Viaggi: quando nella Champagne vietarono l’ingresso ai cani, ai bambini e agli italiani

Questo non è un post su un fighissimo viaggio organizzato nei minimi dettagli. No. Questo è un post sul delirio che quattro povere pazze hanno deciso di organizzare per passare qualche giorno insieme.
Tutto è cominciato quando una delle mie amiche mi ha chiesto, mesi fa, se passavamo la Pasqua insieme. Sua figlia è la famosa copina della P1, quindi tutto perfetto. Scopro in seguito che l’invito è stato esteso anche alle altre due amiche, con relative famiglie. Ma bellissimo! Ci divertiremo un casino.

Cercando l’hotel, però, l’amara verità mi si mostra in tutta la sua crudeltà: siamo quattro famiglie, ciascuna con due figli, un bambino di 3/4 anni e un bebè di un anno/un anno e mezzo.
Cazzo.
Non ci prenderà mai nessuno.
Invece, non ci crederete, ma abbiamo ricevuto un sacco di proposte. Erano disposti anche a metterci i figli in una nicchia nella hall pur di avere quattrini. Alla fine, dietro mia segnalazione, siamo finiti in un hotel a TROYES sperduto nel nulla. Ma nel nulla eh.
Questo fu l’inizio. Partiamo sabato 30 e per strada capiamo già tutto. Fermi all’autogrill con una delle altre famiglie, la P1 e la loro maggiore scappano attirate da non so bene quale diavoleria. Ovviamente ci eravamo fermati per una cacca che non è mai stata fatta.
Ore 12.30, ci ritroviamo nell’unico ristorante di Epernay che ha accettato di ospitarci. Entriamo, solo in tre famiglie, e quasi sbianchiamo alla vista della saletta ordinata con gente pacata che bisbiglia gentile.
Ri-Cazzo.

 

Fortunatamente ci danno una saletta slegata dal resto, praticamente la stanza della badante della vecchia nonna allestita a sala da pranzo. Ancora tutto abbastanza tranquillo, a parte il chiasso che ci impedisce di parlare (a noi donne, i mariti ovviamente sono a capotavola ben lontani dai nani urlanti) e la signora che viene a portare tovagliette per impedire che le belve sporchino di cioccolata la tovaglia. “Sa, poi bisogna fare un trattamento speciale per pulirla”.

 

Ah beh.

 

Rifocillati, direzione cantine Moët et Chandon. Visita guidata. Durata un’ora. Dopo pranzo.

 

Non correre!

 

Zitti!
Parla più piano!
Attento che scivol……
Dov’è il ciuccio?
Non trovo più il doudou, torna indietro a cercarlo!
No, non quella galleria! Amore? Amore? Amooooreeeeee?
Volete un grissino?
No, il magnum millesimato noooooo!
Dopo un’ora, saletta della degustazione. Una delle bimbe piccole, stremata e covante un non ben precisato malanno, scoppia in un pianto disperato. Non dimenticherò mai la faccia di quegli italiani cazzoni (ce n’erano altri, senza figli, of course) che guardano la piccola M. e bisbigliano “ma la lasciano piangere così?”. Ma fottetevi. E intanto noi a trangugiare Moët et Chandon come se non ci fosse un domani.
Finalmente arriviamo in hotel. Evviva evviva evviva, ritroviamo anche la quarta famiglia, e se fino ad allora ci era sembrato un gran casino, ancora non avevamo visto niente.
E’ di nuovo ora di mangiare. L’hotel ci ha riservato una saletta (e due!). Alla fine della serata, si potranno contare: 3 kg di pane sparsi sulla moquette; pezzi di hamburger nelle orecchie di almeno due bambini; una coppia separata; pezzi di gessetto per biliardo nei denti di una bambina; servizio di aspiratura moquette da parte di due unenni; denuncia di smarrimento di bambina di diciotto mesi.

 

In tutto questo, noi donne non ci siamo dette una cippa. E se ci siamo dette qualcosa, ce lo siamo dimenticato. Ma ad un certo punto i figli dormono, no? Ed è lì che… i padri scendono a giocare a biliardo e le mamme, chi prima chi dopo a causa di eccitazioni dei nani che nemmeno un kg di lsd in un diciottenne, si ritrovano fuori in corridoio, in pigiama, struccate, con le porte delle camere socchiuse. Ah, e con una coperta addosso. Siamo state prese per il culo da bambini di dieci anni che rientravano coi genitori, e pure dalla coppia di amanti che ha passato tre giorni chiusa in camera col cartello “non disturbare”. Me li immagino ridersela tra un amplesso e l’altro, bastardi maledetti senza figli.
Il giorno due inizia nel migliore dei modi: la devastazione della sala per le colazioni. Dopo di noi arrivano alla spicciolata anche tutti gli altri, e qui il genio napoletano di uno dei mariti entra in azione, consentendoci di entrare in sedici, seggioloni compresi, in uno spazio normalmente destinato a sei persone. Mitico. Inutile dirvi quanto ci abbiamo messo per mangiare due croissant e cosa abbiamo lasciato dietro al nostro passaggio…

 

Quello che succede dopo è ormai un ricordo confuso nella mia mente. Due ore passate sui divanetti dell’albergo a scattare foto e ripetere “cosa facciamo?!” almeno ottantasette volte (ciascuno). Nel frattempo, bambini si sperdevano per le cucine, altri prendevano l’ascensore, altri ancora mangiavano i cubetti delle costruzioni più piccole che io abbia mai visto, che credo i clienti dell’albergo troveranno per gli anni a venire sparsi un po’ ovunque, anche nelle loro mutande.

 

“Dov’è P/E/G/C/M/E???” è stata la frase più gettonata dopo “cosa facciamo?!”.
Evviva, è ora di mangiare! E partiamo per Troyes, questa deliziosa cittadina famosa per… qualcuno deve sicuramente avermelo detto, mente rincorrevo la P1 lanciata verso la rotatoria.

 

Il ristorante è veramente carino, e stavolta abbiamo addirittura una sala chiusa dalla porta, forte. A parte le volte che la P2 si è presa la porta in faccia (dopo la terza penso che il cameriere abbia cominciato a fare attenzione, o forse lei ha smesso di piangere per il dolore), il caos è contenuto. Per chi resta fuori, ben inteso. Passeggini che ondeggiano per far addormentare, giochi improvvisati tra una portata e l’altra, follia allo stato puro.

 

Mamma caccaaaaaa!

 

Mamma voglio l’acquaaaa!
Attento al bicchiere!
Vieni a mangiare il pollo!
Attenta alla port….
Mamma non mi piaceeeeee!
E!
P!
C!
G!
Inutile dirvi cosa ci siamo lasciati alle spalle.

 

Presi da un incredibile entusiasmo, decidiamo di partire per visitare il paese. Ma siccome siamo italiani, dopo cinque minuti ci fermiamo già per il caffè.
Noi donne entriamo e parliamo di sesso.
Gli uomini entrano dopo di noi e perdono chi la carta di identità chi l’indirizzo della farmacia.
Non sto a raccontarvi la giratina in paese, coi poveri bambini completamente schiantati che si trascinavano per inerzia, e non vi racconterò nemmeno della seconda cena nella solita saletta dell’hotel in cui i bambini, poverini, erano praticamente morti e a parte giocare al dottore (?) hanno fatto poco altro. Non vi racconterò nemmeno della seconda serata sulla moquette fuori dalla camera (già, ma la prima sera la stronza che ci ha detto di smetterla di fare casino? E rilassatevi un pochino!), o della corsa la mattina dopo per arrivare in tempo alla visita delle cantine Pommery, e sorvolerò pure su questa visita e il successivo pranzo da McDonald’s.
Non vi ammorberò ulteriormente ma voglio solo dirvi una cosa: è stato faticoso, non mi ricordo nulla di quello che ci siamo detti, avrei voluto approfittare di più delle mie amiche che non vedo mai ma, nella follia, è stato divertente. Vedere che siamo tutti sulla stessa barca, a chi mancava una salvietta, a chi un collorio, a chi un ciuccio, un bambino smetteva di piangere e iniziava un altro (o altri), uno mangiava e uno no, uno si fermava e tutti si fermavano, uno correva e tutti continuavano a correre… NON SIAMO SOLI.

 

Per la P1 è stata la prima vacanza con gli amici e per questo non la dimenticherò mai. Quindi grazie amiche mie, è stato un piacere!
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6 Comments

  • ahahahaha, mi sono troppo divertita a leggere questo post!
    Mi hai fatto apprezzare le mie (non) vacanze casalinghe 😉
    Scherzo dai, dalle foto si intuiscono posti deliziosi (mi ricorda l'architettura di Rennes) e sicuramente un caos divertente, che ricorderete per secoli!

  • che bellissima vacanza! sicuramente te lo ricorderai per tutta la vita… mio marito quando era piccolo ha fatto tanti viaggi con altre famiglie e sono tutt'ora amici, quindi ogni volta salta fuori il racconto di una vacanza, di una risata, di una cavolata, ecc ecc… non vedo l'ora di provare anche io una vacanza del genere… ma per ora niente amici con figli… 🙁 magari mi unisco a voi! 😉

  • che belli questi w.e. con figli che poi quando torni sei più stanca di quando sei partita!!!
    no scherzo, il post è divertentissimo e vi ho immaginati!
    in alcuni momenti mi ricordava una certa sera in cui un po' di famiglie si sono trovate a mangiare la pizza dopo che i nani si erano sfiancati in una ludoteca… così, vagamente eh… 😉

  • Grazie ragazze, vi dico solo che ho dimenticato talmente tante cose tragicomiche… questo è solo un decimo di quello che è successo! E stiamo pensando anche di replicare… In fondo se ci è andata bene una volta (nessuna denuncia, nessun danno da milioni di euro, nessun bambino perso…) abbiamo buone possibilità di una seconda riuscita!

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