La signora Visconti

La signora Visconti, prima di essere la signora Visconti era solo Carla.
Era Carla quando cresceva nella sua casetta umile, era Carla quando lavorava come operaia alle componenti elettriche, quando usciva con le amiche conosciute in fabbrica.
Era Carla anche quando si è sposata con Luigi, impiegato.

Ha smesso di esserlo quando Luigi, un po’ per una botta di fortuna, un po’ per intuito, e un po’ forse per “contabilità creativa”, è diventato ricco. 
E ancor di più, quando dopo essere diventato ricco, è diventato ricchissimo.

Allora è diventata la signora Visconti.

La signora Visconti non ha mai lavorato in fabbrica, il suo lavoro era essere la signora Visconti.
Organizzare cene per cento ospiti, scegliere i pizzi da aggiungere alle tovaglie già preziose, cambiare le tende ogni anno, controllare i lavori di ampliamento della già faraonica villa, controllare i giardinieri, le colf, i catering.
Ogni tanto vedeva le amiche della fabbrica, e si vantava della Jaguar, della Ferrari, della Porche del figlio, del Cartier della figlia, delle pellicce, dell’aereo privato, dei club esclusivi, della business class, degli hotel a sei stelle.


Poi il marito, come nel più classico dei cliché, si è innamorato della gnoccolona di 30 anni più giovane. 

Per un po’ la vedeva di nascosto, come tutti gli amanti, poi è diventato via via più spudorato.
Lei lo ha lasciato fare, purchè la lasciasse rimanere la signora Visconti.
Quella che lo accompagna alle cene di rappresentanza, quella che organizza ricevimenti da sogno.
Purchè andassero alla messa della domenica in famiglia.

Per un po’ è andata avanti così, con le apparenze salve.

Ma a lui non sono più bastate le notti rubate, non ha più tollerato neanche quelle poche cene di rappresentanza.

Ha scelto l’altra, se n’è andato.

E ancora, la signora Visconti non vuole cedere, non vuole dire a nessuno quello che è successo.

Non lo ha detto alle sue poche vere amiche, non lo ha detto alle false, ha proibito ai figli di parlarne.

Ma ormai non ci saranno più cene di gala, non potrà più organizzare banchetti per gli illustri “amici” di un marito che se ne è andato.

Non so ancora come farà a farsene una ragione.

Temo per lei, temo che non ce la farà, temo che possa fare gesti sconsiderati, se lui risulterà, come pare, irremovibile nella sua decisione.
Perchè ancora spera che torni, che almeno torni a fingere come prima.
Invece che andarlo a cercare per prenderlo a calci in culo e appenderlo a testa in giù  nella pubblica piazza.

E tutto questo perchè nella vita non è stata altro che la signora Visconti, la moglie del dottor Visconti.

Per questo, ragazze, bisogna essere indipendenti.

Possibilmente in ogni senso, anche lavorativo. Ma, se non altro, almeno per un piccolo pezzo di vita. Io mai, una sola volta, mi sono presentata come la signora X, ho le mie amiche che sono solo mie, i miei interessi.
Se mio marito domani impazzisse e se ne andasse, la mia vita andrebbe avanti ammaccata ma praticamente identica, salvo ovviamente il dolore dell’abbandono.

Non si può esistere solo come moglie di, perché non lo sarete necessariamente per sempre. E se non avrete saputo costruire altro, di fatto mettete la vostra vita nelle mani altrui, lasciate ad altri decidere della vostra vita e della vostra dignità.

L’altro potrà essere il nostro appoggio, la nostra metà, quel che volete, ma non dovrà essere mai le nostre gambe, le nostre braccia, il nostro cervello.

Tenetevi un canotto di salvataggio, fatto di amicizie, interessi, possibilmente di lavoro e soldi:  vi farà galleggiare anche se la nave affonda. 

* ovviamente nome e dettagli sono di fantasia

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11 Comments

  • Bel post. Quello che pero' accade nella realta', soprattutto se sei expat, e' che perdi piu' o meno consapevolmente il tuo ruolo e la tua indipendenza. Tante, come me, sono andate a vivere all'estero per seguire il marito, che aveva migliori opportunita'. Che succede poi se la famiglia si sgretola?

    • Succede che ti ritrovi a cominciare da zero perdendo dignità e tutto anche se non sei la signora Visconti e hai sempre lavorato prima e durante la relazione ma ti trovi senza niente comunque, senza la possibilità, e la voglia anche, di tornare in patria perché anche lì significa ricominciare da zero e allora tanto vale risparmiarsi i pochi soldi che dovresti buttare in un trasloco internazionale e guardare avanti per un futuro migliore.

    • Però Lucy io non la vedo proprio così. Noi expat non siamo obbligate a spostarci. Se lo facciamo, sia anche per la carriera dei nostri compagni, è per scelta. Se non lo facciamo per scelta, allora è un problema nostro. Dovremmo essere consapevoli tutti, donne e uomini, che nessun legame è al riparo da pericoli. Oggi siamo una coppia felice, domani ciao. Questo da expat, non expat, lavoratori, ricchi e poveri, con figli o senza figli. Non si può vivere nell'illusione che ciò che abbiamo oggi sia per sempre solo perché "ci siamo sacrificate" (ma chi ha voluto sacrificarsi, poi?). Quindi spostarsi per far felice il marito e poi pensare che non possa cambiare mai nulla… Io personalmente ho lasciato il lavoro a tempo indeterminato, a 27 anni, perché hanno proposto un lavoro in Francia a mio marito. L'ho visto come un miglioramento e un'occasione per il nostro futuro, un'avventura. E lo è stata. Ho avuto due bambine, ho fatto un master e ho trovato un altro lavoro a tempo indeterminato che mi piace, anche se a 30 anni sono dovuta ripartire da capo. Se domani mi lasciasse per un'altra (o per qualsiasi altro motivo), questa è casa mia, non tornerei mai in Italia tanto per, le mie bimbe sono nate qui e crescono qui, ho delle carissime amiche qui e potrei viverci (come tra l'altro ho fatto per un anno) senza mio marito.
      Quindi no, per me le expat non sono più a rischio, come sempre dipende dalle persone e dalle situazioni.

    • Concordo pienamente con Anya. Anche io sono una moglie e mamma espatriata. Occasione di lavoro per il mio compagno e io l'ho seguito senza pensarci su, consapevole di quello che stavo lasciando e desiderosa di iniziare tutto da zero. Purtroppo la Spagna non e' un paese che ti permette di rimetterti in gioco, sono capitata qui proprio nel bel mezzo della crisi. Dopo un anno si e' attivato il mio orologio biologico: o trovo lavoro subito o faccio la mamma, o perché no? Le due cose insieme. La crisi ha voluto che facessi "solo" la mamma. Morale: la bimba ha due anni, più cresce e più si fa viva in me la voglia di rimettermi in gioco. Potrei anche starmene a casa e non lavorare, lo stipendio ci permette non di avere lussi ma di vivere tranquilli senza farci mancare niente. Però non e' quello che voglio, ho studiato tanto e non mi va di starecosi. Non e' facile, forse in italia sarebbe stato più semplice, con la famiglia vicino, la nonna a cui lasciare i figli perché devi studiare. Ma non rimpiango niente. E' tutto una questione di scelte! Poi la liberta di stare sola con tuo marito e tuo figlio non ha prezzo!!
      Bellissimo blog!
      Martina

  • …purtroppo anche se il marito non prende sbandate ma il destino ce lo porta vi all'improvviso è necessario aver costruito un minimo per sopravvivere alla sua mancanza. Ho vissuto da vicino un caso così e per lei non è stata solo la perdita del marito, ma uno smarrimento più totale…. E' inutile nascondersi dietro ad un "a me non succederà mai" oppure "ma non possiamo vivere pensando al peggio", perché mi rendo conto che certi fatti sono meno rari di quanto si possa immaginare. Clara

  • Hai ragionissima…lo dico sempre…finchè tutto va bene è "nostro, siamo noi, etc" ma se va dovesse andar male!?!?!?O succede qualcosa di brutto…Sempre la rete di salvataggio!

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