Una mamma può davvero lavorare a tempo pieno?

Io sono quella che a 7 anni diceva che non avrebbe mai avuto figli. Dovevo concentrarmi per diventare Presidente della Repubblica.
Quella che inorridiva alla frase “i figli sono il senso della mia vita”.
Sono quella che scuoteva la testa sentendo di donne che lasciavano il lavoro dopo un figlio “perché voglio fare solo la mamma“.
E sono quella che è tornata a lavorare prima dei tre mesi dei propri figli.
Eppure ora, se solo potessi permettermelo, starei a casa da domani.
Sono arrivata alle vacanze di Natale distrutta, demolita, con una serie di casini e ancora casini che davvero non ne potevo più. E nessuno di questi guai è risolto ad oggi, sono solo stati rimandati, grazie alle vacanze di Natale, ma è già qualcosa.
Le vacanze me le sono godute, son stata tanto, tantissimo – sempre, in effetti – con i miei figli.
Il Natale è stato magico, davvero. L’emozione e la trepidazione di Ale mi hanno rituffato a piè pari nella mia infanzia piena di magia.
Siamo pure miracolosamente riusciti ad andare qualche giorno in montagna, un sogno.
Poi arriva la domenica prima del rientro e divento nervosa, il solo pensiero di tornare al lavoro mi rende di pessimo umore (come tutti, lo so).
Il lunedì sono nell’isteria pura, cattiva e incazzosa, urlo tutto il giorno a tutti, per vere inezie.
In un momento di tregua, per prepararlo al rientro, dico al mio piccolo, 2 anni e 4 mesi: “tesoro, sei felice che domani rivedi Stella?” (la sua maestra di nido). Lui mi guarda, spalanca gli occhioni, labbrino tremolante e scoppia in un pianto così forte che diventa blu. Quando riprende a respirare inizia a urlare che no, non vuole tornare al nido, che lui vuole stare sempre con me. “Anche se sono cattiva e urlo?” chiedo io.
E sì, anche se è cattiva e urla, loro preferiscono la mamma.
Mi ha così sconvolto, questa cosa così ovvia ma sorprendente.
E non ho fatto nemmeno in tempo ad accorgermene, che mi son trovata dritta nel frullatore a potenza massima.
Il martedì sono andata a prendere i miei figli alle 19 dalla baby sitter (che è più giovane di me ma ha una figlia alle superiori…), casalinga, 3 figli. Casa sua è il regno della pace e serenità.
Comunque, entro e Ale mi corre incontro quasi in lacrime dicendo che ha fame e che anche lui vorrebbe la torta.
Sì, come non sentire quel delizioso profumo di torta appena sfornata? Mi fa ricordare che non ho avuto nemmeno il tempo di pranzare.
Io avevo già in programma delle spinacine home made, non esattamente una passeggiata, ma “vuoi la torta? E la mamma fa la torta, che ci vuole?” (mica posso essere da meno, io!).
Frulla di qui, impana di là, mescola, e dosa, alla fine, io ho cenato in piedi mentre finivo la torta, in cucina sembrava fosse esplosa la bomba atomica, la torta non cuoceva più, così loro non l’hanno nemmeno potuta assaggiare perchè nel frattempo sono andati a dormire, e io, per fare la supermamma con spinacine fatte in casa e torta appena sfornata, non sono stata con loro neanche quelle uniche due ore scarse che avevamo a disposizione.
Di fatto, non sono stata davvero con i miei figli nemmeno per un minuto.
Normale, quindi, essere nel mio stato d’animo.
Metto le mani avanti: sono impulsiva e tendo a prendere decisioni avventate di punto in bianco. Ed è assolutamente probabile che, se il genio della lampada avverasse ora il mio desiderio di non lavorare più, tra meno di un mese sarei in giro per il mondo a caccia del suddetto genio per farmi ridare indietro la vita incasinata di adesso.
Eppure, il tarlo non mi dà pace.
I giorni si susseguono l’un l’altro così in fretta da non lasciare quasi traccia, se non nelle tacche sui muri dove segno l’altezza dei miei bimbi.
Non ho fatto in tempo ad uscire dalla sala parto con Ale che già, in modo del tutto sorprendente, questo mese devo iscriverlo alla scuola elementare (che non si chiama più così, mi dicono, ma chissenfrega, ci siamo capiti).
Ed ecco un altro tasto dolente che allieta questo inizio 2014 (duemilache???? aaaaargh!!).
Nella nostra scuola “primaria” (ecco, si chiama primaria, mi pare), il posticipo finisce alle 15.20. Il venerdì, tutti a casa alle 12.20, senza pranzo.
Come fa una mamma che lavora??
Alla riunione dei genitori, in meno di 10 abbiamo manifestato difficoltà per quell’orario. Alla fine, non potendo pretendere un orario diverso, abbiamo pensato di organizzarci tra noi, cercando una cooperativa che si occupa di doposcuola (e non credo riusciremo, per la cronaca).
Abbiamo fatto girare la voce alle mamme dei bimbi che già frequentano ed ho appena saputo che queste erano indignate dalla nostra proposta “poveri bimbi, ma si rendono conto di cosa pretendono?, già alle tre escono distrutti!!”.
Ma come diavolo fanno, tutte, a gestire questi orari??
Ma soprattutto, come farò io?
Davvero voglio che mio figlio, che obiettivamente, specie in prima, dopo 7 ore in classe sarà moribondo, stia a scuola altre tre ore? Ok, si gioca, si crea e bla bla, ma è a scuola.
O è forse preferibile che stia 3 ore a casa di una sconosciuta? Che sia lei ad aiutarlo con i compiti e le prime letture?
E comunque, in entrambi i casi, una bella fetta delle entrate del mio lavoro finirebbe a pagare qualcuno che faccia quello che non posso fare io.
Cioè seguire mio figlio.
Avevo scritto “crescere mio figlio”, ma  no, sarebbe davvero “troppo” e sbagliato. Tutte noi mamme, lavoratrici o no, facciamo il possibile per crescerli al meglio.
E in poche ci riescono, a dirla tutta.
Ma per seguirli davvero, per me serve anche il tempo.
Questo tempo che mi scivola addosso, mi sta soffocando sempre di più.
Sarà che io ho avuto una mamma casalinga, sarà che vivo in una zona in cui sono tante le mamme che non lavorano, e quelle che lavorano alle 4 hanno finito.
Ma io, un bimbo alle elementari che non vede i genitori fino alle 7 di sera proprio non me lo vedo.
Io arrivavo a casa, avevo i miei piatti familiari, guardavo i miei cartoni preferiti, facevo i compiti, avevo la casa sempre piena di amichetti. E avevo come secondo fratello il mio amico, l’unico con la mamma che lavorava (ed erano altri tempi, non esistevano le baby sitter, si stava a casa da soli).
Io avevo l’uovo sbattuto la mattina, la torta appena sfornata a merenda, potevo andare alle feste dei miei amici durante la settimana, andavo a fare i compiti dalle mie compagne di classe, con la bella stagione ero al lago tutti i giorni, o in montagna.
E giocavo. Tanto, tantissimo.
Ho giocato, corso, inventato, fantasticato, cantato per tutta la mia lunga felicissima infanzia.
Io dimentico anche cosa ho mangiato a pranzo, ma ho ricordi vivissimi di tutto il periodo meraviglioso delle elementari e delle medie.
Erano altri tempi, certo, ma io uscivo di casa sola con gli amici dopo pranzo e tornavo per cena, sin dalle elementari. Quante gite nei boschi, case sugli alberi, tesori da scovare, mappe da seguire…
Cosa avrà lui? Che ricordi avrà se passerà le sue giornate a scuola e sarà sempre l’ultimo a tornare a casa?
E per cosa poi? Che lavoriamo 100 ore a settimana in due e arranchiamo più di tanti altri?
E così, in questo inizio anno che mi auguravo, e mi auguro, magnifico, sono più depressa che mai.
Mi sto davvero convincendo che almeno uno dei genitori dovrebbe poter stare tutto il pomeriggio con i propri figli, almeno fino alla prima superiore.
E, se per quanto mi riguarda i genitori si equivalgono e quindi mi lascia indifferente che il “casalingo” sia uomo o donna, mi ha fatto pensare che i miei figli chiedano sempre a me di stare a casa. Non si sono mai sognati di chiedere al papà “perchè lavora”, ma alla mamma sempre (certo, probabilmente è solo un fatto culturale, vedono le altre mamme venire a prendere i loro amici il pomeriggio…).
Stamattina, il Tortoro ha iniziato a piangere appena sveglio e non è riuscito nemmeno a far colazione. Dopo un’ora, è riuscito a dirmi tra i singhiozzi: “piango perchè non voglio che lavori, voglio che stai con me”.
E il mio cuore si è infranto in mille pezzi.
Non lo so se riuscirò mai ad inventarmi una vita nuova, che mi consenta di essere più presente.
E poi, sono piuttosto mediocre, come madre, forse finora i danni son stati limitati proprio perchè son stati poco con me, se fossi stata mamma a tempo pieno sarebbero già in riformatorio.
Ma quello che mi e vi chiedo è: una mamma può davvero lavorare a tempo pieno?
Ditemelo voi, perchè ora mi pare impossibile farcela. Perchè non ho un imprintig di questa situazione, non l’ho vissuta, non l’ho vista vivere, non la vedo nemmeno oggi intorno a me.
E in questo momento mi sembra tutto maledettamente difficile.

 

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