Di quella volta che ho portato una parigina in Italia

La barzelletta era più o meno “ci sono un italiano, un tedesco e un inglese”.
L’inizio delle nostre vacanze potrebbe essere invece riassunto come: ci sono due italo-franco-panamensi, una parigina e molta altra gente.
E anche chi non le conosce non può sbagliarsi: due hanno i tratti tipici delle italiane, grandi occhi scuri e sedere sodo, con la pelle un po’ più colorata per via dei tropici e i capelli sempre spettinati per quell’abitudine lì tutta francese di non usare bene la spazzola. L’altra è altissima, secchissima, biondissima, parla a bassa voce e mangia poco di tutto.
Devo ancora capire quale strano istinto mi abbia spinta ad invitare A. in Italia. Ma è quell’amica con cui P. ha fatto tutti gli anni di materna a Parigi, da cui ha dormito tante volte, con cui andavamo in piscina ogni domenica mattina, con cui eravamo i giorni del Bataclan… Le sue foto sono sul nostro frigo, per dire. E quale miglior occasione per farle ritrovare se non lo scalo a Parigi rientrando in Italia? E poi diciamocelo, un po’ mi piace vedere come si illuminano gli occhi ai francesi quando si prospetta una vacanza in Italia, tra mari, monti, campagna, cene all’aperto e tramonti sugli ulivi.
Quando ho spiegato alla mamma di A. che saremmo stati da mia mamma che ha un giardino e abita vicino ad un fiume e avremmo potuto correre felici tra gli animali, che poi saremmo andate al mare in una riserva naturale dove l’unico rischio sono gli zanzaroni tigre e per il resto i bambini possono fare quello che vogliono, compreso mangiare i pomodori appena raccolti dal contadino… Beh, affare fatto. Tant’è che poi ci hanno raggiunti anche loro!
In questi giorni insieme, prima che arrivassero i suoi, le abbiamo fatte tutte.
Abbiamo tormentato i pesci della fontana in giardino;
Abbiamo cercato di sradicare una camelia;
Abbiamo cercato di scalare una magnolia;
Abbiamo dato da mangiare pane secco alle anatre e ai suoi bebè, e visto che c’eravamo anche alle nutrie grandi come orsi bruni;
Abbiamo portato fuori cani e tormentato poveri gatti anziani;
Abbiamo corso in bici dietro ai piccioni;
Abbiamo fatto il bagno in vasca e in piscina e nel mare;
Abbiamo fatto castelli di sabbia e di terra;
Abbiamo tolto le foglie secche dalla siepe e annaffiato il prato e i fiori;
Abbiamo corso a piedi nudi sulla ghiaia, effetto assicurato.
La lista sarebbe ancora lunga. Perché abbiamo anche visitato Firenze con un tour privato di Mamma Cult alla ricerca dei simboli antichi della città, siamo andati a trovare la nonna paterna a Milano, abbiamo passeggiato sui Navigli dove abbiamo incontrato uno zanzarone gigante e le hostess Autan che, grazie al cielo, erano ben fornite di repellenti perché io per Milano non ci avevo proprio pensato, mentre a casa ne ho in borsa, in valigia, pure in tasca se necessario (la seienne che urla come un’ossessa per una puntura preferisco evitarla… soprattutto la notte), abbiamo incontrato bambine arabe, italiane, cinesi, tate bielorusse e rumene… E mica avrei ancora finito.
E quindi mentre scrivo queste righe, con le occhiaie a terra per le notti in cui non ho dormito un cavolo (facevano a gara a chi aveva paura e voleva dormire con me, e con 3 bambine le combinazioni non sono sempre semplici, e neppure gli eventuali risvegli, chi ne ha tre immagino lo sappia 😉 ), la fatica di star dietro a tutte e tre tra lavarsi, vestirsi, dire di mettere a posto, cercare di non urlare per non passare male e non umiliare le mie figlie, raccontare, guidare, caricare e scaricare valigie, lavare vestiti, spalmare creme e spruzzare repellenti… Beh, sono felice.
Sono felice perché per la prima volta le ho viste insieme libere, come libera sono cresciuta io, nei prati, correndo a destra e a sinistra senza mai stancarmi, rincorrendo i cani o annaffiando fiori.
Perché esiste qualcosa di più bello della libertà, per i bambini?
 
I repellenti per insetti vanno utilizzati correttamente. Leggere sempre le etichette e le istruzioni sul prodotto prima di utilizzarlo


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