Viaggi: visitare la Medellín di Narcos e Pablo Escobar

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Alzi la mano chi tra di voi guarda Narcos, la serie di Netflix. Lo so, siete in tante/i. E lo so, lo fate *anche* per quel bonazzo di Javier Peña. E so anche che vedere le montagne verdi di Medellín, le sue strade scoscese, la sua gente, vi ha quasi fatto venire voglia di andarci, vero?
Beh, qualche fortuna abitando a Panama ce l’ho, e quindi vuoi non organizzare un viaggio a Medellín? Nemmeno un’ora di volo, prezzo decente, weekend lungo da sfruttare: si parte!
Devo dire la verità: non sono andata a visitare Medellín per Pablo Escobar, almeno, non solo. Sono andata perché ho visto la città in Narcos e mi ha affascinato fin da subito. Questo, più il fatto che mi parlassero benissimo della Colombia (in fondo Rocio è colombiana, ce l’ho in casa la pubblicità!) , mi ha fatto decidere. Che Medellín sia!

VIAGGO IN COLOMBIA, MEDELLÍN

Siamo partiti un mercoledì sera dopo la scuola, durante un ponte di novembre. L’aeroporto di Rionegro (sì, la città di Pablo Escobar) dista molto da Medellín e ci si arriva attraverso una strada – non autostrada – che attraversa le colline, salendo e scendendo dolcemente. È notte e non si vede niente: arriviamo all’hotel scelto, un cinque stelle super economico, il Dann Carlton Medellín – per una volta ci trattiamo bene, invece delle solite bettole! – e a malapena riusciamo a cenare per la stanchezza!
Appena sveglia guardo fuori dalla finestra: mentre a Panama ci sono sempre 30 gradi o più, a Medellín c’è l’eterna primavera, con temperature sempre gradevoli. Fuori è un po’ grigio, ma i palazzi rossi del Poblado attirano la mia intenzione: alti, altissimi, oppure piccolissimi, tutti arroccati sulle colline, proprio come si vede nel telefilm. Approfittiamo del fatto che il babbo debba lavorare un po’ per fare una lunga colazione e prendere informazioni su cosa fare (sì, siamo partiti un po’ allo sbaraglio, ma eravamo tornati da Cuba da 4 giorni!).

Finalmente arriva il momento di uscire: prendiamo un taxi in direzione centro, vogliamo vedere il Parque Botero, dove si trovano tante delle sculture dell’artista colombiano. La cosa si rivela meno facile del previsto. Il traffico, arrivati quasi al centro, diventa insopportabile. Quando finalmente riusciamo ad arrivare a destinazione, veniamo investiti dalla desolazione. Le statue sono bellissime, quello sì, ma le strade intorno sono piene di venditori di dvd porno molto (molto) espliciti, venditori di rimedi a base di marijuana e cocaina, storpi (ahimè, io e mio marito abbiamo discusso a lungo sul perché, senza trovare un accordo) e altre realtà non proprio ben auguranti. Non ci sentiamo minacciati, quello mai, ma ci chiediamo se ne sia valsa la pena. Finora, certamente no.




Pranziamo in un ristorante consigliato dalla Lonely Planet, indicato come buonissimo, il Salón Versalles (scritto proprio così, senza la i). Cucina deludente, locale deludente, insomma, una vera delusione, proprio come la zona intorno. Per provare a recuperare la giornata, decidiamo di prendere l’autobus turistico. Arriviamo alla fermata, è lì, e… niente, ci dicono che per oggi niente più corse. Su che base non si sa, ma viviamo a Panama e facciamo spallucce. Chiamiamo quindi un taxi al volo e ci facciamo portare al Cerro Nutibara, una montagnetta su cui hanno costruito un villaggio tipico colombiano. il Pueblito Paisá. A parte la meravigliosa vista sulle montagne circostanti, sugli infiniti tetti rossi e le distese di verde, anche qui abbastanza delusi.

Prendiamo un aperitivo per buttarla – almeno – sull’alcol e poi torniamo all’hotel. All’ora di cena, un Uber ci accompagna nella Zona Rosa di Medellín, quella con i locali, le stradine che salgono e scendono, la movida. Ceniamo da Bruno Forno e Vino, abbiamo bisogno di comfort food per riprenderci e la pizza ci fa proprio bene. Anche l’ambiente è carino, pieno di giovani e di gente un po’ di tutto il mondo!


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È venerdì ed è il momento di dare una seconda opportunità a Medellín. Partiamo presto per andare a visitare il Parque Explora. Se tanto mi dà tanto, sarà una delusione pure questo, ma piove e almeno staremo al coperto.
Errore.

Il Parque Explora di Medellín è semplicemente STUPENDO. Abbiamo passato quasi 6 ore dentro questa struttura, che permette ai bambini (e agli adulti) di scoprire i cinque sensi interagendo con vari apparecchi. Abbiamo anche tentato di salvare una centrale nucleare dall’esplosione! E il personale è delizioso e sempre disponibile. Non so come si fanno quasi le 15, mangiamo un boccone al volo dentro e decidiamo di finire il pomeriggio al giardino botanico giusto davanti, un bellissimo polmone verde pieno di meravigliosi fiori e di quinceareas, quindicenni che festeggiano in abiti praticamente da sposa!

La giornata finisce così, con una cena sempre nella Zona Rosa, questa volta al Sushi/Peruviano (di grande moda in America Latina!), il Kabuki. Piatti buoni e abbondanti, promosso!
Comincio ad amare questa città, i suoi mattoni rossi, la sua aria fresca di primavera e la sua gente, sempre sorridente, socievole e pronta ad aiutarti. Sembra così lontana l’immagine di Pablo Escobar e della sua gente…
Parlando con delle impiegate dell’hotel scopro che esistono dei tour di Pablo Escobar, che portano i turisti nei luoghi più significativi: la casa, il tetto dove l’hanno ucciso… Io rabbrividisco pensando che davvero esistano persone che arrivano fin qui, dagli Stati Uniti, dal Canada o anche da più lontano, pagando per vedere tutto questo, e magari perdendosi la bellezza vera di questa grande città.

È il terzo ed ultimo giorno, abbiamo lasciato per oggi il Parque Arví, un grande parco al di là delle montagne di Medellín. Per arrivarci prendiamo un taxi che ci porta alla metro, poi la metro – su cui mai e poi mai non ci sentiamo sicuri, anzi, è anche modernissima, pulita ed efficiente (una volta che si capisce come funziona 🙂 ) – fino alla stazione Acevedo, dove parte il Metro Cable, ovvero una funivia costruita per servire i quartieri più poveri, quelli arroccati sulle costole delle montagne di Medellín.


L’esperienza è incredibile: iniziamo a salire piano piano, sopra i tetti delle case, entrando nella vita delle persone che le abitano. Vediamo i loro panni stesi, i bambini che giocano rotolandosi nel fango, campi da calcio improvvisati, scooter che sfrecciano nelle stradine strette, edifici mai finiti, concerti a cielo aperto: la Medellín di Narcos, quella delle corse di Javier e Steve, quella degli scagnozzi di Pablo Escobar. E di là, alle nostre spalle, la città che si allarga, la valle rossa, a perdita d’occhio, sconfinata e bellissima. Mi dimentico che soffro di vertigini e arriviamo fino all’ultima fermata, Santo Domingo, dove dobbiamo fare un altro biglietto, quello che ci porterà al parco. Altra funivia, altro spettacolo.
Perché quando per 20 minuti resti sospeso nel vuoto, e decine (di più?!) di metri, e sotto di te vedi solo alberi, alberi e alberi, e non c’è un rumore, non c’è niente che ti disturba, sei solo tu, la tua famiglia e l’infinito intorno a te… beh, come fai a non innamorarti?

Arriviamo infine in cima, all’ingresso del Parque Arví. Qui si possono fare diverse escursioni, dopo un mercatino di frutta fresca e prodotti locali si arriva al luogo da cui partono gli autobus, che con pochi dollari accompagnano in varie località. Noi scegliamo la visita a Piedras Blancas, che prevede la visita al lago con noleggio della barchetta. Nel lago ci siamo solo noi: tutto intorno è verde, verdissimo, si sentono solo gli uccelli, qualche goccia d’acqua ci cade in testa e fa freddo, siamo a 2500 mt slm. Le bambine sono entusiaste, nell’acqua ci sono dei cigni e delle anatre, ci divertiamo a remare verso di loro e infine torniamo indietro per fare una passeggiata e pranzare nel vicino self service, sempre in riva al lago, dove mangiamo benissimo – tamales, sopas, arepas – a prezzi veramente, veramente bassi.



Tornare indietro è un altro bellissimo spettacolo, fuori pioviggina e nella funivia restiamo in silenzio riempiendoci gli occhi dei colori e il cuore dei rumori della natura.
Per concludere in bellezza decidiamo di prenotare un tavolo al ristorante sulla cima dell’hotel, un banalissimo Tony’s Roma (barbecue) ma con una caratteristica unica: non solo è al 18esimo piano, ma gira! Chi si perde l’occasione di vedere le mille luci di Medellín da lassù?
Prima proviamo a prendere un aperitivo nella Zona Rosa, ma in un locale ci rimbalzano perché siamo con due bambine. Iniziamo a camminare lungo il viale principale, la Carrera 43A, e finiamo all’Hard Rock Cafè, probabilmente non la nostra prima scelta, ma “accettano” i bambini, per lo meno. Ci facciamo un cocktail e due birre, tanto per gradire, e rientriamo verso l’hotel cantando, correndo e saltando per strada: alla faccia della città pericolosa!
La cena si rivela una scelta azzeccata: dalla vetta dell’hotel vediamo le luci di Medellín perdersi all’infinito, brillare sempre di più intorno a noi fino ad incendiarsi. Becchiamo anche dei fuochi d’artificio (piuttosto comuni, da queste parti) e ceniamo discretamente bene, circondati da colombiani elegantissimi.
La domenica mattina arriva ed è tempo di rientrare: la strada per l’aeroporto ci appare bellissima, soleggiata, piena di ciclisti e di colori vivi che riempiono gli occhi. Salutiamo la città via via che saliamo, i suoi miliardi di mattoni rossi, le sue stradine contorte, le sue inclinazioni folli, la sua gente gentile e piena di vita.
Sì, Medellín ci è proprio piaciuta. E tu, caro Pablo Escobar, potresti anche non essere passato di qui, per quel che ci riguarda.
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2 Comments

  • Che voglia di partire…! Anche solo per un week end fuori porta. E' stato (e siamo ancora solo al 3 febbraio!) un inverno lungo, faticoso, complicato, pesante e avrei una voglia matta di due giorni spensierati, alla scoperta di una città (magari anche vicina, di quelle che ci arrivi in un'ora di macchina), con i bambini che scoprono cose nuove e noi che ci divertiamo insieme a loro.
    Magari tra qualche tempo… in primavera.. chissà.. speriamo!

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