AAA Cercasi lavoro vol. 2

mamma-disoccupata
E rieccoci qui per una seconda puntata. La ricerca del lavoro è un tema caldo, la mamma che cerca lavoro, o che lavora, direi bollente. Tant’è che abbiamo ricevuto tanti commenti e messaggi sull’argomento, alcuni del tipo “ehi, grazie per i consigli!” altri piuttosto “mi vergogno per te che ti vergogni di essere madre“.
Ora, qui nessuno dovrebbe vergognarsi di nulla, se non di pretendere di avere la verità assoluta su tutto. Io ho fatto la recruiter per gli ultimi anni della mia vita da non mamma e mai mi sarei sognata di discriminare una donna in quanto madre, ma spesso le aziende per cui lavoravo mi chiedevano di farlo. E si può lottare, si può dire di no, ma quando c’è da mangiare, si fa quel che si può.
Non posso parlare per Morna e Klarissa, pur conoscendo la loro storia di mamme lavoratrici, ma posso raccontarvi di me che non ho mai lavorato da quando sono mamma. Ho lasciato il mio lavoro per permettere a mio marito e alle mie future figlie di avere un avvenire migliore, e ci siamo trasferiti in Francia quando ero incinta della primogenita. Mi sono occupata di lei in maniera esclusiva per i primi 19 mesi della sua vita. Poi, incinta di due mesi, mi sono iscritta al Master e lei ha iniziato ad andare da una tata e il pomeriggio in collettività. Poi è nata la piccola, e mi sono occupata di lei e della sorella (magari vi stupirà sapere che abbiamo abbandonato la tata appena sono finiti i corsi, ed ero incinta di 7 mesi) mentre scrivevo le due tesi finali. Da settembre, 31 mesi della prima e 5 della seconda, entrambe sono scolarizzate, materna e nido. E io cerco lavoro.
Lo cerco perché ho una laurea, un Master, parlo cinque lingue e adoro le mie figlie. Adoro giocare con loro, coccolarle, saltare nelle pozzanghere e mangiare sushi, dare baci su chiappette sode e mordicchiare colli sudaticci. Lo cerco perché i soldi servono. Perché non voglio che mai si trovino nella precarietà. Perché io sono un essere umano, non solo una mamma, con una mia autonomia.
Lunedì ho fatto un colloquio. “Mi racconti della sua esperienza”, bla bla bla. Era un uomo di mezza età.
Ha figli?
Sì, due.
Ah, e quanto hanno?
Una tre anni e l’altra 9 mesi.
Ah, 9 mesi…
Sì, va al nido da quando ne aveva 5, e la grande è alla materna.
Ah… quindi lei non ha lavorato in questi anni per fare la mamma.
No, non ho lavorato perché ho dovuto lasciare il mio lavoro per seguire mio marito.
Sì ma poi ha deciso di fare la mamma.
Non esattamente. Mi è piaciuto fare la mamma ma dovevo imparare una lingua, prima di poter lavorare. E come vede ho fatto un master, quando la maggiore aveva un anno e mezzo ed ero incinta della seconda. Ed ho continuato a essere madre, mentre lo facevo. Non ho mai saltato una lezione, facevo avanti e indietro casa, casa della tata, università, casa della tata, casa, nido, università, nido, casa della tata, università, casa, tutto il giorno, dalla mattina alle 8 alla sera alle 20.30. In tutto questo davo il pranzo a mia figlia, la accompagnavo dove dovevo accompagnarla, tornavo che a volte dormiva e a volte no, così potevo leggerle una storia. Poi mi mettevo a studiare. Ho passato gli esami quando ragazzi di 22 anni senza niente da fare non ci riuscivano, ho finito il master con la menzione. Quindi no, non ho fatto solo la mamma, sono stata una donna che è diventata mamma e ha preso le misure, riuscendo a fare quadrare tutto. E se lei cerca una persona “débrouillarde“, non vedo chi potrebbe trovare più débrouillarde di me, con tutta onestà.
Mezz’ora dopo mi hanno richiamata per fissarmi il secondo colloquio, previsto per domani.
Ah, avevo entrambe le bambine malate, devo essere proprio un mostro, sono andata lo stesso al colloquio. Ma che ci posso fare, lavorare mi serve. Mi serve per pagare un affitto da quasi 2.000 euro a Parigi, mi serve per pagare un pezzo di carne da 25€, mi serve per portare le mie figlie al mare d’estate. E mi serve anche perché ho tanto da dare, come donna, non solo alle mie figlie, che un giorno, non molto lontano, spiccheranno il volo senza di me.
E a quel punto mi guarderò indietro, e so che le mie scelte di donna libera da pregiudizi e da convenzioni avranno cresciuto due donne forti e altrettanto libere.
Quindi voi, che credete di avere la verità assoluta perché fate semplicemente ciò che avete scelto di fare (e talvolta, purtroppo, ciò che la società vi impone, anche se non volete ammetterlo), ricordatevi che resterete sempre mamme anche se riprenderete la vostra vita di donne. Perché è proprio l’essere donna che vi ha permesso di diventare madri grandiose, di insegnare ai vostri figli come si dice ciao in un’altra lingua, perché esistono le stagioni, perché maschi e femmine sono uguali, perché le cose hanno un valore.
Non siamo più negli anni ’50, sarete mamme meravigliose anche restando donne. Anzi, forse solo restandovi.
E se a voi piace che i vostri figli vedano, nel 2013, le differenze tra voi che cucinate, pulite, cambiate pannolini e i padri che lavorano e, quando possono, che bravi, aiutano, fate pure. Io, sinceramente, non ho investito nei primi 27 anni della mia vita per poi crescere le mie figlie nella convinzione che la donna sia soltanto questo, e non anche questo, e che solo l’uomo possa permettersi una vita completa.
La mamma che cerca lavoro fa bene, altroché. E ha diritto a trovarlo.
Written By
More from Anna

Fenomenologia della mamma: la mamma straniera

Share this...FacebookPinterestTwitterLinkedinemail Di mamme straniere ce ne sono due tipi. Quella considerata...
Read More

15 Comments

  • Sono completamente d'accordo con te!! Io non mi sento una mamma peggiore delle altre perchè arrivo alle 19 !
    E credo che mio figlio, da grande, sarà fiero di me!

  • Esco di casa alle otto di mattina, rientro alle otto di sera. Nel mezzo c'è il delirio, perchè a pranzo vado a prendere mio figlio al nido, decido di mangiare un panino al volo per stare con lui almeno un pò, poi con l'aiuto indispensabile della nonna, riparto. Faccio l'acrobata per fare la spesa, a volte non ce la faccio e rimediamo con quel che c'è. Apparecchio la tavola per la cena alle otto di mattina prima di uscire, la casa è spesso un casino ma ci provo. La sera siamo sfiniti ma giochiamo lo stesso sul tappeto della cameretta, leggiamo storie e canitamo canzoni…è dura, tanto ma non desidero niente di diverso, anche se a volte mi domando se ne vale la pena.

  • sono assolutamente d'accordo.
    I bimbi, lo sappiamo tutto, imparano dall'esempio.
    E io voglio che vedano in me e nel loro padre delle persone COMPLETE, che traggono soddisfazioni, dalla famiglia, dal lavoro e anche da spazi personali. I miei bimbi non trovano nulla di strano nella mamma che esce a bere l'aperitivo con le amiche, o nel papà che lava i pavimenti (anzi, a dirla tutta trovano strano vedere me a lavare i pavimenti, ma questa è un'altra storia ;-)).
    Io ho due maschio, ma specie se avessi delle femmine starei attentissima a questo aspetto, mai e poi vorrei crescessero con l'idea che la donna è nata per stare a casa!!

  • Hai ragione oggi primo giorno di nido x la mia paciughina di 7 mesi perché la prox sett rientro al lavoro. Le mie nonne lavoravano entrambe e x me sono state un punto di riferimento, un esempio. Anche noi coi nostri mille interessi lo saremo x le nostre piccole

  • Hey Anya facevamo lo stesso lavoro in Italia!:-) comunque sono d'accordissimo con te…io ho fatto la mamma a tempo pieno negli ultimi due anni proprio perché espatriata al seguito del marito, altrimenti avrei ripreso dopo i canonici sei sette mesi…ciò non toglie che mi sento privilegiata per questo, e trovo che sia avvilente che fare la mamma full time sia considerata una sorta di perdita di tempo e non faccia curriculum…col mazzo che mi sono fatta!! Ma so bene come ragionano nelle aziende e quale sia il meccanismo purtroppo. A te tanto di cappello che hai infilato un master fra due figlie. Facci sapere del secondo colloquio :-)) a proposito di lavoro il rientro in Italia è più duro del previsto…vuoi vedere che alla fine torniamo su?

  • Mi sei cascata sul finale, proprio sulle ultime parole. Tutto bello, condivisibile, appassionato, però… quel "che solo l'uomo possa permettersi una vita completa" tradisce la tua convinzione che la vita, di un uomo o di una donna, sia completa solo se si lavora. Ma perchè? Le tue scelte sono giuste perchè giuste per te. Sono quelle che ti fanno sentire bene, o almeno meglio. Fanno di te quello che vuoi essere e quello che vuoi che le tue figlie vedano in te. Ma non è detto sia così per tutte. Io non lavoro e non mi manca. Sono serena così, mi piace la mia vita, occuparmi della mia casa (poco a dire il vero…), della mia famiglia dei miei bambini (tanto!). E mi ritengo fortunata a potermi permettere di farlo. All'uscita da scuola ci sono io, ad accompagnare i miei bambini alle feste e in piscina e in palestra e ovunque altro sono io, possono invitare amichetti a casa quando vogliono, se stanno male resto io con loro, vado a prenderli prima a scuola per far loro una sorpresa o faccio loro saltare un giorno di scuola per andarcene a teatro. E credo che tutto questo sia un privilegio per me e per loro, credo che tutto questo sia bello per loro. Non fondamentale, non irrinunciabile, ma bello sì. Emotivo di gioia e di serenità. Ho ripreso a studiare perchè mi manca un esame alla laurea ed è una cosa che voglio portare fino in fondo. E i commenti più frequenti di fronte a questa mia decisione sono stati del tenore "brava perchè poi i figli crescono e ti ritrovi con niente da fare" "brava perchè poi ti stufi di stare a casa" e via dicendo. E invece proprio no! Non lo faccio perchè sono stufa di stare a casa e quanto a ritrovarmi con niente da fare… ma davvero c'è gente che deve lavorare per avere qualcosa da fare?? A me manca il tempo per fare tutto, ne avrei di cose da fare! No non credo che potrei mai annoiarmi…E veniamo ai modelli da trasmettere ai nostri figli e ancor più alle nostre figlie: ma vi risulta che ci sia una statistica che stabilisce che le figlie delle donne che non lavorano a loro volta poi tendano a non lavorare? Mia madre ha sempre lavorato, la mamma di Morna se non ricordo male era casalinga… L'unico modello, l'unico esempio che credo sia importante dare ai nostri figli è quello di donne contente, felici se possibile. Se questa felicità si raggiunge lavorando ok, se no ok lo stesso. Il succo di tutto alla fine è sempre lo stesso: la libertà di scelta. O no?

  • Hai ragione Cris, infatti io mi rivolgevo a chi si sente in dovere di restare a casa perché una donna, in quanto madre, può e deve fare solo questo. Perdonami ma di donne come te io non ne conosco, ne conosco che non hanno voglia di lavorare e allora stanno a casa, e magari hanno comunque la tata. Ne conosco che si sentono in difetto a non occuparsi dei figli al 100%. Mia madre non ha mai avuto un vero lavoro ma ha sempre avuto qualcosa da fare, quando aiutava la fornaia, quando faceva la commessa, quando aiutava mio padre. Dici che non hai il tempo per fare tutto? Io ho tanto, troppo tempo, e non mi piace. Il mio finale ha questo significato: prima di essere madri eravamo donne con altri interessi e/o altre attività, perché ora dobbiamo essere solo madri? Cosa si toglie, ad un figlio, lavorando? E quanto invece si può apportare a noi stesse? Gli uomini non si sono mai posto questo problema, come mai? Loro non diventano padri?

  • Tra l'altro Cris, non c'è solo il lavoro. Quando ci si può permettere di stare a casa si può studiare, fare volontariato… Ma sono comunque modi per non essere solo madri. Tu puoi non lavorare e hai deciso di rimetterti a studiare, come ho fatto io l'anno scorso, ma non stai a casa ad aspettare i tuoi figli perché te lo impone la società.

  • Io penso che ormai la societa' non imponga piu' o quantomeno non si aspetti piu' dalle donne di stare a casa, semmai il contrario. Oggi, la pressione sulle donne e' doppia, perche' oltre alla pseudo aspettativa di essere madri e mogli c'e' quella di essere donne di "successo' (che poi e' sempre una questione personale e di difficile definizione), praticamente "donne con le palle" in opposizione alla povera donnina che per scelta o necessita' se ne sta a casa con i figli. Il vero problema non e' la donna che decide di stare a casa, ma lo stigmna che ne consegue perche' molto spesso, ed e' un dato di fatto, le donne che fanno lascelta di occuparsi dei figli a tempo pieno sono oggi giudicate molto di piu' delle donne che decidono di tornare al lavoro portandosi dietro la definizione di donne ignoranti, "pigre" oppure "mantenute". E questo non mi sembra proprio faccia onore ad un femminismo di cui tutte vogliamo sentirci portatrici ma in realta' spesso denigriamo nel momento in cui ci permettiamo di giudicare le scelte di altre donne. La verita' e' che la vita di una donna oggi e' complessa e mal si presta a giudizi forfettari ed e' deludente vedere come spesso questi vengano proprio da altre donne. Cosa fa di una donna una persona "completa" ?avere un lavoro ad ogni costo magari detestandolo o prendere la non sempre facile decisione di prendersi cura dei propri figli e magari trovare il tempo per seguire in altra forma le proprie aspirazioni? E' un dibattito che non cessera' di esistere mi auguro solo che in futuro riusciamo ad essere piu' solidali tra di noi, quella si sarebbe una vera conquista.

  • Bellissimo articolo! Purtroppo a volte si lavora non per scelta ma per necessità. Non voglio che mi fraintendiate, ho una laurea in lingue, avevo impostato la mia vita in un modo ma poi ho fatto scelte diverse. Ora lavoro e sono fuori casa dalle 7,20 alle 19, ingabbiata in un ufficio a fare una mansione insoddisfacente. Prima che me lo chiediate, sì, sono anni che sto cercando un altro lavoro, ma ahimè i colloqui che ho fatto non sono andati a buon fine. (S)fortunatamente posso contare sui nonni, ma sapere che i miei figli vengono cresciuti da altri a volte mi spezza il cuore. Attualmente loro sono sereni, per cui posso solo impegnarmi per dare il meglio di me anche come mamma. E come si diceva prima, io voglio che i miei figli da grandi possano essere orgogliosi della loro mamma, che non si è lasciata abbattere dalle difficoltà ed è sempre andata avanti a testa alta in ogni aspetto della sua vita.

  • Brava brava bravissima Anya!!!! Come sempre, ma quando entriamo in argomento MAMME CHE LAVORANO lo sei sempre di più!! Anch'io sono laureata, giornalista, traduttrice, mamma a 27 anni, ho lavorato part-time e full-time prima di lasciare tutto a 25 anni per andare in Italia accompagnando l'amore della mia vita (quasi quasi uno specchio della tua storia!). Ma la mia laurea e i miei sforzi non li ho mai voluti lasciare da parte. Andavo alla scuola serale con tutti gli stranieri (braccianti in Puglia, quasi tutti loro) per imparare meglio l'italiano. Anche se mi guardavano strano quando camminavo da sola in quel paesino del Sud dell'Italia dove solo vedevo uomini in giro dopo le sette di sera. Non ho mai smesso di sognare e di cercare di crescere, e lavorare, lavorare per realizzarmi come persona, pur essendo sempre vicina ai miei 3 FIGLI ormai!! Ti invio un bacione, sono Magda, l'argentina che ti ha salutato su Instagram… da Cordoba!!! Besos y te esperamos cuando quieras, de nuevo por aquí.

    • Hola Magda! Ci credo che ti guardavano così la sera nel paesino!! Ho vissuto l'esperienza in un'altra regione del sud 🙂 Sì le nostre storie sono molto simili, per me l'abbandonare tutto (la prima volta) e il diventare mamma sono arrivati insieme (mi sono trasferita a Parigi a 27 anni incinta!) ma ti capisco, in più per te deve essere stato anche più difficile così lontana da casa. Bisognerebbe credere di più in noi stesse e non lasciarci abbattere dalle difficoltà, e non è obbligatorio avere una carriera per farlo 🙂 Un beso y gracias por invitarme :))

Rispondi a 50sfumaturedimamma Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.