Sarò padre.

Quello del padre è un ruolo che non si improvvisa. Al contrario: per sviluppare tutte le abilità indispensabili per calarsi perfettamente nella parte servono impegno serio, esercizio faticoso e alcune esperienze fondamentali.
Certi maschietti iniziano ad impratichirsi fin da bambini, quando in virtù del complesso di Edipo tentano di impersonare il papà sognando di farsi la mamma. Spesso si tratta di infelici tentativi d’emulazione, peraltro ispirati da intenzioni diverse da quelle del genitore, molto più motivato a farsi la vicina di casa.
Nella maggior parte dei casi l’istinto paterno si sviluppa assai più tardi, in un periodo che si attesta tra il secondo e il quinto anno d’età del primo figlio. E’ allora che lo sconcerto per la presenza in casa del rumoroso frugoletto è sopraffatto dall’incontrollabile felicità indotta dall’acquisizione del diritto agli assegni famigliari, con cui ci si può
permettere una cassa di birra in più ogni mese.
Personalmente ho realizzato l’importanza di ciò che stava accadendo nella mia vita proprio mentre mia moglie dava alla luce la nostra figlia maggiore. In sala parto galleggiavo come sospeso nel vuoto in attesa della fine del travaglio, incerto e preoccupato. Vedere spuntare prima quella testolina, poi quelle spallucce e infine quel corpicino mi ha improvvisamente richiamato alla realtà: la vagina della mia compagna non sarebbe mai più stata quella di prima.
Poco male, perché in fondo quella macelleria messicana era servita per generare una nuova vita: quella della mia bambina. Un evento che porterò dentro di me per il resto dei miei giorni, anche per via del prezioso insegnamento che – inconsciamente – Anya mi ha dato. Cioè che l’uomo ha una soglia del dolore molto più alta della donna: mentre lei urlava, piangeva e si dibatteva, io restavo impassibile.
Eppure quella bambina la stavamo aspettando entrambi.
Che vergogna.
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