Questo post non è una polemica, o forse sì. Non è una polemica tra donne perché non è questo il senso, ma è una polemica nei confronti di una società guasta che non ci permette di essere ciò che vogliamo, uomini e donne.
Perché quando si parla di conciliare, si parla solo di donne. E già qui sorge il primo problema. Conciliare lavoro e famiglia è diritto di donne e uomini, madri e padri, non solo delle prime. Ecco tutti i punti che sarebbero da discutere per migliorare la nostra società.
La società dovrebbe andare incontro alle persone, non il contrario
Molte volte non c’è scelta: o si lavora 10 ore al giorno e si ingoia il rospo, o si sta a casa e si ingoia il rospo. Noi tre siamo sempre e solo per la prima opzione, ma ciò non vuol dire che sia giusto. O meglio: per noi lo è, ma se potessimo scegliere, sceglieremmo un mondo diverso.
Un mondo in cui le donne possono avere orari più flessibili, lavorare da casa quando i figli sono malati o c’è sciopero, uscire presto, gestirsi i momenti. Facendo il proprio lavoro, ovviamente.
Ma sarebbe bello fosse così anche per gli uomini.
Una delle prime cose infatti sarebbe questa: cambiare la mentalità per cui le donne devono occuparsi della famiglia. Perché alla fine è così: quante di voi hanno lasciato il lavoro perché tanto se ne occupa vostro marito? E no, il fatto che guadagni di più non è un buon motivo, perché più ragioneremo in questo modo, più la società resterà ineguale e ingiusta. Più saremo quelle che conteranno meno. Quelle che rinunceranno al lavoro per stare a casa. Gli uomini saranno quelli considerati di più perché avranno sempre il senso di responsabilità, verso la famiglia, verso l’azienda, verso la società.
Eh sì, perché lavorare è responsabilità a 360 gradi, proprio come occuparsi della famiglia. Perché lavorare significa pagare le tasse, e con le tasse si pagano i servizi, in uno stato sociale. Voi che non lavorate, per scelta legittima e libera, avete mai pensato a chi paga le vostre cure mediche se andate in ospedale? Sì, noi che lavoriamo.
Detto questo, e cioè che uomini e donne dovrebbero lavorare entrambi in egual modo per contribuire alla propria famiglia e alla società, alla cosa pubblica, come si fa?
Come si fa? Come si fa a farsi rispettare, a fare in modo che le aziende ci considerino e ci ritengano di valore?
Perché cavolo, lo siamo di valore. Siamo donne coi controcoglioni (e già dire coglioni…). Siamo capaci di fare mille cose insieme (ma non dovrebbero essere obbligate a farlo), perché dobbiamo scegliere sempre il male minore? Perché se vogliamo farci rispettare dobbiamo rinunciare a veder crescere i nostri figli? O ad occuparci dei nostri genitori, che invecchiano mentre noi lavoriamo e lavoriamo, che si ammalano e noi non siamo nemmeno capaci di star loro dietro qualche ora al giorno, e dobbiamo pagare qualcuno per farlo?
Non sarebbe meglio incentivare il lavoro femminile, proporre orari più compatibili con la vita familiare, spendere soldi per gli asili nido, i doposcuola in tutto il paese, concedere orari più flessibili per poter andarli a prendere a scuola, non considerare chi tiene alla famiglia un peso ma un valore aggiunto, qualcuno che cerca di fare bene in entrambi i campi? Perché a dirla tutta veramente, hanno diritto anche quelli senza figli ad avere una vita personale degna di questo nome, a rientrare ad orari umani, ad assentarsi per stare dietro ai genitori, a riposarsi.
Tutti noi abbiamo dignità, dei bravi genitori non sono coloro che rinunciano al lavoro per stare a casa, perché se lavorare è un dovere, produrre è un dovere, anche occuparsi di se stessi lo è. Aver voglia di dedicarsi alla propria famiglia, con o senza figli, è un merito che ci distingue dalle macchine, dagli animali: quando lo capiranno i governi?
La rivoluzione deve partire da noi: dobbiamo alzare la testa, ribellarci al maschilismo, indurre gli uomini a fare tanto quanto noi. E poi ripartire, a pari merito, per un mondo migliore.