Le 5 regole della paternità. Maschi. Istruzioni per l’uso #4

Ci siamo lasciati parlando del ruolo del papà a partire dai 4 anni (puntata n. 3)

Rimaniamo in tema “paternità“.

Ecco quali sono le 5 regole d’oro della paternità, secondo Steve Biddulph nel suo “Crescere figli maschi”.

Ovviamente i commenti cretini sono della sottoscritta e non del povero illustre e colto Steve.

1) Cari papà cominciate presto a fare i papà!

Prendersi cura del neonato attiverebbe ormoni in grado di aiutare i papà a cambiare l’ordine delle priorità.
Non ci credete? Neanch’io, ma tentar non nuoce.
Il padre, prendendosi cura del neonato, ne verrà “assorbito”, che significherebbe che ne resterà fisicamente affascinato ed imparerà a capirlo.
Insomma, cari papà, non aggiratevi intorno a quel frugoletto spiando la vostra compagna, limitandovi a pasarle il pannolino dal verso sbagliato o la crema quando lei vi ha chiesto una salvietta, no, dice Steve:

PROVATE, insistete, chiedete consiglio e aiuto, concedete alla mamma di supervisionarvi, ma FATE, in prima persona, sbagliate, riprovate…come le mamme, d’altronde: non crederete mica alla favola che le donne nascono per essere madri?
E ve lo dice una che non sapeva neanche da che parte prendere il neonato e che non ne aveva mai toccato uno.
Si impara.
Imparano le mamme, imparano i papà.

2) Datevi da fare!

Non fate i papà da tempo libero, non limitatevi al bello dell’essere genitore.
Detto in altri termini: non lasciate alla mamma i chili di cacca da spalare, le vomitate nel cuore della notte con cambio di lenzuola annesso, i rimproveri, non limitatevi a ricevere un bimbo pulito e profumato dalle braccia di una moribonda madre.
Datevi da fare!
Occupatevi della disciplina e dell’educazione dei bambini, non solo di farli giocare.
Non picchiateli, mai: imparano da voi, i maschi soprattutto. Imparano ad essere uomini guardando come voi siete uomini. Non dimenticatevelo mai.

Non scappate dalle decisioni da prendere dicendo che la mamma sa sempre cos’è meglio.
La verità?
No, non lo sa.
Non sa una benemerita, proprio come voi.
Certo, ad un certo punto sa. Sa tutto. Ettecredo! Ha letto, studiato, si è informata, ha chiesto…cose che, udite udite, potreste fare insieme.
Non nel senso di leggere un libro in 2, no.
Nel senso che è bello informarsi entrambi e avere punti di vista uguali, diversi, opposti…

Le decisioni che riguardano i figli, cari miei, si meritano accese discussioni informate.

3) Papà, siate espansivi!

Abbracciate i vostri figli, toccateli, pastrugnateli, fateci la lotta.
Dite loro quanto sono intelligenti, bravi, in gamba, divertenti, speciali.
Coccolare vostro figlio non lo renderà una mammoletta, lo farà sentire più sicuro di sè e del vostro affetto.

4) Alleggerite!

In altre parole: godetevi i figli!

Non stateci perchè è un dovere, non fate cose che non vi piacciono e che vi annoiano (non sempre, almeno!), ma trovate cose divertenti da fare insieme.
Non impegnateli in mille attività, lasciatevi del tempo per voi.

Via l’ansia da prestazione e divertitevi.
Vi piace giocare a pallone? Andare al cinema? A camminare in campagna o nei boschi? A pescare? Fatelo insieme.

Chi dice che dovete per forza giocare coi Lego per fare qualcosa insieme?

Vi dirò di più, non dovete per forza giocare insieme, ma condividere esperienze giocose insieme.

Pensateci, è ben diverso.

5) Papà, abbiate tempo!

Questo, dice l’autore, “è il concetto più importante di tutto il libro: se abitualmente lavorate 55 o 60 ore alla settimana, compresi i tempi di spostamento, non siete tagliati per fare i padri. (…) I padri devono tornare a casa in tempo per far giocare, far ridere, educare e coccolare i loro bambini”.

Esagerato?

O ce la possiamo fare?

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5 Comments

  • Vivo a Lisbona da 5 anni, compagno portoghese e figlioletto di quasi 2 anni e da subito il papá ha avuto un ruolo attivo nella cura del piccolo in modo naturale, senza nemmeno aver mai posto in discussione l'argomento: cambia i pannolini con la maestria di una tata attempata, ha dato i primi bagnetti (quando era talmente piccolo che anche a me faceva impressione toccarlo), disinfettava l'ombelico.. Da quando sono tornata a lavorare é lui che se ne occupa la mattina (io esco prestissimo) lo lava lo veste gli da la colazione e lo porta dalla tata. Al rientro sono io che lo vado a prendere, gestisco l'area pappa, il bagnetto/pigiama/nanna a seconda della disponibilitá lo facciamo entrambi. Grazie anche ad orari di lavoro che glielo consentono, il mio compagno passa molto tempo col figlio, giocano, vanno a spasso o semplicemente stanno insieme. Lui gli parla sempre con molta calma (l'isterica di casa sono io :-P) e il piccolo lo ascolta tutto attento e gli risponde ripetendo le ultime parole che capisce in tono interrogativo 🙂 Anche i compagni delle mie colleghe fanno lo stesso e con i colleghi padri ci si scambia consigli, pareri tanto che ci hanno denominato "il Comitato Tengo Famiglia". Sará la cultura diversa ma penso che molti padri italiani dovrebbero prendere esempio da questo tipo di approccio che denota un profondo rispetto per la mamma e un grande amore per i figli.. Perché i figli non si fanno in due e poi se li cresce uno solo.. I figli sono un dono da vivere, godere, patire e gioire insieme… sennó che si fanno a ffá????
    😛
    P.S. Cmq anche lo stato dovrebbe garantire piú flessibilitá di orario ai papá.. qui i padri vanno in "paternitá" per 30 giorni e possono usufruire di permessi per visite o altro cosí come le madri..in altri paesi possono condividere il periodo di maternitá con le madri e avere il part-time.. Questo incide tantissimo sulla cultura e le responsabilitá sociali della genitorialitá. In Italia non so, mi sembra che ancora tanta strada vada fatta in tal senso.

  • io credo che, lamentele a parte, neanche qui ormai i padri siano davvero latitanti.
    Ne vedo parecchi in fuga, ma tanti che si adoperano esattamente come le madri.
    la questione dei congedi, per me è prossima al mistero: ci sono, ma in quanti li usano? quanti si informano?
    ma, soprattutto, quanti padri possono serenamente usarli? ilproblema, secondo me, magari ne parleremo, non è tanto che non ci siano le norme e i diritti, ma che non ne sia 'aziendalmente' apprezzato l'utilizzo.
    Come dici tu, è, credo, più una questione di dovere fare strada perché i diritti (che pur vanno ampliati, eh! hai ragione) possano essere goduti davvero, che ci sia incentivo a goderne, o l'obbligo, addirittura, come in molti Stati.

  • in alcuni punti utile, per la gran parte, come dici tu, non particolarmente illuminante, e molto 'americano', passami il termine.
    Quello che penso è che offra comunque spunti di discussione e di riflessione: molti temi sono trattati superficialmente, ma l'intenzione è di riproporli in modo che ci si possa pensare e, se si ha voglia, approfondire altrove.

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