Viaggi low cost: tre giorni a Bucarest, Romania

Viaggiare è il sogno di tanti, ma spesso un privilegio di pochi. E non solo per i soldi, ma anche per il tempo, l’organizzazione e, non ultime, le paure. Paura delle distanze, degli ipotetici pericoli, della fatica, dell’ignoto. Tra i tanti posti che sognavo di visitare c’era anche Bucarest: finché mio marito non ha comprato i biglietti per il nostro anniversario.
Perché Bucarest? Perché qualche tempo fa avevo letto un reportage su Internazionale in cui si raccontava della famosa Casa del Popolo voluta da Ceausescu: un mostro di architettura, costruito buttando giù interi quartieri. Per me che sono patita di storia dell’Europa dell’Est, era una specie di sogno.
Così siamo partiti, io e mio marito da soli, per la prima volta, in un caldo pomeriggio di fine estate. Il volo è diretto, Firenze-Bucarest, l’aeroporto è vicino al centro. La moneta locale è il nuovo ron, o lei, e un euro ne vale più di quattro.

Visitare Bucarest e spendere poco

Per giorni mi sono chiesta se non stessi andando a far niente: certo, avrei visitato la casa del Popolo, ma il resto del tempo?
Nessun pensiero fu più sbagliato, pregiudizioso, frettoloso e ingiusto.
Verso il centro, ci accoglie un lungo viale alberato: costeggia il parco Herastrau, polmone verde della città. L’hotel è proprio in centro, mio marito ha scelto il meglio – “è il nostro anniversario, dai” – perché i prezzi lo permettono. Con gli stessi soldi, a Roma avremmo preso un due stelle.
L’albergo si affaccia sull’angolo tra la via principale della città, Calea Victoriei, e la bellissima piazza che ospita l’Ateneul, il meraviglioso teatro considerato il monumento più bello di Bucarest. L’aria è calda e il cielo è blu, ci concediamo una birra nel quartiere, a due passi dall’hotel. Troviamo per caso il Acasa La Mama, in strada Episcopiei. L’ambiente è cento per cento rumeno, il pergolato ci nasconde dalla canicola estiva, il servizio è rilassato. I menù sono solo in romeno: mi pento di non aver comprato il dizionario. Ordiniamo due zuppe, due piatti, due birre dell’acqua: spendiamo l’equivalente di 12 euro.

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Il pomeriggio è una scoperta. Chiudo gli occhi e li riapro: sono a Parigi? Le cupole degli edifici in stile haussmaniano si trovano ad ogni angolo, alternati a qualche vecchio palazzo pre-rivoluzione. La Calea Victoriei nasconde passaggi segreti, si apre sulla bella piazza della Rivoluzione, ospita musei imponenti e signorili.

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Lipscani, il cuore della città, pullula di vita: persone che lavorano, persone nei bar, persone per strada, persone ovunque. Persone di ogni tipo. Girovaghiamo senza meta e finiamo per caso ad un mercatino dell’artigianato, è più il posto ad attirarci che la vendita, perché non c’è porta in cui non entrerei, non c’è vetrina che non varcherei, non c’è bar in cui non mi sederei.

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Continuiamo a camminare, senza sosta, riprendiamo la Calea Victorieri, la risaliamo tutta, ne scopriamo i palazzi eleganti della parte alta, quella dopo l’hotel, ci chiediamo quanto costerà comprarne uno e facciamo il confronto con Parigi: il mondo è strano. Camminiamo, camminiamo, e non arriviamo mai. Stiamo andando allo Sky Bar, è quasi l’ora del tramonto e vogliamo vederlo da un tetto. Il tetto però è lontanissimo, i metri si trasformano in km e quando finalmente arriviamo, nella zona della ambasciate, siamo distrutti. Un cocktail sui tetti incendiati di rosa ci ripaga della fatica, mentre un taxi ci accompagna per 3 euro di nuovo a Lipscani.
Ceniamo da Lacrimi si Sfinti, ad un tavolo in strada. I prezzi sono un po’ più alti, ma si allontanano ancora da quelli a cui siamo abituati. Il vino non è un granché, seppur apparentemente reputato, ma il passaggio della gente fa da contorno. La notte tira fuori di tutto, e tornando in hotel a piedi ci rendiamo conto che Bucarest è proprio come ogni altra capitale europea.
L’hotel ci ha prenotato la visita al Palazzo del Parlamento, alias Casa del Popolo, come lo chiamano i romeni. Abbiamo tempo, e decidiamo di fare una lunga camminata per arrivarci a piedi. Scopro palazzi che mi fanno sognare, in cui vorrei vivere, non so perché, in cui sicuramente mi sarebbe piaciuto vivere da bambina, in cui mi sarei sentita una vera principessa.

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Le visite si fanno solo su prenotazione, in inglese o in francese, e solo guidate, non si può entrare liberamente. Scegliamo quella da due ore, lasciamo i passaporti all’ingresso ed entriamo.

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Il palazzo è stato voluto da Ceausescu come sede dei poteri principali del partito comunista. È stata scelta la collina su cui sorge perché la più sicura in caso di terremoto: le case che vi erano edificate, infatti, avevano tenuto tutte al sisma del ’77. Lui le ha fatte asfaltare. Per scegliere chi avrebbe diretto i lavori è stato indetto un concorso, vinto da una giovane donna.
La struttura si estende su 350.000 metri quadri, si dice tre arrondissement parigini, 270 metri per 240. Migliaia di stanze. L’architettura sovietica, anzi, quella tipica del periodo stalinista, si mescola a geometrie ricercate, cura nei dettagli e nei materiali (quasi tutti romeni). Visitiamo una delle gallerie, la principale: 150 metri di lunghezza e 18 di larghezza. Il marmo utilizzato per le colonne viene dalla Transilvania, pare che in totale ce ne sia un milione di metri cubi.
La Sala dell’Unione ci lascia senza fiato: più di duemila metri quadri di sfarzo. I cristalli, le luci, gli specchi, il legno di noce, ciliegio, quercia, i tappeti le cui trame riprendono il soffitto, tende alte 16 metri.
La visita è ancor più di quanto potevamo immaginare. È mostruoso pensare quanto è stato sacrificato per costruire questo palazzo, è affascinante pensare cosa l’ingegno umano sia capace di concepire. Pare che Ceausescu e la moglie visionassero – su dei modelli in scala reale – ogni dettaglio. Peccato che non abbiano potuto passarvi nemmeno un giorno.
Oggi il palazzo è occupato dal Parlamento, dal Senato e dalla Corte Costituzionale. Non è ancora completato.
Usciti dall’edificio siamo stravolti, e l’idea di ripercorrere tutta la strada a piedi, dopo i 20 km del pomeriggio prima e il caldo nelle gambe, ci sfianca. Vediamo arrivare l’autobus turistico e, per una volta, ce lo concediamo: 25 lei (nemmeno 6 euro) per toccare tutti i punti principali della città, valido 24 ore.

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Ripercorriamo tutta la Calea Victoriei e arriviamo al parco Herastrau. Decidiamo di noleggiare una bicicletta per scoprire il vasto parco e spingerci oltre le sponde del lago. Dei bambini danno da mangiare ai cigni e noi mangiamo un gelato, di gran lunga la cosa più cara trovata in città.


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Il pranzo è saltato (causa colazione tardiva…) e così pensiamo alla serata. Rientriamo in hotel e ci buttiamo di nuovo nel quartiere dell’Ateneul, bevendoci un aperitivo e sbocconcellando tapas al Salon Golescu. Abbiamo voglia di sushi e ci dirigiamo in un ristorantino carino, abbastanza elegante, accanto al teatro. Tutto delizioso (Sushi Room).
Il terzo giorno è arrivato ed è tempo di ripartire. Ma non prima di aver fatto di nuovo un salto a Lipscani, per riempirsi gli occhi di questa piccola Parigi. La Routard ci consiglia di andare da Carturesti Carusel, una libreria concept store sorta in un antico palazzo del 19esimo secolo. Mai consiglio fu più apprezzato. La libreria è un posto magico, per il design, per l’aria che si respira, per i libri e gli oggetti che contiene. Usciamo con un libro fotografico, uno di cucina e uno da colorare, più un piccolo regalo per le bambine, poi pranziamo all’interno dell’unico caravanserraglio rimasto intatto in città, Hanul Lui Manuc. L’atmosfera è surreale, i piatti buoni e abbondanti, i prezzi molto bassi.

Alle 15 siamo in aeroporto, la fila al controllo passaporti è lunghissima e per poco non perdiamo il volo.
Ci sarebbe poi dispiaciuto così tanto?
Consigli pratici
Volo low cost Blue Air da Firenze a Bucarest: 80 euro a testa prenotato due settimane prima
Hotel di media categoria: 40-50 euro a notte
Pasti: tra i 5 e i 15 euro a testa, più che fattibile
Trasporti: taxi convenienti (verificare sempre che siano ufficiali e la tariffa esposta sulla portiera), metro efficiente ma stazioni molto distanti l’una dall’altra
Sicurezza: alta
Tempo necessario: 2 giorni senza i musei
Adatta ai bambini: sì
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