Mamme: lavorare o non lavorare?

Sono da sempre una fan dell’autonomia, dell’indipendenza, sia essa degli uomini, delle donne o dei bambini. Non ho mai concepito i legami di dipendenza, nemmeno affettiva: sì, mi piace che una persona – un marito, un fidanzato, un’amica – abbia bisogno del mio affetto, per stare bene, ma mi è sempre piaciuto che avesse bisogno anche dell’affetto altrui.
Sono cresciuta con una mamma che non ha praticamente mai lavorato, tranne ogni tanto per piacere o per aiutare mio papà. “Non ne aveva bisogno”.
Non ne aveva bisogno in una società in cui l’uomo era quello che portava i soldi a casa – e attenzione, era stato così nel momento in cui mio papà aveva iniziato a guadagnare bene, perché mia mamma aveva iniziato a lavorare a UNDICI anni – la donna quella che accudiva i figli, cucinava e stirava. Mio papà aveva i suoi hobby, i suoi interessi, mia mamma lo aspettava a casa.
E l’ho trovato sempre enormemente ingiusto. Eppure, sentivo che anche mia mamma aveva colpe, perché si era fatta andare bene questo sistema. Ogni volta che la sentivo dire “mi lasciava sola per…” le chiedevo: ma perché l’hai permesso? Perché non ti sei presa i tuoi spazi? E forse sono state le mie parole, o chissà l’età (lei dice la menopausa), ma ha cominciato a farlo. E grazie al cielo, dato che a 60 anni è rimasta vedova.
Ogni volta che sento una donna dire “non lavoro perché posso permettermelo” mi mordo la lingua per non dire quello che penso: penso che ci sia qualcosa di profondamente ingiusto in questa espressione, perché questa espressione riguarda quasi sempre le donne, solo in minuscola parte gli uomini, e non è una conquista, ma un fallimento.
Certo, anch’io posso permettermi di non lavorare, ma perché posso? Perché MIO MARITO LAVORA. E perché lui lavora? Perché la nostra è una società patriarcale, dove è impensabile che un uomo non lavori, ed è impensabile che una donna non si occupi di casa e figli.
Ogni famiglia si organizza come meglio crede e su questo non c’è nessun dubbio. Non giudico chi non lavora, ma questa espressione sì, “perché posso permettermelo”. Se sentissi dire “perché mi fa schifo lavorare, perché preferisco stare coi miei figli, perché non ho voglia”, sarebbe diverso. È un errore che sta alla base della società, l’uomo lavora, la donna cura la famiglia. Perché deve essere così? Perché uomini e donne non possono avere lo stesso peso? Sento uomini dire “ah, se mia moglie guadagnasse più di me…” certo, e cosa fanno gli uomini per far guadagnare di più le mogli, obbligate ad uscire presto, ad evitare trasferte, a rifiutare salti di carriera perché se non stanno loro dietro ai figli non ci sta nessuno?
Non sarò io a dirvi se è giusto o meno lavorare. Io sono nata per farlo, ho iniziato a 18 anni e ho sofferto molto quando, per un motivo o per un altro, non ho potuto farlo. Ma le mie motivazioni sono diverse da quelle di chiunque altro e non voglio nemmeno dire che sarò di miglior esempio per le mie figlie perché mia mamma, che non ha mai lavorato, è sempre stata un grande esempio di forza, tenacia, impegno, generosità, non l’ho mai vista come una fancazzista, una mantenuta, o altro. Non esiste certo solo il lavoro, per dare il buon esempio, anzi.
Il mio post però è per tutte quelle donne, mamme, che sono nel dubbio: lavorare o non lavorare?
Lavorate, e vi dico perché:
– I figli crescono: se è vero che per i primi tre anni hanno tanto bisogno di una presenza fissa, poi vanno a scuola, e piano piano crescono
– Il mondo del lavoro fa schifo: rinunciare al lavoro oggi per non pagare il nido significa ritrovarsi senza lavoro tra tre anni, quando magari ci rimarrà troppo tempo o sempre troppi pochi soldi, meglio fare un sacrificio per tre anni (bisognerebbe aprire un discorso sul supporto dello Stato e della società, ma va be’)
– Il lavoro è un contributo alla società: certo, lo è anche crescere i figli, ma ricordatevi che per i servizi sanitari, per la scuola pubblica, per le strade e il resto dobbiamo pagare le tasse, e se nessuno lavorasse…
– Il lavoro può dare soddisfazione (che non significa assolutamente vivere per il lavoro): c’è anche questo, che non conta poco. Molte volte parlo con o leggo di mamme che si sentono troppo chiuse nel loro ruolo, lavorare aiuta ad aprirsi, a conoscere persone nuove, a mantenere il cervello attivo
– No, i bambini non amano di meno: la presenza di una mamma non si conta nel numero di ore che si passa insieme ma da come si passa questo tempo. Altrimenti i padri non se li filerebbe nessuno, non credete?
– Lavorare riequilibra i ruoli: posto che ogni padre dovrebbe fare il suo a prescindere dall’impegno della mamma, se entrambi i genitori lavorano la famiglia è molto più equilibrata da diversi punti di vista, anche emotivo. Certo, esistono uomini che comunque non fanno niente, ma dobbiamo lottare per questo!
– Le differenze di genere… stiamo tanto lì a menarcela sui giochi divisi per sesso, e poi “sto a casa perché posso permetterlo…”, cioè stai a casa solo perché hai trovato un uomo che guadagna abbastanza (e no, non puoi sapere se guadagna abbastanza anche GRAZIE A TE). Non è una critica ma una riflessione che vi invito a fare. Posto – di nuovo – che ogni famiglia ha il suo equilibrio e lungi da me giudicarlo, questo discorso va contro ogni speranza di emancipazione femminile.
Scelta non è quando si ha accanto un uomo che guadagna anche per noi. Scelta è quando avremo un ruolo paritario e sarà anche l’uomo a dire “sto a casa coi bambini perché posso permetterlo”. Allora sì, la nostra sarà una scelta libera, condivisa e non scontata.
Fino a quel momento, care mie, la strada è ancora lunga. E allora meglio lavorare, prima di rimanere fregate. Perché sì, tra l’altro, c’è anche quella possibilità.
PS Ovviamente per chi non trova lavoro il discorso è ben diverso.
PS2 Nessuno si senta giudicato perché NON è un giudizio, in nessun modo: è soltanto un consiglio da chi sa cosa vuol dire.
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