Le differenze di genere esistono

Sì, le differenze di genere esistono.
Ieri sono andata in un negozio di articoli da regalo per comprare delle sorpresine da mettere nelle borsine per gli invitati al compleanno di mia figlia minore. Niente di che, dei tatuaggi lavabili, delle gomme da cancellare, cose così. Ho faticato realmente a trovare qualcosa per i maschi, e non solo perché ci fosse meno proposta, ma perché io, donna e madre di due femmine, non so assolutamente cosa possa piacere ad un maschio.
Così ho comprato degli sticker per le femmine e dei vasetti che simulano peti ai maschi. Mio marito non ha apprezzato.
Vasetti che, sono certa, sarebbero piaciuti tantissimo a mia figlia maggiore. Perché non glieli ho presi? Perché ho preso cose uguali per tutte le bambine.
Perché alle bambine, alle femmine, alle donne, piacciono le cose da femmine, perché siamo – tutte o quasi – state cresciute con le cose da femmine. E se nasci in un ambiente dove al tuo genere viene riconosciuto il rosa, il rossetto e le bambole, alla fine te ne convinci.
Io però ho avuto il grande privilegio di essere cresciuta come persona, trattata da mio padre soprattutto – ma anche da mia madre – sempre come persona, né come femmina, né come maschio. Forse, quel che mi è stato imposto come femmina solo le regole per uscire, le frequentazioni, la paura che potesse succedermi qualcosa stando fuori fino a tardi o uscendo con un ragazzo più grande di me.
Per questo forse, da madre, non suggerisco alle mie figlie di mettere i pantaloni perché la gonna è “da femmine”, ma solo perché sono più comodi, in certe occasioni.
Non vieto le storie delle principesse, i film Disney, i pony sbrilluccicosi, perché insieme propongo altre mille cose, da maschio, da femmina, che importa? Cose che a loro piacciono, come i libri sugli animali e la natura, i Pokémon, i film d’amore e via dicendo.
Se mi chiedono di truccarsi in casa, lascio che lo facciano. Io mettevo sempre i rossetti di mia zia, era la cosa più bella che potessi fare, da piccola, eppure non mi sono mai truccata granché in età adulta (e nemmeno in adolescenza, anzi).
No, non c’è niente di male nel sentirsi donne e nell’esaltarlo, in qualche caso.
Il cambiamento non sta nel diventare più simili agli uomini, ma nel farsi rispettare per quello che siamo, con le nostre gonne, i nostri trucchi, i nostri film d’amore e tutto quello che ci pare, anche i pantaloni di Coco Chanel (conoscete la storia?), i capelli corti e il viso struccato. Abbiamo il diritto di essere “giudicate” per ciò che siamo realmente, sul lavoro per cosa siamo capaci di fare, nella vita di tutti i giorni per la nostra bontà d’animo, il nostro altruismo, la nostra forza di volontà, la nostra simpatia, e non per come ci vestiamo o per le nostre preferenze più o meno frivole.
Quando ero ragazzina avevo un sogno, fare la giornalista. Una mia insegnante mi fece incontrare un giornalista locale, che mi assegnò la mia prima intervista. Quando andai da lui per parlarne, mi disse: sai cosa dovresti fare? Iscriverti a Miss Italia: in giuria ci sono un sacco di giornalisti e ti noterebbero subito.
Quando qualche anno dopo lavoravo in una tv (come inviata, non ho mai presentato il telegiornale perché non mi sentivo a mio agio), il direttore mi disse: perché non provi a fare la velina? Me ne andai per andare a lavorare come insegnante in Bielorussia.
Forse non avevo il talento per fare la giornalista, o forse ero carina e venivo valutata solo per quello. Questa, probabilmente, è la vera differenza di genere: non avere la libertà di avere anche un corpo, oltre al resto, eppure essere sempre valutate solo per quello.
Quando ho trovato il mio primo vero lavoro a tempo indeterminato, il mio capo mi adorava. Era una persona seria, adorava la sua famiglia, adorava mio marito e tutto era perfetto, finché non gli ho detto che ero incinta. Da me non se lo aspettava.
Non insegnerò alle mie figlie che amare il rosa è sbagliato, che volersi truccare è sbagliato, che pensare ai maschi (o alle femmine) è sbagliato, che diventare donne che chiedono di essere rispettate come persone e come lavoratrici è sbagliato.
È sbagliato mettersi i pantaloni perché altrimenti con la gonna siamo zoccole.
È sbagliato non tenere a se stesse perché altrimenti non siamo abbastanza serie.
È sbagliato far credere che perché siamo carine, o ben tenute, o perché ci piacciono i film d’amore non siamo abbastanza intelligenti o capaci.
È sbagliato lavorare tanto, troppo, solo per dimostrare che siamo proprio come gli uomini, che la maternità non ci cambia, semmai ci migliora soltanto e uuuuuh possiamo fare tutto! No: il nostro obiettivo è che anche gli uomini si occupino della famiglia e che noi non veniamo valutate meno perché madri.
No ragazze, io non insegnerò alle mie figlie questo.
Io insegnerò loro che devono lottare per farsi rispettare, per far valere il loro cervello senza pregiudizio alcuno basato sui loro gusti e sul loro aspetto, senza piegarsi a questo mondo malato che ci vorrebbe pronte a soddisfare sempre tutto e tutti, casa, lavoro, genitori, figli, compagni, amici, capi, ma mai abbastanza capaci per vedercelo riconoscere, tutto questo lavoro.
Le differenze di genere esistono, e per questo esiste il femminismo, che per me è intersezionale.
E questo insegnerò alle mie figlie.
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