giocare insieme divertendosi come pazzi, che il grande difenderà il piccolo dalle vostre ramanzine e ringhiate.

Ora resta solo da capire “come sopravvivere al secondogenito”.

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14 Comments

  • Lasciamo perdere, la mia grande ha accolto la piccola mettendosi a piangere come una fontana. Da lì in poi, una esclation della gelosia. Poi sì, dopo circa otto mesi le cose hanno iniziato a calmarsi, ma gli otto mesi prima sono stati un incubo (la grande era troppo piccola, solo due anni di differenza). Si sopravvive e poi è bello, ma il ricordo della fatica rimane stampato nella mente.

  • Anche tra le mie ci sono due anni, ma la P1 ha praticamente ignorato a P2 finché questa è stata immobile. Ora, da circa due mesi mesi, la P2 è preda delle angherie della sorella, che cerca di schiacciarla, decapitarla, bastonarla, ucciderla insomma. E io cerco di non intervenire ogni volta, ma come si fa, non è nemmeno 7kg, è una pallina rosa e fragile, mica posso lasciarla tormentare?
    E la P1 non è così antipatica. Va a giornate.

  • Che ridere! Tornando serie sono contenta che sia finito il periodo nero di A1. A casa nostra è il contrario, abbiamo una primogenita angelica e un secondogenito pestifero e io sto ancora aspettando che si diano il cambio, così da poter distribuire equamente sguardi assassini e urlacci, che al momento sono riservati quasi esclusivamnete al piccolo. E 'sta cosa non mi piace per niente! Solo che non riesco a porci rimedio

  • Ecco, questo post capita giusto a proposito, mi stavo appunto chiedendo in questi giorni dove sbagliassi con il mio nano di due anni e mezzo e la nanetta di otto mesi, visto che il grande corrisponde in pieno alla descrizione del tuo primogenito…ed essere rassicurate sul fatto di non essere una famiglia cosi fuori dalla norma, che altre ci stanno passando, fa stare piu tranquille! 🙂

  • sì.

    questo post mi rassicura e mi rincuora.

    perchè a breve arriverà la bambina di plastilina, e temo momenti molto bui col bambino di pongo.

    perchè sapere che non sono l'unica al mondo ad aver trovato insopportabile il proprio figlio e di desiderare di abbandonarlo in un bosco, mi fa gongolare di gioia immensa.

  • E' vero, dobbiamo dargli il tempo della convivenza, a entrambi. Dopotutto anche noi una volta accompagnate/sposate/etc….. dobbiamo affrontare la prova della convivenza:conoscersi, sopportarsi, supportarsi,imparare a non cagarsi e a essere complici. E così loro. Poi, una volta collaudati si salvi chi può perché diventano Bonnie e Clyde 🙂

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