Il rincoglionimento delle mamme. E dei papà.

Siamo tutte d’accordo sul fatto che esistano problemi seri, gravi e piaghe sociali e che su quelle non si scherza.

Al netto di casi ed episodi veramente gravi, l’intervento del genitore dovrebbe essere volto ad insegnare ai figli a superare una determinata difficoltà e non a spazzarla via dalla sua strada.

Spazzare via i problemi che si parano davanti ai nostri bambini e ragazzi no, non li aiuta a crescere.

Potrà sembrare che questo atteggiamento dia loro maggiore serenità, e magari al momento lo fa davvero, non discuto, ma avete mai pensato a che tipo di messaggio trasmette questo?

Mamma c’è, direte voi.


Già, messaggio pericoloso sotto almeno due grossi aspetti, perché dice al bambino:

1) ci pensa la mamma, ci pensa il papà.

Non dipende da me, non devo fare nulla se non aspettare che ci pensino loro.

2) da solo non posso farcela, non sono capace, vedi che deve farlo la mamma?

Ma ragazzi, ma è davvero questo il messaggio che vogliamo trasmettere ai nostri figli?

O vogliamo insegnare loro che sì, noi ci siamo, siamo con voi per aiutarvi ad essere pronti per il momento in cui, tra non molti anni, risponderete penalmente dei vostri gesti e delle vostre parole e noi non ci saremo più a tenere sollevato l’orlo del pantalone o della gonna  troppo lunga che vi fa inciampare?

Al netto dei casi gravi, c’è un dato di fatto:

i bambini e i ragazzi si prendono in giro.

Oggi tocca a te, domani a me.

O magari tocca più spesso a me che a te.

O magari quasi sempre a me.

Una volta appurato che non si tratta di bullismo, perché quello siamo d’accordissimo che sia una cosa seria e sulla quale si deve intervenire, ha senso cambiare scuola al bambino?

Ha senso prendersela con maestre e genitori dei bambini incriminati?

Parliamone, va bene, ma cosa dovremmo davvero fare?

Cosa farebbe crescere nostro figlio?

Ce lo chiediamo mai?

Lo farebbe crescere imparare a difendersi, a reagire, a intervenire, ad evitare, e sì, se serve, a fare altrettanto, pari, patta e finiamola qui.

Il bambino non viene accettato.

Succede.

Bene, cambiamo scuola, casa, asilo, quartiere, città, pianeta.

O forse è il caso che ci chiediamo perché?

E cerchiamo di capire se abbia delle responsabilità il nostro angioletto? Se abbia degli atteggiamenti che risultano antipatici, respingenti, causa di isolamento?

I bambini antipatici esistono, eh. E se semplicemente fosse uno di quelli?

Non sarebbe meglio indagare, capire e agire sui comportamenti che rendono il bambino isolato? O agire sui bambini che lo isolano, magari invitandoli a casa, uno alla volta prima, poi in gruppo, creando occasioni perché decontestualizzati si conoscano e si apprezzino?

E insegnare a nostro figlio che essere simpatici, sorridenti e altruisti al punto giusto nella vita aiuta?

Il compagno dell’asilo ha fatto vedere il pisellino.

Ommmmiodddio apriti cielo!

Ma de che? Ma di che stiamo parlando?

Si chiama curiosità, voglia di capire, scoprire, vedere,imparare, conoscere, si chiama scoperta della propria sessualità e identità.

Non c’è malizia all’asilo, non c’è

.

Certo a 9/10 anni no, ma all’asilo la sessualità in senso negativo siamo noi a vedercela, lo sapete, vero?

Il compagno all’asilo ha morsicato la mia bambina.

Ragazzi, succede.

Succede a tutti, più o meno.

E’ successo ad entrambi i miei figli.

Non si tratta di avere maestre incapaci, non si tratta di piccoli delinquenti, si tratta di fasi.

Inutile cambiare asilo, piuttosto insegniamo alla nostra bambina ad allontanarsi se percepisce pericolo, diciamole di chiamare la maestra, spieghiamole come tenere lontano il morsicatore…

Insomma, gettiamo le basi per insegnarle a vivere in una comunità.

Il bambino non viene invitato alle feste di compleanno.

Brutto, è vero, da grandi cominciano a capire di essere stati esclusi e non è una bella sensazione.

Ma la soluzione, anche qui, non può essere la fuga altrove.

I no, le esclusioni nella vita esistono, ci sono e ci saranno sempre. Dobbiamo insegnare ai bambini ad accettarle e a farsi delle domande.

Non è che non mi hanno voluto perché puzzo, non mi hanno voluto perché sono uno stronzo? Sono antipatico? Avevo detto che non avevo piacere di andarci?

C’è un cavolo di motivo?

O deve sempre e solo essere la cattiveria dell’universo mondo?

O gli stronzi maleducati sono sempre e solo i figli degli altri?

E i figli di chi, visto che nessun genitore vede mai niente di male nel proprio bambino?

No, non è così, non può essere così.

La mamma attenta interviene cambiando scuola o asilo, dice chi lo fa una, due, tre volte senza farsi due domande.

No, la mamma attenta, il genitore attento, indaga, analizza sé, la propria casa e la propria famiglia prima, il bambino poi, cerca di capire e di insegnare al bambino a risolvere il problema che ha davanti.

Smettiamola di dire che essere un genitore attento significa individuare un malessere e risolverlo con la fuga, perché, permettemelo, è talmente superficiale e banale da poter essere definito una stronzata.

Il genitore attento fiuta il malessere, vero, cerca il modo migliore per risolvere la situazione, vero, ma siccome è un adulto maturo, si comporta come tale, nel modo che trasmette un corretto messaggio al bambino.

Lavorare sui propri figli e su di sé è più complicato e richiede più tempo, ma se vogliamo farli crescere questi ragazzi, il tempo lo dobbiamo trovare.

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