Elogio alla via di mezzo

maternità-compromessi
Sono nata in un mese di mezzo, e infatti adoro le mezze stagioni.
Nella vita non amo le mezze misure: o è bianco, o è nero.
Ma nella maternità, eh no, nella maternità io sono la fautrice della via di mezzo.
La nemica numero uno degli estremismi.
La portatrice di banalità.

Essere mamma impone dei compromessi

Ho allattato, ma non a lungo.
Ho usato il biberon, ma non avevo nemmeno lo sterilizzatore.
Ho dato il ciuccio, ma a tre anni stop l’ho tolto.
Ho usato i pannolini lavabili, però che comodi quelli usa e getta.
Ho usato tantissimo fascia e marsupio, ma che figo era il mio passeggino ultra-leggero?
Ho autosvezzato, ma quanti passati di verdura si sono mangiate!
Che guardino la tv, con tutti i libri che leggono.
Che giochino ogni tanto con l’iPad, con tutti i giochi che facciamo.
Che mangino i nuggets col ketchup, con tutti i broccoli (e le cipolle) che si scofanano.
Faccio le torte, ma viva gli Oreo.
Ho lavorato tanto, ma quante serate e quanti weekend ho passato con loro.
Sono uscita la sera, ma quante volte ho detto di no.
Urlo, ma poi spiego.
I capricci a volte li verbalizzo, giuro, a volte rompono i coglioni e basta.
C’è la volta in cui mi dico “oh cazzo, sono già le 14, tornano” e altre in cui “che bello, sono le 13, tra poco sono qui”.

Essere mamma non è sempre facile

Essere mamma è il lavoro più difficile del mondo. Ogni giorno dobbiamo prendere decisioni, più o meno esplicite: su quello che mangeranno, su quello che faranno, in pratica su chi saranno.
Essere mamma è un continuo navigare a vista, aggiustare il tiro, prendere le misure, capire chi siamo, chi stiamo diventando, chi sono i nostri figli e che strada stanno prendendo.
È inutile pensare che un metodo, un modo di fare, un’abitudine, funzioneranno sempre e comunque, andranno bene e basta. Saremmo cieche.
Essere mamme è mettersi in discussione ogni giorno, cercare di riparare agli errori e, facendolo, capire che il fatto stesso di mettersi in discussione fa di noi delle madri attente.
E gli estremismi, no, non rientrano nel mettersi in discussione.
Perché ci sono bimbi a cui non piace la tetta.
Perché ci sono bimbi che se la fanno addosso coi lavabili.
Perché ci sono bimbi che dormono meglio in camera loro.
Perché ci sono bimbi che hanno bisogno di una mamma più presente.
Perché ci sono bimbi che hanno bisogno di più tempo.
Perché la cosa più grandiosa che possiamo fare è ascoltarli, questi bimbi, e trovare la giusta strada per noi e per loro.
E per me, comunque vada, quella strada sta nel mezzo.
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