La maratona di Atene: ma la maratona la fa papà o la fa mamma?

Lo sciagurato padre di mio figlio, si sa, corre.
Mica una mezzora ogni tanto.
No.

E’ un maratoneta.

42km e 195m.

A piedi e di corsa.

Pazzo completo, in effetti.
Ma secondo me io faccio di più.

E ora ve lo dimostrerò.

Questo l’articolo del padre di mio figlio per un paio di magazine sul running:
Maratona di Atene 2014
Ed eccomi qui, blocco nr. 3, ovunque posi lo sguardo scorgo personaggi di tutte le nazionalità, di tutte le forme e di mille colori.
Allo sparo, ore 9, migliaia di palloncini s’alzano alti nel cielo.
La notte ho dormito zero e il sole sembra essersi dimenticato che siamo al 9/11: il caldo oggi pesta.
Come sempre in questi eventi c’è chi si presenta in costume da Supereroe, chi col kilt, chi conciato da Spartano, chi col parruccone colorato stile Mago G.
Al mio fianco, però, uno così non l’avevo visto mai: un POPE (prete ortodosso), pronto a correre la sua gara in tunica nera e con una barba da fare invidia a Fidel Castro: un po’ come vedere ai blocchi di partenza Don Camillo col Garmin al polso per capirci. Profumo di Grecia.
I cartelli conta KM qui son permanenti, piantati nel suolo come fossero segnaletica stradale e al KM 2 un tipo tozzo e baffuto mi mette in mano un ramoscello d’ulivo, mi tira uno schiaffone che quasi mi lussa una spalla incitandomi: “Bravvvo! Bravvo Italykos!!!”.
Il percorso sarà duro…la gara la vincerà il solito fast-Keniota: Felix Kandie un tipo non proprio caramelloso, parafrasando il suo cognome, che spazzerà via il record del nostro immenso Baldini.
Ignoro ingenuamente, nonostante le raccomandazioni del Signor Gerosymos, veterano della gara, che lasciato il 10° alle spalle si continuerà a salire, a salire e salire fin quasi al 32°.
Ad ogni paese attraversato dal nostro incessante scorrere sempre la stessa istantanea: una folla festante e chiassosa quasi fossimo alla festa del santo in un qualsiasi paesino del Salento nel mese d’Agosto
Mi sento a casa!
Al 35° ormai mi trascino. Le salite, il caldo e la scarsa preparazione mi fanno intravedere un cartello quasi fosse un miraggio: ‘Smile you’ve paid for it!!’… la verità-mi-fa-maaaleeeee!!
Seguo il ritmo ipnotico dei tamburi e delle ‘congas’ e mi ritrovo quasi teletrasportato in Piazza Omonia, sono in trance.
Una vecchietta vestita in total black (strano per essere in Grecia…) impietosita e simpatizzando per il sottoscritto, forse per via dei baffi, che entrambi sfoggiamo orgogliosi, mi mette in mano 2 caramelle ‘gelèes’ gusto mandarino che: a) sbrano al momento b) maltodestrine a cosa ca…volo servite??!
Che popolo accogliente, caloroso e fiero è il popolo greco nonostante tutti i casini ‘sociopoliciticoeconomici’ di questi anni bui. E come ci assomigliamo…: una faza – una raza!
E’ su questi pensieri che mi accorgo di aver quasi calpestato il sacro suolo del Panathinaikos..1896 i Giochi Olimpici ..il barone de Coubertin.
Le note di Vangelis, dei ‘Momenti di Gloria’ , salgono ora sempre più in alto fino a riempirmi la testa oltre che lo stadio.
Ormai ho tagliato anche questo traguardo e sono a 50 cm da terra quando scopro di avere gli occhi lucidi ..e non solo per il personal best che anche stavolta se n’è andato!”
Minchia La Maratona di Atene, eh!
Ora però vi racconto la mia di maratona di Atene.
Tralascio lo stato di agitazione e di rincoglionimento che ha accompagnato il maratoneta nelle precedenti 48h.
Tralascio l’interessantissimo museo della corsa che mi ha costretto a vedere nell’amena e ridente Maratona sotto i monsoni.
Tralascio anche la cena di merda in un ristorante italiano in Grecia (il ristorante italiano all’estero non è contro la mia religione, no… di più!) perché potesse fare scorta di carboidrati.
Tralascio infine la notte in bianco perché era agitato e tu vorrai mica dormire?
Ore 7 sveglia.
Lui va.
Figlio dorme.
Io faccio i bagagli dopo non aver dormito un cazzo nonostante lo avessi drogato di tiglio argentato.
La prossima volta gli sparo un Lexotan in endovena.
Carico figlio e bagagli in un’auto a noleggio,  perchè lui va ad Atene a piedi…ma io anche no.
Fo colazione e corro col figlio a vedere il papà che passerà al 10` km sulla strada principale che porta ad Atene.
Il che significa che dovrò trovare una strada alternativa per arrivarci.Possibilmente non allagata e non franata.
No, non è suo padre. E’ uno a caso.

Passano i kenyoti, qualche faccia bianca a distanza,  poi le kenyote, tizi con bandiere indecifrabili, supereroi, uomini in gonna… ed eccolo!

Mi stampa un bacio e mi piazza in mano una maglietta puzzolente e i rami d’ulivo di cui sopra, urlando qualcosa tipo ‘tienimeli!  Un ricordo!”.
Bah.
Fa una foto alla mappa, Kla, è meglio…

Mi fiondo alla macchina,  carico il figlio,  e mi spiegano una strada alternativa alla principale per arrivare ad Atene.

 

Ok.
Vado.
Se questa macchina di merda parte.
Ha la frizione più alta di me.
Oddio parte.
E come!
Seguo il mare, su strade semi alluvionate,  schivando le frane del giorno prima,  stando dietro a carretti portanti il primo fogliame,  il secondo galline, il terzo legna, con qualche raro cartello col loro bellissimo e fanculissimo alfabeto, chiedendo a chiunque:
come minchia arrivo all’aeroporto a restituire l’auto?
Guido nell’ignoto per km.
Il navigatore continua a dirmi solo di prendere la strada principale.

Lui non sa che se lo facessi farei una strage di maratoneti e mi renderei peraltro vedova.Certo,  la reversibilità è allettante, l’assicurazione sulla vita anche… e quasi svolto a destra,  ma poi decido che la strada sul mare è una vista migliore che migliaia di uomini e donne puzzolenti e sudati e che la galera greca non deve esser altrettanto bella.

Arrivo in aeroporto, viva io e vivo il nano, integra l’auto.Mi fiondo alla Hertz, rendo l’auto ad uno stronzo che mi ci mancava lui stamattina,  e scarico da sola i bagagli.

Quintali.

Grazie stronzo.Con bagagli e figlio vado dritta verso la Terra Promessa: un taxi.

Smollo tutto al tassista, tranne il figlio, e gli dico di portarmi in albergo, zona arrivo maratona.
Voglio solo arrivare,  mollare tutto e andare allo stadio a vedere arrivare mio marito possibilmente vivo.
Ma anche non lo fosse, reversibilità e premio assicurativo di cui  sopra addolciranno la pillola.
Il tassista mi guarda come fosse mio padre.
È triste.
Lo vedo.
E inizio ad avere paura. Intuisco.  No ti prego no.
Mi si avvicina con fare paterno, mi mette un braccio sulla spalla e mi dice una cosa che sa mi ucciderà:
mi dispiace davvero,  ma non c’è altro modo, oggi, di arrivare in centro ad Atene che la metropolitana.
Moro.
Dopo tutto questo,  io, un 5enne e 40 kg almeno di valigie in metropolitana.
No la prego. Mi porti lei. Non mi abbandoni.
Mi creda. Non posso.
E va bene! Sti stronzi di maratoneti! Solo dover cambiare anche linea del metro’ potrebbe essere peggio. Fortuna arriva diretta.
No.
Merda merda merda merda!
Cambi in piazza Syntagma e scenda ad Acropoli. Guardi la mappa (in greco, ndr). Andrà tutto bene.
Fanculo, io ce la faccio. Certo che andrà bene!
Figlio (ma anche valigie, zaini, borse) andiamo!
Attraverso l’aeroporto,  salgo su un sovrappasso,  compro i biglietti,  scendo in metropolitana,  chiedo ad 86 persone conferma, perché se sbaglio io oggi posso uccidere.
Dopo 25′ arriva il treno.
Con calma eh!

Salgo.40′ di tragitto.

Scendo.

Cambio linea.

Risalgo.

Riscendo.

Sono ad Acropoli.

Ho tutti i bagagli e da qualche parte anche il figlio.
Saliamo.
Ora devo solo trovare l’albergo.
Maps a me.
Cammino seguendo il gps ormai trasformata in un asino da soma e lo trovo, ragliando di piacere.

La tizia della reception vomita parole in inglese.

Taci e  dammi le chiavi, baldracca.

Salgo. Butto tutto in camera, cambio e rinfresco in 3′ netti me e il figlio o ci daranno l’elemosina persino gli homeless, e scendo.
Maps dimmi dove minchia è lo stadio e facciamola finita.
Ovviamente ci devo andare a piedi.

Lo vedo.Eccoci.

Emozionante si’, emozionante quanto cazzo volete, ma mio marito è arrivato già da un’ora.
Ed era a piedi.
Rendo?
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