Fenomenologia della mamma: la Mamma Libertaria

La nostra vittim Fenomenologia di oggi riguarda una mamma molto in voga oggi.
Al bando l’autoritarismo, oggi va di moda l’esatto opposto.
I figli si educano con amore (ok, fin qui ci siamo) e libertà di esprimersi.
Ovviamente, niente in contrario, senonché si sfocia, talvolta in qualche piccolo eccesso.

Il piccolo schiaffeggia la sorellina neonata?
Nessun problema, deve essere libero di esprimere il proprio disagio: basta spiegargli che capiamo la sua frustrazione e il suo desiderio di menare, ma che sono preferibili altre vie di espressione. Ad esempio, che ne dici di chiudere la rabbia in questa scatolina che possiamo seppellire in giardino?
Lui, a due anni e mezzo (scusate volevo dire 30 mesi…), vi guarderà come foste sceme, pensando che nella scatolina vorrebbe chiudere giusto la sorella “e chi l’ha chiesta questa?”.

Se però a menare è il compagno di asilo, allora senz’altro quel bimbo riproduce quel che vive in casa, e quindi di corsa a chiedere provvedimenti, per preservare il proprio tesoro da simili espressioni di nefandezza.

Sul cibo, ça va sans dire, autosvezzamento senza possibilità di replica. Mica vorrai rifilare pappine! La cosa che ancora mi sfugge è perché il neonato può essere libero di scegliere la carbonara (ma in realtà magari la pappina l’avrebbe adorata, se non gliela offri che ne sai?) ma:
a. la tetta, quella fa parte del menu, che piaccia o no.
b. dolci, caramelle, bibite, non le conoscerà fino alla maggiore età.

Il pargolo disegna sul muro? Deve potersi esprimere!
Ma se vuole esprimere la sua voglia di svacco davanti alla TV, non sia mai, la televisione crea mentecatti senza cervello e auto discernimento.

Ma  allora, decidiamoci: ‘sti bimbi, si autoregolano o no?!


Perché ogni tanto ho l’impressione che per la Mamma Libertaria i bambini siano “capaci di potersi auto-determinare” purché si determinino per quello che piace a lei.

In ogni caso, le necessità vanno rispettate sempre e comunque: vuole gattonare in mezzo al marciapiede? Che problema c’è? non vorrai limitare il suo desiderio di esplorare.

Piange quando deve andare all’asilo? Ritirarlo SUBITO, sta manifestando un disagio, vuoi mai che abbia dei traumi per sempre?

O peggio: scopri che all’asilo le maestre dicono “bravo”? Per carità, è il primo passo ad un meccanismo di premi e ricatti da cui bisogna fuggire come alla morte.

In realtà, è l’intero sistema scolastico italiano, ricomprendendo dal nido all’università, a fare schifo e a rendere impossibile un’educazione alla libertà, quindi eliminiamola del tutto, e via all’homeschooling o alle scuole libertarie, in modo che ciascuno scelga se e cosa studiare e quanto (e se non han voglia di fare nulla??).

Non so se ci siano studi su come escono ‘sti figlioli. Io propendo per sociopatici alla Dexter, ma spero di sbagliare. Il vero problema, a mio avviso, è che spesso queste Mamme non brillano per equilibrio, quindi già farebbero abbastanza danni nel tempo normalmente concesso alle mamme, se poi i figli son costretti a sorbirsele 24 ore al giorno, la vedo dura.

Per la Mamma Libertaria, la libertà di esprimersi deve potersi esplicitare in ogni direzione, dalla libertà di parlare o non parlare (il figlio di 7 anni non risponde a chi lo saluta? Deve poter esprimere il proprio scazzo con libertà. Ma se dice una parolaccia -ricordo ancora quella mamma sconvolta perché il figlio aveva usato la  parola “stupido”. I miei allora sono da riformatorio…- è senz’altro stato negativamente influenzato da qualche compagno cresciuto da pessimi genitori, quindi si torna a quanto sopra: meglio non scolarizzare), alla libertà di vestirsi come si vuole.

Su questo, permettetemi, va aperta una parentesi.
Mi è capitata recentemente sott’occhio una discussione, che traeva origine da un articolo inglese in cui una mamma lamentava che ad una festa in maschera il figlio era stato preso in giro perché vestito da Biancaneve (ora, anche tu un po’, te la vai a cercare…). Oppure relativamente al padre che indossa la gonna per “solidarietà” con il figlio che ama i vestiti femminili.
Premesso che io son quella che ha proposto a suo figlio di andare alla festa di Carnevale dell’asilo vestito da bambina (ovviamente sfanculata immediatamente, lui voleva vestirsi da cowboy, of course), francamente questa cosa del vestito mi lascia un po’ perplessa.

Mi chiedo: ma davvero è necessario che un bambino si vesta da Biancaneve?
Ora, parlerò dal basso della mia limitata esperienza di figli maschi ancora piccoli, ma posso dire con assoluta certezza che nessuno dei due, mai e poi, nemmeno sotto tortura, si vestirebbe da principessa o Biancaneve. E Mirtillo è un bimbo anche poco “maschio”, secondo i classici stereotipi, nel senso che non ama urlare, menarsi, sporcarsi ecc, è un tipetto più pacato e intellettuale, ma se avessi potuto fotografare la sua faccia alla mia proposta di vestirsi da femmina, avreste capito senza che spendessi tante parole.
Per cui posso dire che, statisticamente, credo che i bambini che davvero vogliano vestirsi da femmina siano davvero pochissimi.

Ecco, in merito all’ argomento vestiario la Mamma Libertaria si scalda parecchio, non solo difendendo a spada tratta il diritto di vestirsi come si vuole “perché il bambino non ha preconcetti”, ma soprattutto sostenendo strenuamente che se i maschi non vogliono vestirsi da Biancaneve è perché questi stereotipi gli sono stati inculcati dalla società ( o da genitori ignoranti come la sottoscritta).
Per me, Biancaneve = femmina non è uno stereotipo ma è un mero fatto storico: Biancaneve-era-guardaunpò-una-femmina.

Insomma, la società è questa, ci sono delle regole culturali, storiche, sociologiche e come diavolo posso chiamarle, per cui maschi e femmine vestono in modo diverso credo da almeno 1.500 anni. Soprattutto i maschi dalle femmine (ok, i neonati un tempo erano vestiti in modo uguale, ma già dopo i 2, 3 anni venivano differenziati). Una donna con jeans  e camicia è normale e  unanimemente accettata, un uomo con gonna e tacchi già di meno.
E non intendo dire che non possa farlo, ma senz’altro se lo fa, sa di andare incontro a qualche curiosità. E credo sia opportuno spostare questa curiosità a quando si saprà gestirla.
Io, personalmente, se mio figlio volesse vestirsi da Biancaneve, lo farei giocare in casa, ma alla festa con gli amici cercherei di convincerlo per qualcosa che che lo espone meno (a meno che non sia il mattacchione della classe, ne ho in mente un paio della classe di mio figlio che secondo me potrebbero benissimo farlo senza alcuna remora).

Detto questo, tengo a precisare che deridere chi è originale è un atteggiamento deprecabile e che il bambino vestito da Biancaneve, più che essere un argomento interessante in sé (almeno a livello statistico, come dicevo), sarebbe interessante per poter spiegare ai nostri figli che non esiste un atteggiamento che vada deriso. A parte forse l’atteggiamento dei bulli, talmente piccoli da dover reagire con la violenza.

Che poi i bambini, specie intorno ai 4/5 anni, hanno invece moltissimi “preconcetti” e una fortissima identità di genere: i maschi si sentono parte del gruppo denigrando le bambine e viceversa, le femmine si creano una identità schifando i maschi e tutto quello che è maschio (generalizzo, ma ci capiamo, vero? Ovvio che c’è sempre l’eccezione). Tutto quello che appartiene all’altro genere è di per sé ridicolizzato. Le bambole, i vestiti rosa ecc.
Se noi togliamo questi stereotipi, come fanno i bambini a passare questa fase fondamentale della creazione dell’identità di genere e del gruppo?
Se arrivassimo all’estremo di quei genitori inglesi o canadesi che non hanno voluto svelare il sesso dei figli perché non venissero condizionati, non gli faremmo solo un torto, nascondendo una parte fondamentale di loro stessi?

Peraltro, facile parlare, ma vorrei vedere quelle mamme se poi sarebbero così zen e sorridenti di fronte al figlio che si vuole vestire da ballerina.
E soprattutto, voglio vedere se saranno così libertarie anche quando le loro figlie dodicenni vorranno esprimersi andando a scuola con pantaloni a vita ultrabassa, perizoma in vista, short microscopici o piercing vari.

La Mamma Libertaria si scandalizza se i giochi vengono distinti nei negozi tra “maschili e femminili”: a parte che è una tendenza che fortunatamente va a scomparire (nei cataloghi delle aziende che amo io oramai queste distinzioni non esistono più) io penso che questo sia il male minore nel “condizionamento di genere”.
Viene regalato un ferro da stiro giocattolo alla bambina e attrezzi da lavoro al maschietto? E’ abbastanza “consolidato” che sia così, è vero, ma quello che mi chiedo è: e allora?
Personalmente, non mi farei alcun problema se qualcuno regalasse a mio figlio un ferro da stiro. Credo peraltro non se ne farebbe nemmeno lui: non avendomi mai visto con un ferro da stiro in mano, dubito lo associ a “cose da femmina”. Come non associa alle femmine mocho, scopettone & co, visto che lo vede più in mano al padre che a me.
Insomma, credo che il condizionamento di genere avvenga più per quello che si vive che per i giochi che si usano: servirà a poco regalare il Cicciobello o il set da pulizia al proprio figlio, se poi in casa la mamma pulisce e il papà sta con una birra davanti alla tv.
Sentivo una mamma indignata perché la figlia è tornata da scuola dicendo che i maschi fanno i dottori e le femmine le infermiere.
Ok, se mio figlio tornasse a casa dicendomi così risponderei che non è vero, ma certo non mi sentirei umiliata o sconvolta: ai miei tempi, le mie barbie erano segretarie o zoccolette mantenute, ed adoravo giocare alla centralinista con un vecchio telefono. Beh, sfortunatamente non rientro in nessuna di queste categorie.
Non credo assolutamente che quello a cui si gioca a 7 anni influenzi il futuro.
Altrimenti i maschi dovrebbero essere tutti camionisti!

Senz’altro, la Mamma Libertaria è certa di fare il meglio per il proprio figlio.

Per me, lo confesso, le teorie valgono ben poco.
Può essere tutto o il contrario di tutto.

Un bimbo dorme fino ai dieci anni nel lettone? A parte la gran rottura di palle per mamma e papà, per me ha uguali probabilità di essere un bambino sicuro di sé come una persona che ha paura della sua ombra.
Idem per chi è allattato al seno fino ai 5 anni, o chi non è stato mandato a scuola. Le variabili sono troppe: magari il metodo è sbagliato.
Magari il metodo è giusto, ma i genitori sono talmente impossibili che il figlio scapperà.
Magari è giusto, ma l’indole delinquente del figlio avrà la meglio.
Magari avrà la meglio (o la peggio) la compagnia di amici che si troverà.
Magari la scuola è sbagliata, ma l’abbiamo fatta tutti e siamo comunque adulti, con una famiglia, un lavoro.
Quindi, forse non ha fatto troppi danni, e se li ha fatti, li abbiamo superati.
E se non li abbiamo superati, chi ci dice che non saremo stati peggio senza scuola?

Insomma, care mamme, non stiamo troppo a sbatterci con le teorie pedagogiche, seguiamo l’istinto, facciamo i genitori, e che Dio ce la mandi buona.

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