Suicidio virtuale

Sono ormai diversi giorni che sono reale. 
Solo reale intendo.
Non ho più un profilo virtuale, una vita virtuale.

Da un po’ ormai i social mi avevano stancato.
Lo avete capito, non è un bel periodo, e vedere solo foto di gente che apparentemente se la passa da dio, mi faceva venire i nervi.

Che poi si tratta sempre di perfetti sconosciuti o quasi.
I miei amici più cari o non hanno un profilo facebook o non lo usano mai. E peraltro, se vanno in vacanza e se la godono ne sono sinceramente, profondamente felice.

Quindi, una prima considerazione che ho fatto è che stavo iniziando a diventare una persona invidiosa per colpa di perfetti sconosciuti. Di cui, quindi, ignoro completamente le vicissitudini.
Ok, magari mostrano il macchinone, i mobili di design, sembrano sempre in vacanza.
Ma cosa c’è dietro proprio non lo so.
E, in tutta franchezza, manco mi frega.
Solo che per capirlo davvero, devi staccartene.

In più, come credo per molti, il mondo virtuale era diventato una droga che si mangiava il reale.
Stavo ore a chattare con amiche virtuali per poi accorgermi che non sentivo da mesi le mie amiche d’infanzia.

So vita morte e miracoli di persone che non ho mai visto e nulla di mio cugino, per dire.

Ha senso?

Vivevo con il cellulare in mano, sempre a guardare le notifiche, i like, i commenti, sempre pronta a rispondere.
Nelle foto che ha iniziato a scattare mio figlio, a casa, ero sempre dietro un pc o al cellulare.

Una sera mio marito, che è l’antitesi della tecnologia, non ha alcun profilo sui social nè ha la scheda dati sul cellulare, si è proprio scocciato e mi ha obbligato a spegnere il telefono. Io stavo partecipando ad una discussione interessante e non ne volevo sapere.
I miei bimbi che dicevano “basta mamma hai sempre il telefono in mano!”
Mi son sentita come una tossica che negava l’evidenza.

Ma in effetti Lui mi ha aperto gli occhi: mi prende il telefono mentre guardo Instagram e, sbalordito, mi chiede che cosa trovo di interessante a vedere fotografie di persone che non conosco.
Guarda cosa sto leggendo su twitter e resta ancora più basito: ma che sono ‘ste minchiate??

Son andata su facebook e mi è sembrato tutto così inutile e stupido. Tanto tempo buttato, tante risorse che avrei potuto impiegare altrove.
Tanto tempo rubato ai miei figli.
Tanto malanimo covato per nulla.
Anche del buono eh, ho trovato delle care amiche che non ho intenzione di perdere.

Ma, lì, davanti a quello schermo, ho capito che era ora di dire basta.
Son entrata nei 3 gruppi che frequentavo di più, ho scritto che mi sarei cancellata da Facebook, che più avanti, forse, avrei riattivato il profilo.
Nella chat delle mie amiche (non solo) virtuali ho detto la stessa cosa e, al momento di salutare, “ciao ragazze, ora clicco eh, ora lo faccio” mi sentivo come una persona sul cornicione che stava per buttarsi.

Sì lo so, sembra una follia, ma è esattamente così.
Stavo lì in biblico e dicevo lo faccio lo faccio lo faccio.

E poi CLICK.

Fatto.
E’ stato un attimo, e non c’ero più.
Sparita dalla rete.

Ho cancellato le app dal mio cellulare, e mi sono sentita meglio.
Non ho più il telefono sempre in mano, non sono più sempre dietro ad un pc.

Mi dispiace per quelle persone che, all’improvviso, non mi hanno più trovato.
Avevo scritto le mie “lettere d’addio”, ma sono sparite insieme a me.
Non lo sapevo, ma cancellandomi ho cancellato anche il mio “passato” virtuale: non ci sono più i miei post, le mie foto, i miei commenti.

La rete è così, effimera: quando te ne vai, non sei mai esistito.

Quindi, a maggior ragione, è meglio vivere in questo bel mondo reale, con colori veri, e non filtrati, con persone vere, e non in posa, con sentimenti veri, e non solo quelli che si vuol mostrare.

Se, disgraziatamente, mi dovesse capitare qualcosa, qualche traccia di me resterà, qui.
Nella rete, sono sparita e stop.

Mi sento libera, ora.
E’ stato un attimo, e non c’ero più.

E non ci sono mai stata così tanto, per chi conta davvero.

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