Diario di viaggio: a Panama in estate con due bimbe

Un viaggio a Panama: immaginatevi di passare da una mangrovia ad una palma.
Dalle urla di una scimmia, stridenti e lontane (insomma, lontane…) al volo di una farfalla dai mille colori.
Immaginatevi una spiaggia così bianca da farvi male agli occhi, un mare così trasparente da vedere i difetti dei granelli di sabbia sul fondo.
Immaginatevi di ascoltare musica latina mentre pagate in dollari americani.
Di vedere uomini in giacca e cravatta e donne dai lunghissimi capelli neri profumati di cocco.
Di bere da una noce di cocco.
E di mangiare nel ristorante di uno chef francese.
Di percorrere km di strade deserte per poi sbucare in paradiso.
Di prendere una barca e vedere una balena.
Prenderne un’altra e nuotare con le tartarughe. Le stesse le cui uova si schiudono sulle spiagge calde e silenziose.
Prima di partire, mai e poi avrei immaginato tutto questo.
Quello che ho visto in sole due settimane mi è bastato per capire che vivere lì non poteva che essere un’opportunità da cogliere al volo.

Panama City, una metropoli a misura d’uomo

Come vi ho raccontato, arrivare a Panama City mi ha preso 11 ore di volo, da Parigi. Appena arrivate, siamo state investite da due cose: i sorrisi della gente – così rari in quel di Francia! – e il caldo (raro pure quello). Ma eravamo dall’altra parte del mondo, in vacanza, finalmente riunite al babbo.
Una lunga strada sospesa collega la periferia alla parte centrale della città: la bassa marea fa ritirare l’oceano e lascia delle pozze d’acqua che giocano coi riflessi del tramonto. Sullo sfondo, la luce gioca allo stesso modo coi grattacieli di Punta Paitilla. Solo questo mi mette di buon umore e mi fa capire che Panama mi piacerà, e pure tanto.
La città vive di contrasti: da una parte la zona degli affari, quella dei grattacieli, dall’altra le casette coloniali, più o meno ben tenute, e quelle popolari.

Dal terrazzo dell’appartamento che abbiamo scelto, al 29esimo piano di un grattacielo sul lungomare principale, la vista è spettacolare. Non sono state le tre piscine, il campo da tennis, quello da squash, la palestra, l’area giochi per bambini, la Spa (tutte cose assolutamente normali lì!) a farmi scegliere questo appartamento. No.  È stata la sua incredibile vista. A sinistra Punta Paitilla e i suoi grattacieli, davanti l’oceano brillante, quasi accecante, a destra il Casco Viejo, la parte coloniale della città. Come si può non morire dalla voglia di svegliarsi con questa vista ogni mattina?
Ed è incredibile pensare che, solo pochi metri più in là, ci sia il canale.

I contrasti di Panama City si vedono ovunque. Nella manodopera a basso costo, locale o comunque latina, negli uomini d’affari in pausa pranzo, i macchinoni, le bande, le auto che non mettono la freccia, quelle che non rispettano il semaforo, quelle che gettano l’immondizia per strada, così.
Eppure è affascinante. Le persone sono disponibili, simpatiche. Per me, che sono abituata al rapporto coi francesi, è come stare in paradiso. Si mangia ovunque e bene, i posti sono da togliere il fiato, vuoi un’aragosta?
Nessun problema, vista mare e a un prezzo più che decente. Vuoi una pizza? Ottima. Uno spritz pure? C’è anche quello. Ma io consiglio di mangiare sempre e solo pesce, ceviche e tutto quello che vi capita a tiro, anche se le bambine hanno adorato il riso al cocco, il plátano fritto (meglio non ripensarci… Morna morirebbe), i patacones, oppure della semplice pasta fritta (Mornaaaaa) usata soprattutto a colazione (tipo gnocco fritto, ma più buono!). Trovate tutto quello che volete: che sia per pranzare in un posticino nel Casco Viejo dove ascoltare anche un po’ di musica, o all’ultimo piano di un grattacielo alla moda, adulti e bambini sono sempre i benvenuti… che bello per noi abituati a Parigi!

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San Blas: alla scoperta del paradiso

Avevo sentito parlare di queste 365 isolette nel mar dei Caraibi, ma non sapevo appartenessero a Panama. Il viaggio si organizza in maniera molto semplice: si chiede a chiunque (chiunque!) se conosce qualcuno che organizza il viaggio. Si è poi messi in contatto con qualche Kuna (gli abitanti delle San Blas, che sono autonome rispetto alla Repubblica panamense, facendone comunque parte), che ci darà un appuntamento il giorno in cui vogliamo partire. Con un 4×4 da Panama City si affronta un viaggio di circa due ore e mezzo, di cui un paio buono di curve e tornanti, l’unico modo per entrare nella loro “proprietà”. È l’autista a lasciare i suoi viaggiatori nel porto giusto, a seconda dell’isola di destinazione. La nostra era Isla Iguana, una delle più belle, a una mezz’ora di lancia dal “porto”. Il porto altro non era che una palude con un portico in legno e tanti granchi che giocavano scavando buche nel terreno. Si aspetta finché qualcuno, arrivato su una lancia, non ci chiama: la lancia è una barcarola di legno dalla stabilità dubbia con un motore che, da un momento all’altro, potrebbe anche esplodere (infatti ne avevano due :D).

Il viaggio verso l’isola è stato uno dei momenti più divertenti della vacanza: col mare mossissimo, i kuna si divertivano a tirare a fondo il motore facendoci saltare come dei pazzi. La P2 era terrorizzata, ma la P1 non ha smesso un solo momento di ridere. E, intorno a noi, l’idea che ho di paradiso: un’acqua di un azzurro mai visto, un cielo talmente terso da fare male, tante isolette minuscole, alcune il cui unico abitante era una palma di un colore verde intenso.

Isla Iguana conta in totale 6 capanne, di cui due sono ristoranti/bar. Ristoranti in cui si mangia richiamati da un corno il pesce pescato e quello che i Kuna sono riusciti a portare sull’isola quel giorno: un solo piatto per tutti, bambini compresi (anche se le uova, per esempio, non mancavano mai, e in alternativa al pesce c’era il pollo).
La capanna che ci danno ha tre tavole in legno rialzate su cui sono posati tre materassi, nient’altro. Ma ha la vista più bella del mondo.
Non dimenticherò mai quei momenti all’alba, quando il caldo, la sabbia (ah, non ci sono i bagni: due soli water e un rubinetto posto in alto con cui lavarsi con l’acqua di mare) e il canto degli uccelli mi svegliavano, anche prima delle sei: ho sempre odiato svegliarmi presto, ma la voglia di uscire e vedere il sole sorgere era più forte di me.
A San Blas si seguono i ritmi della natura. Si balla anche, la sera, con la musica a palla (non è esattamente un luogo frequentato da famiglie, più da coppiette e da gente in cerca di se stessa), si bevono tante birre e tanti rum e coca, ma poi si va a letto prestissimo, si mangia prestissimo, ci si lascia cullare dal rumore delle onde e, la notte, da quello delle foglie di palma che si muovono col vento.

 

Dopo tre giorni lì, le bambine ci hanno detto: quando torniamo in piscina?

Ma è stato bellissimo e non passa giorno in cui loro non parlino “dell’isola”.
E no, il prezzo non è affatto elevato, anzi.
Lasciare San Blas non è stato facile, ma tanto sentivo che ci sarei tornata… E le possibilità non mancheranno!

Alla scoperta della giungla di Panama

A pochi km da Panama City, costeggiando il canale, si trova la riserva Gamboa, il posto giusto per iniziare i bambini alla vita della giungla. Una visita guidata che parte dal resort ti fa scoprire infatti florafauna di questo particolare ecosistema (e che caldo), mentre si ascoltano le voci delle scimmie urlatrici e si scansano le liane. Un po’ umido ma assolutamente suggestivo, con una seggiovia che ti porta su una vetta attraverso la fittissima vegetazione, con vista sul canale e sul rio Chagres.

 

Punta Chame, il regno dei surfisti

Per non sovraccaricare troppo il programma (per le bimbe), abbiamo poi deciso di passare due giorni al mare non lontano da Panama City, a Punta Chame. Arrivarci, dopo aver lasciato l’autostrada, è spettacolare: la strada si restringe e da entrambi i lati si scorge l’oceano in tutta la sua bellezza, con piante verdissime, uccelli e animali vari. Il resort è il paradiso dei surfisti: durante la bella stagione (a Panama è sempre estate, ma il meglio si ha da ottobre ad aprile), raccoglie migliaia di amanti delle onde.
Adesso, le maree tirano fuori le razze al mattino, quando la spiaggia diventa profonda decine di metri e scaraventa il mare sul resort alla sera, creando un’atmosfera tutta particolare. Ovviamente c’è una piscina, e questo è quanto basta alle bambine. Ma conto di tornarci in alta stagione per prendere lezioni di kite surf, una di quelle cose che avrei voluto fare nella vita e che invece…

Ma avrò qualche anno per raccontarvi le meraviglie di questo paese e non solo: Panama è nella posizione migliore per visitare praticamente tutte le Americhe, e noi ne approfitteremo. Ci sarebbero altri milioni di cose da dire, di come la P1 abbia preso in mano una stella marina o si sia tanto avvicinata ad un’iguana che ci guardava indifferente, o di come abbiamo passato un po’ di tempo su un promontorio a guardare una spiaggia cosparsa di buchetti di granchi, vedendoli entrare e uscire a seconda del rumore delle onde o del grido di qualche uccello…


Almeno, avrò lasciato la Tour Eiffel per un buon motivo!

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