Vita a Panama episodio 3: roba da non credere

Una delle cose che mi hanno annoiato di più all’inizio, quando mi sono trasferita a Parigi, era che fondamentalmente tutto era come a casa mia. Certo, un tantino meglio eh, ma non è che ci fosse granché da scoprire a parte l’arte.
Quello che mi piace di Panama, invece, è che ogni volta che esco resto a bocca aperta per qualcosa. Ci sono talmente tante cose assurde, che essere expat in questo paese, per un europeo, è come vivere in un’eterna barzelletta, o in una novella di Verga, o in un reportage sociale.

Espatriare a Panama: quando l’assurdo è il tuo pane quotidiano

1. I buchi in terra

Ora, a voi potrà sembrare una roba da nulla, ma immaginatevi di camminare spedite con la vostra auto

cambio automatico su una strada a 4 corsie, e da lontano vedete le altre auto che sterzano all’improvviso, ombre minacciose e… boom. Quelle eravate voi con la vostra ruota. E pregate non piova, perché se no il buco manco lo vedete, e poi finite come quel taxi con una ruota dentro che cercavano in sei di tirarlo fuori.

2. Le liane

Eh. Niente io guido tranquilla per queste viuzze circondate da casette coloniali decisamente da ristrutturare e toh, quell’albero perde pezzi. Ah, no, sono liane. Io aspetto sempre di vedermi Tarzan da un momento all’altro, ma le banane ai semafori le vendono, eh. Anche fritte.
Vivere a Panama

3. Il filo spinato

Panama City
Io l’avevo visto solo nella serie Alcatraz, che tra l’altro mi aveva stufato dopo cinque minuti. E invece esiste davvero! E, cosa assurda, è soprattutto nei quartieri popolari. Cioè, probabilmente ha una logica, ma vi giuro che stupisce.

4. I taxi condivisi

Non mi sposto mai in taxi, alla mia vita ci tengo. Perché oltre a fregarsene di ogni pericolo – la prova è il paraurti sbriciolato che mostrano orgogliosi – si rischia di metterci tre ore. Perché? Perché spesso sono condivisi. Si può dire di no, ma io non ci riesco. E soprattutto se sei di fretta e non ne passano di vuoti, prendi il primo che capita con qualcuno dentro. Prima o poi ti porterà a casa. Molto poi.
Panama Expat

 

Vivere a Panama

5. I preventivi

Se mi chiedessero che tipo di formazione fare ai panamensi, non avrei dubbi: tecniche di vendita. Perché no, promettere un preventivo che non invierai mai non ti farà vendere di più. La prima volta erano degli sgabelli in un negozio chic il cui proprietario era italiano. Un’ora chiusa in una stanzetta con una tipa a scegliere sgabelli, con le bambine che saltavano da una sedia all’altra e da una parete all’altra che nemmeno Spider Man, e poi… Voi l’avete mai visto ‘sto preventivo? Io no. La seconda volta altre sedie, altro negozio. Nada. E controllo anche lo spam eh! Terza volta, negozio Kartell per dei comodini… visto qualcosa?


6. La disponibilità della merce

A voi sembra normale andare da Ikea per comprare un vassoio e uscire con tre piante, dieci sacchetti di polpettine, un camino, una cassa da morto. Ecco, qui Ikea non c’è. E tutto ciò che è di importazione richiede preventivi e attese che farebbero invecchiare anche Amanda Lear. Oggi per dei comodini (sono tornata dopo due mesi di attesa del preventivo) mi hanno detto quattro mesi signora. QUATTRO. Per far arrivare due comodini. Anche con i prodotti locali non va tanto meglio. Hola, mi piacerebbe questo divano, in che colori l’avete? Bianco, beige e nero. Ah bene, mi piacerebbe beige grazie! Non lo abbiamo. Ah, posso ordinarlo? No.
Mmm.

7. Le poste

Ditemi perché una cosa intelligente come il servizio postale qui non esiste. Qui e in molti altri posti in Centro e Sud America. DITEMELO! Non ho ancora capito come si fa a spedire una lettera. Ho ricevuto pacchi tramite DHL dall’Europa ma una cartolina di auguri inviata due mesi fa non è mai giunta a destinazione. Ma mai dire mai, magari prima che me ne vada arriverà.

8. La doppia fila

Voi parcheggiate, loro vi si parcheggiano dietro, davanti, insomma, dove c’è posto, basta che non possiate uscire. Poi quando fate per uscire e vi attaccate al clacson, arriva uno che mio cuggino, che chiama il vicino, che mangiò il gatto che mangiò il topo che alla fiera mio padre comprò. In una ventina di minuti il problema si risolve, tranquille.

9. Gesù, Giuseppe e Maria

La rappresentazione della religione rasenta il kitsch, lo raggiunge, lo oltrepassa, si sposa con il tamarro e si fa l’amante ridicolo. Le auto davanti non hanno la targa. Spesso quindi il paraurti è abbellito con “Gesù arriva presto, lo stai aspettando?”. Mi verrebbe da abbassare il finestrino e urlare: NO! Mentre mi è apparso il Papa su un Diablo Rojo (un autobussino clandestino che ogni giorno mette a repentaglio diverse vite, soprattutto quella del tizio che usano come freccia umana che si spenzola dalla porta aperta con un fazzoletto in mano), lo stesso Papa che ho trovato a grandezza naturale e in grande sconto, accanto alle felpe I <3 Francisco e al trittico Gesù Giuseppe e Maria, anche loro in sconto.
Diablo Rojo

 

10. I quartieri popolari

Sembra incredibile che mentre io son qui a parlare di Suv e divani, poche strade più in là ci siano dei quartieri talmente poveri da far paura ai panamensi stessi. Principalmente si tratta del Chorrillo e dintorni, ovvero il barrio bombardato dagli americani quando quasi trent’anni fa son venuti e prendersi quello che volevano prendersi (strano). Alcune cose sono totalmente affascinanti, per me: i barbieri che lavorano in dei casottini tipo chioschi, gli artigiani che lavorano il legno in baracche lungo strade dissestate e in salita… Il più delle volte un expat ci capita perché gli si è impallato il navigatore e, da buon expat, si è perso. Io ormai il navigatore lo spengo e mi lascio guidare dall’orientamento, e mi perdo volentieri, e vorrei fermarmi e parlare con la gente, e capire come si vive lì e soprattutto perché si vive così.
Questo è uno dei miei obiettivi, volevo solo parlare spagnolo prima di lanciarmi. Ora mi resta solo da capire se è meglio andare in un taxi condiviso con una felpa di Francesco e il tappo di un tombino sotto braccio (li rivendono).
Vi farò sapere.
Panama City

 

Panama City

 

 

Panama City

 

Kim Kardashian
Sì, è Kim Kardashian.
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