Bambini “ad alto potenziale cognitivo” (cd. APC o plusdotati): facciamo chiarezza

Giorni fa sulla nostra pagina facebook  è nata una interessante discussione sui cd bambini ad alto potenziale cognitivo, o plusdotati.

Ho capito che c’è tanta ignoranza (nel senso letterale del termine cioè ignorare) falsa informazione, e soprattutto reticenza da parte dei genitori coinvolti a parlarne.

Le mamme vi racconteranno delle loro emorroidi o delle ragadi al seno, della diagnosi di DSA o deficit dell’attenzione, ma piuttosto che dirvi “mio figlio è plusdotato” si taglierà un braccio (o almeno, la maggioranza dai). E poi vi dirò anche perché.

Quindi provo, ovviamente nei limiti della mia conoscenza, a fare un po’ di chiarezza.

Non chiamateli “geni”!

Innanzitutto, sfatiamo un mito.

Non stiamo parlando di piccoli geni che a 6 anni sviluppano equazioni, che studiano al dottorato di matematica ad Harvard, né di bambini che passano dalla materna direttamente alle superiori.

Non si tratta neanche di bambini del tipo protagonista del famoso film con Jodie Foster.

Per contro, non si tratta neanche (di solito) del bambino brillante a scuola con tutti 10.

Si tratta semplicemente di bambini che hanno un QI pari o superiore a 130. Un numero, nulla più.

Certo, un’intelligenza acuta, ma in che direzione verrà utilizzata (e se e come), varia moltissimo da bambino a bambino.

E perché mai un genitore dovrebbe fare il test del QI al figlio! Sfigati che vogliono primeggiare attraverso la prole.

Ecco perché le mamme sono reticenti a parlarne.

“Ma pensa questi che son convinti di avere il figlio genio”

“oddio, ma l’hai visto? A me pare tonto più che genio”

“poveretto, i genitori sperano di realizzarsi tramite il figlio”

“genio quello? Ma se ha preso 5 in matematica!”

Ecco, il pensiero comune è più o meno questo.

Io credo che nel 90% dei casi (percentuale non scientifica, sia chiaro) la “diagnosi” arriva “per caso”, e non perchè il genitore la cerca.

E quindi facciamo un passo indietro, e torniamo alla parola genio.

No, a prima vista questi bambini non sono per niente geniali, anzi, soprattutto agli occhi altrui.

Ci sono ovviamente le eccezioni, ma parlo dei casi più frequenti.

Sono bambini, in realtà, che spesso hanno problemi, più o meno grandi.

Per cui sì, ci sono quelli precoci, quelli che hanno iniziato a leggere a 3 o 4 anni, a far di conto, che si interessavano a questioni tipicamente da adulti in età molto precoce.

Ma anche quelli che proprio no.

Di solito sono comunque emotivamente molto immaturi, con un deficit molto grande tra età “intellettiva” ed emozionale, quindi magari timidissimi, magari che non parlano agli adulti, magari che si comportano proprio da maleducati o tonti.

Nemmeno è detto che vadano bene a scuola, anzi, uno dei casi classici per cui si arriva dal neuropsichiatra, e quindi alla diagnosi, sono proprio le difficoltà scolastiche.

Problemi di attenzione, noia, disinteresse, e il rendimento (e la condotta) crolla miseramente.

Un bambino che era moderatamente  precoce, che va bene in tutte le materie, che è sereno, felice equilibrato, probabilmente è un bambino brillante, intelligente, senza però rientrare nella scomoda classificazione APC.

Perchè i cd plusdotati più spesso sono bambini (o ragazzi) faticosi.

Bambini che si sentono intimamente diversi sin dalla primissima infanzia ma non hanno le capacità per capire perché.

Bambini che nascondono la loro diversità attraverso l’imitazione degli altri, aderendo il più possibile ai dettami del “gregge”, nascondendo quello che sanno (ci sono bambini che hanno nascosto ai genitori la loro capacità di leggere in precocissima età, per farvi capire quanto abbiano nella testa già a 3 anni) o isolandosi del tutto.

Quindi no, non sono, di solito, i classici “genietti a prima vista”, e se si ottiene una certificazione, è di solito perchè ci si incappa per altri accertamenti, non per altro.

Personalmente, non ho mai sentito di un genitore che si rivolge al neuropsichiatra per sapere se il figlio è plusdotato (ci saranno eh, ma nella mia esperienza non ne ho mai sentito parlare) ma appunto che si rivolge allo specialista perché vede che il figlio non sta bene.

Perché avere una certificazione? Sono solo etichette

Su questo non ho ancora una risposta.

O meglio: quando c’è una sofferenza evidente, a livello emotivo, sociale, scolastico, è ovvio che bisogna intervenire e intervenendo si incapperà in una diagnosi.

Sarà poi una nostra scelta se “certificarla”, portarla alla scuola, o tenerla per sé.

A scuola, che io sappia, non sono molto preparati.

C’è poco da fare, l’intelligenza altrui ci infastidisce, e purtroppo capita, non so quanto frequentemente, ma capita, che innervosisca anche gli insegnati. Di sicuro non piace a compagni e amici.

Raramente gli insegnanti sono adeguatamente formati per questi bambini.

Che non sono 1 su un milione eh, ma il 5% dei bambini, quindi praticamente 1 per classe.

Bambini e ragazzi che, a causa del sistema scolastico, hanno una percentuale altissima di abbandono scolastico e di avere problemi a vario titolo nella vita.

Quindi se una mamma vi parla di plusdotazione, non giudicatela: è un gran casino e una bella gatta da pelare.

Quanto a me, visto che parlo bene e razzolo male, vi dico la nostra situazione.

Non ho una certificazione APC per mio figlio maggiore.

In primis, vi dico, se non lo sapete, che per qualsiasi certificazione DSA (dislessia, disgrafia, ecc) si deve passare dal test del Quoziente Intellettivo, perchè solo con un QI non inferiore alla media si può certificare un DSA, altrimenti si parla di ritardo nell’apprendimento.

E, non ridete, ma vi dico anche che quando è toccato a noi ero agitata, perchè sotto sotto temevo che avesse un ritardo.

Del resto lui è sempre stato “strano”, brillante in casa, pollo fuori, tanto che una neurpsichiatra, nel corso di una vista per un mal di testa, aveva messo in dubbio che fosse del tutto “normale” (parola usata da lei).

lnvece il test QI  ha un valore alto, ma sotto la “soglia” plusdotazione.

Nel suo test (che per chi non lo sa si chiama WISC IV ed è composto da 4 aree: comprensione verbale, ragionamento visuo-percettivo, memoria di lavoro, velocità di elaborazione) c’era un gap molto grande (superiore a 50 punti!!) tra le prime due aree e le seconde due. Nel suo caso è stata fatta la media matematica tra le varie cifre e voilà il QI indicato.  La neuropsichiatra, parlando di questo gap davvero importante, mi aveva detto: “è come se avesse un motore della ferrari montato in una cinquecento”. Grazie, e quindi??? Nessuna indicazione per aiutarlo.

Mi ero rivolta a qualche psicologa, ma nessuna ci capiva molto, finchè sono stata indirizzata ad una psicologa che lavora nel centro LabTalento di Pavia (dedicato alla plusdotazione) che mi ha detto che con il suo test non si poteva valutare il QI, proprio a causa del gap che lo rende “non determinabile”: la media matematica è semplicemente un errore di procedura (così mi dice eh, io non ci capisco niente).

E’un caso abbastanza  frequente per bambini che  hanno qualche disturbo dell’apprendimento (nel suo caso disgrafia e disortografia) che quindi va ad inficiare alcuni test del classico WISC IV, e quindi va utilizzato un sistema diverso:  non ricordo se mi diceva che si tratta di fare un test diverso o se è solo una modalità di conteggio diversa.

Dai numeri che ha visto, mi ha detto che sicuramente si rientrava nella plusdotazione. Ma io non ho più fatto niente, perché francamente in quel momento non mi interessava.

Avevamo già abbastanza fronti aperti e mi mancava pure quello.

Non ho fatto niente nemmeno per il piccino, che è identico al fratello per molti versi, salvo le difficoltà scolastiche. E quindi, non avendo problemi (se non di comportamento con noi) non ho alcuna intenzione di fare niente, anche perchè non ne ho fisicamente il tempo, nè la forza.

Il problema mi si ripropone ora: il grande ha iniziato le medie, ho portato la certificazione DSA e gli stanno dando compiti e verifiche semplificate. TROPPO semplificate.

Dopo 3 giorni di scuola è tornato quasi in lacrime perché ha ricevuto un test d’ingresso diverso e con la spiegazione di parole “difficili” a lato, e si è sentito umiliato da morire.

Ma perchè??

E’ disgrafico, non scemo.

Alle elementari avevo provato più volte a chiedere che gli dessero test a crocette, visto che fa fatica a scrivere,  ma che fossero più difficili, non più facili, il tutto senza alcun risultato.

Qui, scuola privata scelta per l’attenzione ai DSA, stessa solfa.

Dopo la prima verifica di ingresso di cui sopra,  sono andata a parlare con la coordinatrice dsa (cosa che odio, io non sono una che rompe le palle).

Ho chiesto (ed ho poi dovuto mandare mail ufficiale) di togliere determinati aiuti, pur sconsigliata (se prende insufficiente fa media, per lui sarà troppo difficile ecc).

Due giorni fa come compito per casa doveva leggere un brano e rispondere a domande di comprensione del testo.

Il libro di testo è adatto ai BES (bisogni educativi speciali) così  per molti brani c’è la versione originale e la versione BES. A lui è stata assegnata la versione BES

Bene, la versione BES (la pubblico in IG stories perché non voglio che arrivi chissà dove tramite questo post)  è di fatto un riassuntino banalissimo, che fa perdere totalmente senso alla storia, dove a fianco delle parole c’è la spiegazione, del tipo: “pitone” grosso serpente, “cavalcare”: andare a cavallo. Ma va?).

Ora, io non ho esperienza di altri BES, quindi sicuramente per qualcuno questo testo sarà di aiuto: ma non per mio figlio!

Mi pare anche ovvio, è disgrafico, cosa c’entra la comprensione del testo e la spiegazione di alcune parole, anche banali???

E come si può qualificare un testo come “adatto ai BES”, quando i BES sono così diversi uno dall’altro?!!

Capisco che è difficile eh, personalmente chiederei solo di procedere un po’ per tentativi, per non umiliare i bambini dai primi giorni di scuola

Per storia, volevano farlo studiare sui riassunti: sui riassunti???? Lui? Mi sono opposta, e credo di essere stata inquadrata come la madre rompipalle.

Non mi sono azzardata a dirlo, ma a lui servirebbero pagine in più, non in meno, che questo a casa non tocca libro, perché si ricorda tutto quello che ha detto il prof per filo e per segno, date comprese.

E no, non è un vantaggio, perché se non impara adesso a studiare e ad applicarsi, non lo imparerà mai.

Ho un amico che per tutte le medie e superiori non ha MAI dovuto studiare perché gli bastava la lezione e sapeva tutto.

Ha mollato l’università al primo semestre, perché non era assolutamente capace di applicarsi e studiare.

Per questo stavo meditando se fosse opportuno procedere anche con il fronte APC (sempre che ci rientri ovviamente), ma boh, resto scettica.

Ecco,questa la mia storia e la mia esperienza.

E un consiglio: non giudicate mai, non sapete cosa c’è dietro certe “etichette”, che nessuno si cerca come trofeo.

 

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12 Comments

  • Morna grazie per questo post. Sto vivendo anch’io una situazione simile, grave discalculia QI altissimo. Ti invito a vedere i video della prof lucangeli di Padova e consultare la pagina di polo apprendimento da lei fondata. Zero etichette zero psicologia spiccia tantissimo potenziamento altamente qualificato e didattica, didattica seria

  • Mio figlio mi pare simile al tuo, con un paio di anni in meno. Ha appena finito una serie di incontri con logopedista e neuropsichiatra per capire se è disgrafico o solo molto disordinato. Ha, e abbiamo anche noi genitori, l’immensa fortuna di avere due maestre eccezionali, che hanno capito come prenderlo. Quando finisce i compiti assegnati gli danno dell’altro da fare o gli permettono di leggere qualcosa che sceglie lui (sennò sia annoia, e inizia a far caciara coi compagni, che magari devono finire l’esercizio). Ho la stessa impressione tua, questo quando deve studiare sa già tutto a memoria, lo ha imparato in classe, magari mentre giocava col compagno di banco, c’ha le orecchie anche sulla nuca… e se non viene stimolato a fare di più non impara a studiare!
    Vediamo come andrà a finire la valutazione di una eventuale disgrafia, a sto punto spero non se ne faccia nulla, forse è meglio!
    Per le medie già tremo, già è un periodino che mi terrorizza, se ci aggiungiamo problemi a scuola…Aiuto!

  • Perché non gli togli la BES?
    Io non ho capito una cosa: ma se i bambini BES studiano su brani e testi semplificati (il riassunto, la parafrasi, la spiegazione delle parole “difficili” che poi… parole diffici pitone e cavalcare: parliamone!!!) è giusto che possano avere titoli di studio validi per l’accesso alle scuole superiori prima e all’università poi? Come farà un ragazzo abituato a studiare sui riassunti quando a 14 anni andrà magari allo scientifico e dovrà tradurre dal latino? L’obiettivo del “BES” non dovrebbe essere quello di mettere i ragazzi IN PARI CON GLI ALTRI, anziché trattarli da ritardati (che non sono! Un disgrafico scrive male ma ad esempio al pc correttamente).

    • essendo disgarafico e disortografico non posso fare a meno della certificazione DSA, altrimenti dovrebbero valutare tutti gli errori ortografici che fa e sarebbe un vero disastro… Confido che conoscendosi un po’ si supereranno queste prime incomprensioni.

  • Ciao Morna e grazie per il tuo post che mi ha convinta ancora di più (se mai ce ne fosse stato bisogno) di quanto queste certificazioni siano inutili e dannose dal momento che poi la scuola pubblica o privata che sia non è assolutamente preparata a proporre una didattica adeguata e inclusiva. E per didattica mi riferisco gli insegnanti cui basterebbe un minimo di intelligenza e empatia per uscire dagli schemi e approcciare anche ragazzi dall’intelligenza brillante anche se non convenzionale. Scusami per il lungo post ma certe volte penso che una sana indagine sui requisiti psichico e psicologici degli insegnati debba essere requisito fondamentale per svolgere questo delicato mestiere.

    • Anto, in sincerità non definirei queste certificazioni “inutili e dannose”. Dipende da come si usano. Ad esempio, mio figlio disgrafico e disortografico senza certificazione avrebbe sempre insufficienze o comunque voti bassissimi, perchè dovrebbero contare gli errori ortografici e perchè non è fisicamente in grado si scrivere risposte lunghe. Con lui invece, dopo aver consegnato la certificazione hanno dato i voti guardando il contenuto e non gli errori, e questo sicuramente ha aiutato a ricostruire pian piano la sua autostima. Poi certo, si incappa in sviste come quella raccontata (e potrei raccontarne mille altre), ma confido che conoscendosi e conoscendolo aggiusteranno il tiro. Sulla certificazione APC sinceramente non posso pronunciarmi, al momento credo che un insegnante in gamba dovrebbe saper riconoscere i talenti e valorizzarli, indipendentemente da un pezzo di carta, che anzi, vista la delicatezza del tema, può essere controproducente. Per ora (ma ignoro ancora moltissime cose, mi sto informando ora) credo sia più utile ai genitori per comprendere i figli e dare una spiegazione a certe “stranezze”.

      • Proprio quello volevo dire!!! Forse mi sono espressa male e me ne scuso! Se un insegnante è adeguatamente preparato e moderatamente intelligente dovrebbe capire da solo quando è il caso di dare maggior risalto al contenuto piuttosto che al mero errore ortografico!!! Anche questo dovrebbe semplicemente far parte del mestiere. Se così fosse, le certificazioni potrebbero essere riservate a casi un po’ diversi è davvero bisognosi di una attenzione particolare. Spero di essermi spiegata meglio. Non vorrei aver dato l’impressione di colpevolizzare o giudicare nessuno, tantomeno in genitori..

  • Ciao Morna, mia figlia ha 2 anni e mezzo. Un’ età ben diversa dai tuoi dirai… Lo scorso Natale le é stata diagnosticata una forma di leggera epilessia. Al primo e superficiale controllo all’ ospedale più vicino casa, mi hanno spiattellato in faccia un testo in inglese secondo il quale, con i suoi disturbi, avrebbe avuto problemi di apprendimento scolastico. Ora… per la scuola c’é tempo! Ma vista la fretta di etichettare ciò che non conoscevano (senza risonanza magnetica o una visita appropriata… ) abbiamo portato la bambina al Meyer. E si sono messi a ridere leggendo quelle teorie… Io purtroppo alle tappe evolutive ci devo stare veramente attenta, devo notare se ci sono regressioni. É sveglia per fortuna, all inizio dell’ estate al mare all’ improvviso ha contato fino a 10. Non le chiedo di più rispetto ai suoi contanei, la osservo e cerco di stimolarla nel gioco in maniera attiva. La guardo mentre costruisce, mentre trova le soluzioni, mentre si muove, e poi ascolto i suoi piccoli ragionamenti… quando faccio una cosa per lei e mi dice ‘sei gentile mamma’… Vorrei dire: quant’ è facile e veloce buttare merda sopra le persone? Che fretta c’ era? Già mi dite che é epilettica… e il mondo mi crolla addosso… le date delle medicine che per somministrarle ho visto (e vedo anche ora ) i sorci verdi… c’ era bisogno di dirmi che secondo uno studio fatto chissà dove e che hai letto 30 anni fa una bambina di 19 mesi avrebbe avuto grandi problemi di apprendimento tra 4 anni ? Ma te la do’ io la notizia… magari li avrà… ma anche tu cara dottoressa non stai messa bene… te e le tue etichette. La fretta… Andiamo tutti di fretta… ma per andare dove ?
    Sono felice di essermi presa il MIO TEMPO. Per elaborare, per capire, per aspettare. E sticazzi se mi sto perdendo delle cose… come il lavoro, ne troverò un altro, e no… non sono ricca… ma posso stringere i denti per un po’, sono abituata…

    Ah e comunque alle elementari ero una bambina molto avanti, e questo mi ha portato a vivere nella noia spesso. I miei genitori… a loro bastava che tutto scorresse bene. Neanche mi calcolavano più di tanto. In prima media mi sono trovata malissimo, perché per me studiare era una cosa nuova! Alle elementari avevo tutti voti altissimi ascoltando in classe e basta. Ma la scuola era anche molto diversa da oggi… E se a volte mi annoiavo è probabile che fosse perché la maestra aspettava tutti… anche chi aveva bisogno di più tempo. Dovevamo esserci tutti, perlomeno lei ci provava…

  • Ciao Morna,
    ho beccato questo pezzo per caso, l’avevo perso. Avevo scritto diversi messaggi sui bambini oppositivi diversi anni fa quando ne avevi parlato, ebbene eccomi qui. Anche io approdata a una diagnosi dsa. Avevo più volte notato che le crisi più terribili per mio figlio dipendevano dalla scuola. Anche noi quoziente intellettivo non determinabile divariò di 48 punti. Primi 2 indici, in particolare IVE altissimo.
    Veniamo alle dolenti note, certificazione presso centro privato, nel pubblico 4 mesi di attesa, e mi dicono che siamo stati fortunati. Per fortuna la scuola la recepisce in attesa dell’altra. La nostra fortuna è che la coordinatrice dei dsa è l’insegnante di lettere che ha un figlio ormai grande certificato come dsa che ci ha dato indicazioni preziose. Il pdp l’abbiamo redatto insieme, nel nostro è specificato che mio figlio non ha bisogno di verifiche semplificate, ma di più tempo per l’esecuzione. La riduzione dei compiti è stata una manna dal cielo. Non che questo risolva tutto, però l’insegnante ne ha parlato in classe e lui è più tranquillo. Sulla sua autostima, sotto i tacchi” ci stiamo lavorando. Senso di colpa, lasciamo perdere, ne siamo divorati. Tanto che stiamo seguendo un corso di parent training. Potrei scrivere un poema su cosa è accaduto alla primaria, e dato che anche io sono una di quelle che non vuole “disturbare” mi sono fidata delle insegnanti. Adesso no, adesso anche io ho intenzione di diventare una “rompina” ho già notato che alcuni non tengono in considerazione il pdp e in alcuni casi il loro atteggiamento nei confronti della diagnosi è fonte di disagio per mio figlio e sono pronta a chiedere spiegazioni su tutto. Solo in pochi sono preparati ed è molto frustrante, ma conoscere il problema è già un passo avanti. In base alla mia esperienza posso dirvi che è importante che il pdp sia personalizzato davvero. Ora smetto di scrivere altrimenti non mi fermo più.
    Buona fortuna a tutte noi!

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