Orfani della globalizzazione

Qualche giorno fa, ho letto un articolo (questo) su quelli che vengono definiti 

“orfani della globalizzazione”.
Chi sono costoro?
In estrema sintesi, sono i figli delle donne provenienti da altri Paesi che accudiscono i nostri figli, le nostre madri, i nostri padri, i nostri nonni, le persone non autosufficienti in genere e che, per potersi occupare delle nostre famiglie, non si occupano delle loro.
Per potersi occupare dei nostri figli, non si occupano dei loro.



I loro figli vengono affidati a loro volta ad altri, o lasciati soli, o lasciati nel Paese d’origine con i nonni, con gli zii o con chi può occuparsene.

Questo articolo racconta dell’impatto che tutto questo ha sui figli di queste donne cui molte famiglie, compresa la mia, ricorrono. 

Ed è un impatto devastante, un fenomeno che in alcuni Stati è ormai assurto a piaga sociale.

Quando il mio congedo di maternità volgeva al termine, come tutte le mamme che lavorano, ho dovuto preoccuparmi di trovare qualcuno che si occupasse di mio figlio, perchè io potessi tornare ad occuparmi, a mia volta, del mio lavoro. 

Si è deciso per il nido e, per il tardo pomeriggio, o nei giorni di chiusura nido e/o di nano-malanni, per una tata.
Pregunta.

Ho fatto alcuni colloqui, come ho raccontato, e ne ricordo uno in particolare, perché fece male a me quanto a questa signora, che mi raccontava con le lacrime di suo figlio in Ecuador e di lei qua ad occuparsi dei bambini altrui.

Pensai fosse una cosa devastante e terribile per una mamm e pensai a tutto quello che questo articolo dice nella prima metà o poco più.

Ho ripensato alla situazione di queste mamme-a-metà quando arrivò nella nostra vita Pregunta, di cui vi ho parlato, che è venuta col marito in Italia a cercare fortuna, lasciando suo figlio con sua madre e coi suoi fratelli. 
Anni. 
Non un giorno, una settimana, un mese, un anno. 
A-n-n-i.
La signora che si occupava di tenere in ordine lo studio dove lavoro e che è mancata da qualche tempo, aveva lasciato le sue figlie nelle Filippine per quasi 10 anni. 

Poi è riuscita a portarle qui, una a sua volta già madre, ormai.
Ho conosciuto quelle ragazze, perchè lavorando spesso fino a tardi e restando tra gli ultimi ad andarmene, ormai, non dico fossimo diventate amiche, ma siamo arrivate a conoscerci a sufficienza. 
Non hanno avuto un’integrazione facile, non è andata e non sta andando meglio ai loro figli.

Forse hanno ragione tutti questi studi.

Gli Orfani della globalizzazione sono un fenomeno sotto i nostri occhi e dovremmo pensarci.
Dovremmo occuparcene.

Però…perchè c’è un però.
Io son mica tanto convinta. 

No, non fraintendetemi.
Non è che io non sia convinta che ci sia un problema, eh!, sono poco convinta che sia un problema nuovo.
E sono poco convinta che il nome giusto di questo fenomeno sia “orfani della globalizzazione”.

Tutto vero quello che dice questo articolo, però…però io ve la dico tutta, poi ditemi voi cosa ne pensate.

Ditemi anche che non capisco niente…eh…mica si può offendere una che vi ha raccontato di essere stata abbracciata alla vaschetta dello scarico del bagno di un albergo, no?

Ecco il però.
Le mie nonne.

E quelle altrui.

In tutti questi anni di contatto lavorativo con famiglie di estrazione sociale millenni avanti rispetto alla mia (che, se non si è ancora capito…è becera assai), ho realizzato che quasi nessuna donna-bene dell’età di mia madre, ma ancor più delle mie nonne, ha cresciuto i suoi figli personalmente: 
tutte, o quasi, hanno affidato i loro figli a balie. 

E spesso anche d’estate al solo e precipuo fine di…godersi le vacanze.

E magari sono le stesse vecchine che ti guardano con disapprovazione se fai piangere tuo figlio che vuole il lecca lecca all’ora di cena…sì, loro, loro che lasciavano i neonati alla balia nella casa in campagna per andarsene beate a mollo al mare.
Ricordatevene quando intercettate il loro sguardo diciamo non esattamente empatico.
Tutto questo popò di premessa per dire una cosa semplice, lineare, logica:
è bello che ciclicamente chi non osserva la realtà, quella vera o non ci è in mezzo, in mezzo davvero intendo, si accorga, con ritardo, di profili, di risvolti, cui decida di dare nomi altisonanti.
E’ bello che qualcuno si accorga – e scriva – di fenomeni sociali su cui molte di noi – che affidano figli o case a donne extracomunitarie o comunque lontano da quella che per loro è casa – sanno molto più delle statistiche.
E’ significativo che ci siano su questo fenomeno, appunto, fior di statistich, non fosse che ho imparato da tempo a diffidare di qualunque studio si fondi su dati statistici, se non mi è chiaro e lineare quali siano i parametri, i criteri utilizzati per realizzarle…tanto che, vi dirò, ormai se sento cose del tipo:
eppure le statistiche dimostrano che…
mi vien già voglia di sostenere il contrario.
Houston: abbiamo un problema.
Le donne, per tenersi il lavoro, danno a loro volta lavoro ad altre donne, le quali, per lavoro, appunto, si occupano dei loro figli, delle loro case, delle loro mamme, dei loro papà, dei loro parenti disabili o non completamente abili.
Queste donne cui affidiamo i nostri cari, smollano a qualcun altro i loro.
E i loro cari abbandonati, siano essi figli, mariti, genitori, soffrono.
E abbiamo coniato un nome per loro, soprattutto per i loro figli: 
orfani della globalizzazione.
E questo nome ultimamente va che è un piacere, è di grande attualità.
E mi rende felice che, finalmente, qualcuno pensi a loro, non fraintendetemi, solo, così, da pragmatica, terra terra, quale sono…da donna che proviene da una famiglia normale, umile, da avi ancora più umili…ecco, mi viene spontanea una domanda:
noi, da dove cavolo veniamo???
Mia nonna, quella veneta: accudiva casa e figli altrui.
L’altra mia nonna, quella calabra: ha accudito per una vita innumerevoli figli altrui, allevando alla ben e meglio i propri 7, dico 7, non 1, 2, 3, ma 7. 

E per anni lontano da casa.

Quante delle vostre nonne e bisnonne hanno fatto altrettanto?
I vostri padri, genitori, madri, zii, si ritengono orfani? 

Sono cresciuti destabilizzati dal fatto che mamma si occupasse di altri bambini?
I miei no…cioè, ok, sono NonnoTotem e NonnaVabbè, ma questo non c’entra…

Quanti dei nostri nonni o bisnonni hanno passato anni, decenni all’estero senza vedere i loro figli, le loro mogli o i loro mariti?
E noi? Scusatemi tanto…noi?
Noi non smolliano i nostri nani ad Altri per occuparci di Altro, sia questo “Altro” una cosa, una persona, siano più cose, affari, persone?
Houston: abbiamo un problema.
Un problema vecchio come il mondo, che, però, da figlia della serva, non chiamerei “orfani della globalizzazione”, no, perchè mi pare che siano orfani come lo siamo stati tutti, soprattutto una o due generazioni fa. 

Perchè mi pare che sia un modo per liquidare un problema che, in fondo, commuove meno ed è più difficile da risolvere: 
per i figli di queste donne che sono qui, in terra nostra, lo chiamerei difficoltà di integrazione, che è cosa diversa; per i figli di queste donne che invece sono in terra straniera, lo chiamerei  leggi-immigrazione-fatte-con-tutto-tranne-che-col-cervello.

Come aiutarli, poi, questi ragazzi, questi bambini, queste donne, se la cosa interessa davvero a qualcuno,  è un’altra storia.
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7 Comments

  • Non posso che sottoscrivere in pieno, io nel mio piccolo lascio mio figlio alla nonna (perchè fortunatamente c'è altrimenti nido) per andare a lavorare in un asilo a fare le stesse cose di chi si occupa di A. con bimbi che non sono A.

  • è assolutamente vero che qualche generazione fa succedeva alle donne italiane (Dagli Appennini alle Ande…).
    però lasciare il bambino al mattino per fare la maestra di altri bambini è ben diverso dal vederlo una volta all'anno

    elenita

  • PS non sono per niente d'accordo sulla conclusione dell'articolo: non siamo inchiodate alla scrivania, siamo libere di scegliere se tenerci il nostro lavoro perché ci piace o ci permette di portare a casa la pagnotta, o di stare a casa e occuparci di bambini e anziani, così come dovrebberlo essere i padri.
    Questi frequenti tentativi di scaricare la cura di bambini e anziani sulle spalle delle mamme, più che mirare a salvaguardare la vera natura delle donne, mirano a salvaguardare il bilancio pubblico… a breve termine

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