Qui Parigi, la mia vita.

Stamani ho litigato con mia figlia. È lunedì, e come ogni lunedì ha ginnastica. E come ogni volta che ha ginnastica, fa storie per
mettersi i pantaloni. Troppo corti, troppo brutti, troppo larghi, troppo tutto.
Abbiamo litigato senza esclusione di colpi, io che gridavo, lei che piangeva e mi diceva che sono cattiva.
Quando ci siamo calmate, le ho spiegato che nel mondo ci sono bambini che hanno un solo vestito. Che salgono su delle barche troppo piccole per raggiungere le nostre città, e che a volte queste barche sono talmente piccole da farli cadere in mare. E il mare li porta da noi, sulla spiaggia, ormai senza vita. E non importa se indossavano dei pantaloni o un tutù: niente ha più senso quando sei morto per scappare da un posto in cui non hai nemmeno una casa, distrutta ormai dalle bombe.
Deve aver capito guardandomi negli occhi. Deve aver capito, dalle mie lacrime, che tutto il dolore di questi giorni si è riversato così, impuntandosi per un paio di pantaloni secondo lei non abbastanza belli.
Venerdì sera ero nel mio letto. Stavo guardando una puntata di Scandal, felice per la settimana di lavoro appena finita, felice perché la mattina dopo sarebbe venuta come sempre Carolina a casa nostra, felice perché mia figlia sarebbe andata a dormire dalla sua migliore amica, felice perché saremmo andate a cena con la piccola, nel suo ristorante preferito, felice perché
domenica mattina saremmo andate in piscina tutte e quattro, come sempre.
È la nostra vita. Semplice, abitudinaria, ordinaria. Ma la nostra vita.
E la nostra vita è stata interrotta quando ho ricevuto un messaggio: dove sei? Attaccano Parigi.
È questo che fa la gente che si preoccupa per te. Ho interrotto la visione di Scandal e guardato le notizie. Ma no, sarà una sparatoria. Ma no, saranno falsi allarmi.
Ho risposto in modo stupido, per sdrammatizzare. Tutto bene, sono allo Stade de France.
Poi ho acceso la tv. E ho capito.
Ho capito che la nostra vita semplice, abitudinaria e ordinaria si era appena interrotta.
Ho twittato che non sapevo come spiegare a mia figlia che, molto probabilmente, non sarebbe potuta andare dalla sua amica, l’indomani.
Sono stata infamata, accusata, derisa.
Perché invece di piangere dei morti mi sono preoccupata della mia vita semplice, abitudinaria e ordinaria.
Perché ero sola a casa, nella mia casa di Parigi, con due bambine di 5 e 3 anni, troppo piccole per capire che no, non si può uscire, l’ha detto Hollande, bisogna stare in casa perché ci stanno attaccando.
Non ho dormito. Mi sono appisolata davanti alla tv verso le due, dopo che il Bataclan era stato “liberato”. Mi sono spostata a letto, ma il suono assordante delle sirene ha continuato ad assillarmi tutta la notte.
Staranno ancora attaccando? Staranno recuperando i feriti?
Ho mandato messaggi a chiunque. Ho ricevuto decine, centinaia di messaggi. Anche da voi, che mi avete fatto compagnia in una notte assurda e incredibile. Tanto lontana dalla mia realtà, dal mio quotidiano.
Sabato mattina, mi affaccio alla finestra e non vedo niente: non ci sono auto, i negozi – aperti – sono vuoti. Carolina arriva e vado a fare la spesa, in casa non c’è niente. Al supermercato c’è qualche straniero, turista, immagino, e qualche vicino. E tanto silenzio.
Mia figlia va comunque dalla sua amica. La madre si propone di venirla a prendere, mi chiedo se sia una buona idea. Non mi sentirei più sicura ad accompagnarla io? Non sarebbe meglio non perderla di vista nemmeno per un secondo? Mi dico che esagero, si tratta di nemmeno un km di strada, andrà tutto bene. Abitiamo in una zona tranquilla, residenziale.
O forse no?
La sera andiamo a cena, come avevo promesso alla P2. Io, lei e Carolina in un ristorante non lontano da casa. È sabato sera e la mia zona dovrebbe animarsi come ogni sera, con tutti i suoi locali, le brasserie, i bar, i teatri. Invece l’atmosfera è surreale. Nel ristorante siamo noi e altri due tavoli, quando in genere è strapieno. Ci sediamo sul retro, perché anche noi, come gli altri, non abbiamo nessuna voglia di star seduti accanto alla vetrata.
Quella stessa vetrata dove i francesi adorano stare, come in terrasse. Non ho mai capito perché adorino così tanto stare seduti sul marciapiede, con le macchine che sgasano a due metri dai loro bicchieri di vino. Ma mi ci sono abituata anch’io: se si esce, si sta in terrasse. Si guarda la gente passare, si prende l’aria, perché Parigi è questo. È vivere la città, è vivere all’aperto, che
faccia freddo o caldo, che si sia in famiglia o tra amici, si esce, ci si gode la vita, si dimenticano le ore nei trasporti pubblici, le case troppo piccole, il sole che riscalda raramente. Ci si riscalda con la vita.
Stamani ho accompagnato le bambine a scuola. Nessuno ha detto una parola. Niente era diverso, apparentemente, ma tutto lo era. Più di dieci mesi fa, perché Charlie Hebdo era un obiettivo che, ai nostri occhi, sembrava lontano dalla nostra realtà.
Dalla nostra vita semplice, abitudinaria e ordinaria.
Ho preso la metro, un po’ meno piena del solito. Il silenzio era quasi assordante, mi sono messa le cuffie per ascoltare la musica. Guardavo i volti della gente, e invece di farmi domande sul perché fossero pettinate o truccate in un certo modo, mi chiedevo: e voi, voi siete stati “toccati”? (Chiunque ti incontri ti chiede “t’as été touché ?“) Eravate in zona? Avete perso qualcuno?
Mentre cambiavo metro a St Lazare mi chiedevo se, tra i tanti volti che ho incontrato in quello stesso percorso fino a venerdì, ci
fosse qualcuno che non avrei mai più incontrato.
Probabile.
Ma la vita va avanti. La nostra vita semplice, abitudinaria e ordinaria continuerà.
Avremo più paura? Sì, io, personalmente, sì.
Ma devo continuare a vivere come se tutto fosse semplice, abitudinario e ordinario. Perché le mie figlie ne hanno bisogno. Perché il terrore non deve vincere. E anche se lo sento salire dentro di me, e anche se tremo all’idea di essere separata da loro per tutto il giorno, di non sapere cosa fanno, non mi farò vincere dalla paura.
Perché io continuerò ad amare, ed ad insegnare a farlo. E forse, se lo farete anche voi, i nostri figli vivranno in un mondo migliore di questo.
Almeno, lo spero.
Perché io non so come altro proteggerle.
Ps Le foto sono state scattate sabato dalla mia amica Carolina, che oltre ad essere una ragazza d’oro è anche un’ottima fotografa, e sarà un’ottima reporter, se un giorno lo vorrà.
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39 Comments

  • Avevo letto il tuo tweet e l' ho anche ritweettato perchè di offensivo francamente non ci ho visto nulla, ma forse se non si scrive che si è pronti a sparare ai proprio cari per soliderietà si passa per mostri cattivi.
    Forza Anya. Un bacio.

  • Un abbraccio a te e alle bimbe. Non è certo facile spiegare ai nostri figli episodi come questo che, purtroppo, non sono nemmeno più tali perchè ne stanno capitando quasi quotidianamente in giro per il mondo. Solo che stavolta è successo vicino a noi e ai nostri cari ed è inevitabile affrontare il discorso anche con i più piccoli.

  • anche se ti conosco solo tramite il tuo blogg….venerdì sera mi sei venuta subito in mente con le tue bimbe da sola in una città martoriata….io non conosco nessun altro che sta a parigi e mi sentivo in apprensione per voi….non avendo twitter e facebook sono andata spesso sul sito del blog per vedere se c'erano vostre notizie…. e quando ho letto questo e che stavate bene anche se impaurite ho provato sollievo….un abbraccio!

  • Anna capisco perfettamente come ti senti. Vivevo a londra quando ci somo stati gli attentati nel 2005 . Stavo andando a lavorare quando nella fermata della metro prima della mia hanno fatto saltare il treno che io stavo aspettando. Continuavo a ricevere chiamate perse sul cellulare…. Solo dopo ho capito….. Non riuscivo a mettermi in contatto con quello che ora é mio marito e che era al lavoro proprio dove avevano fatto saltare l autobus….. Autobus che avevo preso mille volte…. Paura tanta. Ti capisco, quando venerdi ho letto degli attentati ero a barcellona ma ho pensatosubito a te. Un abbracio giovanna

    • Sai che anch'io ho ripensato a quei giorni? Perché poco dopo ero a Parigi in vacanza, e prendendo la metro avevo quasi il panico. Ora mi ritrovo a prenderla per forza, e che posso fare?

    • Io sono partita per londra poco dopo l11 settembre.. Non ero serenissima ma l'idea della nuova vita mi gasava! Il giorno dopo l'attentato di londra sono andata a lavorare a piedi. E poi? Poi ho preso la metro, ho preso il bus… Che potevo fare? Dovevo andare a lavorare!! La penso come te Anna! Chi ti ha giudicato non ha mai provato…. Un abbraccio😘

  • come detto più volte nei numerosi tweet successivi, che tu hai pure detto d'aver apprezzato (!), non ti deridevo (non vedo dove lo si dica) ma ti avvisavo che avendo messo una faccina che, su un gran numero di dispositivi, appariva come quella annoiata, rischiava di passare il messaggio contrario.
    Eh vabbè

    • Confermo quello che ho scritto su Twitter, ma resta il fatto che i primi messaggi mi abbiano davvero scioccata. Dai l'idea di seguirci, e dovresti quindi un po' conoscerci, come si può anche solo aver pensato che stessi deridendo quello che accadeva, o anche solo sminuire una strage? Ci sono rimasta veramente male perché non mi è stato nemmeno dato il beneficio del dubbio, sono stata subito attaccata, quando volevo solo dire che, in una situazione del genere, le cose piccole della vita vengono toccate e certo non è facile spiegarlo a dei bambini.

  • Io penso che questo attentato serva anche a farci capire che non siamo "intoccabili", che anche qui nel nostro occidente, in un ristorante, nel locale in cui si sta svolgendo un concerto, allo stadio, nella nostra tranquilla quotidianita' appunto, sta accadendo quello che oramai e' all'ordine del giorno in Siria e in Iraq.
    Ce lo hanno raccontato i telegiornali per anni, ma per anni abbiamo fatto finta di non sentire…adesso ci svegliamo improvvisamente! ma l'orrore e' stato davanti ai nostri occhi SEMPRE, non dobbiamo piangere solo sulla bandiera francese ma anche su quella libanese, russa, siriana, turca, irachena….il dolore e' lo stesso, le vite umane hanno tutte lo stesso valore indipendentemente dal colore di una bandiera…

  • è vero, non dobbiamo farci prendere dalla paura. la nostra vita, banale, semplice ma nostra deve continuare. eppure venerdi' sera ero fuori casa per lavoro. sarei dovuta tornare il giorno dopo in aereo ed ho avuto paura. io, fatalista, io casinista, io pronta a muovermi alla minima occasione, ho avuto paura. di non tornare a casa, di non riabbracciare i miei figli. perchè poi inizi a farti quelle domande stupide tipo "perchè a loro si e a me no?". poi la vita scorre. il mio aereo mi ha portato a casa. ho abbracciato stretta mia figlia che mi ha detto "non sono contenta, sono contentissima" e tutto è ritornato a scorrere. un abbraccio a te e a Parigi!

  • Anche io ieri mattina ho rimproverato mio figlio che non voleva la felpa bianca ed avevo in testa gli stessi concetti che hai "urlato" a tua figlia…poi sono corsa in bagno angosciata ed ho cercato di ignorarlo. Lui non ci ha più pensato ma io sì, e non riesco a far finta di nulla. Ammiro il tuo coraggio. Paola

  • Si, non dobbiamo farci prendere dalla paura, continuando a vivere la nostra vita. Noi che lo possiamo fare. Io dopo Parigi penso molto alla situazione dei profughi dalla Siria, tutti quelli che si trovano alle porte dell'Europa. Immaginate come si possono sentire ora? Quello da cui fuggono ha colpito il cuore dell'Europa, e la loro situazione adesso e' sempre più compromessa. Doppiamente vittime. Sei stata brava Anya stamattina a parlare di loro alla tua bimba. Non e' facile spiegare queste cose ai bambini, e capisco perfettamente il tuo twet. Perché la quotidianità seppur pesante molte volte, e' la nostra vita, e quando ce la spazzano via, come si può spiegarlo ai nostri figli? Non possiamo fare finta di niente, ma tantomeno chiuderci in casa..a cosa servirebbe? Brava ad aver portato la P2 al ristorante e ad aver permesso alla grande di stare con l'amichetta!
    Martina

  • Leggere la tua testimonianza reale non fa altro che accrescere la nostra consapevolezza di ciò che è successo.
    Il mio quasi-seienne, nel suo piccolo, ha già manifestato le sue paure e mi chiede se anche da noi può succedere… ho cercato di rispondergli in maniera obiettiva, ma è difficile dargli delle certezze.
    Grazie e un abbraccio!
    M.

  • Quello che è successo ci ha sbalordito tutti, sabato il risveglio è stato scioccante… non sono riuscita a spiegare con semplici parole qualche è successo ai mie bambini, soprattutto al grande con i suoi 8 anni e i suoi "perché"… e mi sono sentita impotente e piccola…
    Posso solo dirti che il mio cuore ti è vicino, come mamma e come donna

  • Sono d'accordo con te… certamente è più scioccante quando ti accade nella tua città. E poi viene il terrore, è logico, vuoi tornare come prima, al tuo quotidiano. Fai bene a sforzarti di continuare la tua vita, per loro e per te stessa. Altrimenti non viviamo più.

  • Sabato mattina presto, quando ho saputo cos'era successo, ti ho pensata, anche se non ci conosciamo se non tramite le risate sul blog. La prima cosa che ho fatto è stata mettermi in contatto con tutti quelli che conosco che abitano a Parigi per sincerarmi che fossero vivi e senza coinvolgimenti diretti di persone a loro care tra le vittime. Ma ciononostante il peso non si è alleggerito. E' come rientrare a casa e trovare porte o finestre scassinate. La sensazione di violazione è la stessa, e annichilisce.
    Sei stata coraggiosa, io non me la sarei sentita di uscire sabato sera, lo so quasi per certo. L'avrei fatto, certo, dopo .. magari solo il lunedì mattina perché "obbligata" da lavoro e incombenze quotidiane. Ma hai fatto bene. Non deve vincere la paura, è quello che vogliono. La nostra quotidianità, banale, a volte ordinaria e annoiata, è da preservare e difendere, soprattutto per i nostri figli.
    Un abbraccio.

  • Anche io vi ho pensate venerdì sera, quando ho iniziato a sentire e vedere le prime immagine da una tv francesce… E sono stata felice di sapere che stavate bene, te e le bambine!
    Un abbraccio sincero

  • Anche io vi ho pensate venerdì sera, quando ho iniziato a sentire e vedere le prime immagine da una tv francesce… E sono stata felice di sapere che stavate bene, te e le bambine!
    Un abbraccio sincero

  • Mi dispiace tanto per quello che è successo e mi dispiace per la tua vita semplice, banale, quotidiana perchè adesso sarà un po' più difficile darle quella noiosa leggerezza che appartiene a tutte le nostre vite che sono così, come dici tu, semplici, banali, quotidiane.
    Sono però d'accordo con te che questa sia la sola cosa da fare per noi stessi e per i bambini.
    Certo ieri ed oggi, salutando sui cancelli, la mamma di Sophie, di fretta come sempre, ho fatto fatica

  • c'eravate anche voi (tu e le P) nei miei pensieri, quella sera, insieme a mio cugino che pure vive lì.
    trovo la tua umanità più eloquente di molte parole assurde che leggo in giro, anzi, quel benedetto tweet mi sembra davvero spontaneo e più reale di molte dimostrazioni di lutto. questa è la tua vita di una mamma come altre, ma hai saputo toccare il mio cuore come non mai. <3
    grazie

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