Quand’è che abbiamo dimenticato come essere felici?

I bambini sono nati per correre, per essere chiassosi, per scoprire.

Ho aperto gli occhi e per nascondermi dalla voglia di non alzarmi ho pensato: vorrei essere un bambino. I bambini sono sempre felici.

I bambini sono sempre felici: se c’è il sole sono felici perché si tolgono il cappotto, se piove sono felici perché ci sono le pozzanghere, se nevica sono felici perché si tirano le palle, se tira vento ridono, ridono tanto perché tutto vola via e gli ombrelli si rompono e le gonne si alzano.

E noi? Noi ci lamentiamo.

I bambini sono nati per sorridere, per dire cose buffe, per dare baci bavosi.

Un bambino sano è un bambino che fa casino, che vuole salire sugli alberi, che non sa stare seduto, che non vorrebbe stare seduto e se ci sta, è solo perché glielo imponiamo noi. Vorremmo essere liberi, liberi proprio come loro, felici proprio come loro, e invece li ingabbiamo per farli diventare proprio come noi.

Scegliamo ristoranti in cui dovremo tirar fuori un tablet per tenerli buoni e mangiare in pace, restiamo in casa e li mettiamo davanti alla tv perché dobbiamo pulire, rassettare, andiamo in giro e ci vergogniamo se non stanno seduti, zitti e pure composti, magari con lo sguardo nel vuoto.

Al tempo stesso, non sopportiamo più i bambini: quelli degli altri sono tutti maleducati, siamo sempre pronti a puntare il dito se un bambino parla a voce alta, se corre, se canta, se ride, se è FELICE.

La loro felicità disturba la nostra società, la loro spontaneità è irritante. Vorremmo essere come loro ma siccome non ci riusciamo, li rendiamo come noi. Li abituiamo ai rimproveri, alle punizioni, alla paura delle conseguenze, a “questo non sta bene”. Li additiamo come iperattivi, li portiamo dallo psicologo se qualcosa non va come dovrebbe andare, li etichettiamo appena nati: è bravo, è agitato, è tranquillo, è tremendo.

Ma non esistono bambini bravi o bambini cattivi. Esistono bambini capiti e bambini non capiti. Esistono genitori che sanno fare il proprio lavoro, li valorizzano seriamente, non “mio figlio è bravissimo a 3 anni legge già!”, li ascoltano, li lasciano liberi di esprimersi.

E no, esprimersi non significa fare quello che si vuole, senza regole.

Significa FARE I BAMBINI. Significa correre dove si può fare. Significa sporcarsi e sporcare casa (uuuh). Significa chiacchierare tanto. Significa ridere e cantare. Significa mangiarsi le caccole. Significa svegliarsi la notte e cercare conforto. Significa avere paure e sapere a chi chiedere aiuto. Significa sperimentare e farsi male. Significa scoprire il mondo. Significa uscire di casa. Significa arrangiarsi. Significa mettere da parte la tv e i tablet per fare una pizza coi genitori o andare nel cortile a giocare con l’elastico. Significa vedere altri bambini.

Significa non essere repressi, sempre e comunque. Significa forse essere imperfetti, chiassosi, disordinati e sporchi. Ma bambini, né più e né meno. Pure Gesù era così, dicono.

Non so perché siamo arrivati al punto in cui i bambini sono un disturbo. Anche per noi, genitori pronti a puntare il dito.

Ma io stamani mi sono svegliata e avevo voglia di essere come loro.

Perché loro, loro sì che sono felici. Lasciamoli così, n0?

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3 Comments

  • Ma magari fosse così… se non sono all’interno di perfetti standard, tu genitore vieni immediatamente chiamato dalle maestre, prima quelle della materna e poi quelle della primaria… mi dispiace sarebbe bello fosse così, ma in questo caso non è sempre colpa dei genitori, è soprattutto colpa della società che non accetta più i bambini, soprattutto alcuni tipi di bambini, che non amano stare troppo tempo fermi, che non amano disegnare/colorare/scrivere/leggere, che dicono tutto ciò che gli passa per la mente, verità scomode, ma pur sempre verità, che amano forse una realtà più semplice, meno competitiva e meno legata alla performance… ormai non è più accettato nemmeno che un bambino abbia bisogno di più spiegazioni e chiarimenti e anche di più esercizio, per apprendere un nuovo concetto… mi dispiace la realtà in cui viviamo è molto complessa… ed è molto complesso fare il genitore di un figlio che non è “perfetto” per questa realtà…

  • “Un bambino sano è un bambino che fa casino”
    Mi è piaciuto molto il post e mi ha toccato profondamente questa frase, “un bambino sano”…
    Da mamma di una bimba che ha avuto gravi problemi di salute so cosa vuol dire vedere la propria figlia che sta ferma, che non ha voglia di fare la bambina perché tutto le costa fatica ed a volte dolore.
    Ben vengano i bambini che fanno i bambini, che parlano, cantano e giocano spensierati.
    Vedere la mia piccola (fortunatamente) guarita che corre e non sta mai ferma è una gioia e cantare con lei per strada quando esce dall’asilo è una delle parti più belle della mia giornata, anche se la gente si gira a guardarci e mi prende per matta

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