Bambini “esplosivi”: chi sono, come comportarsi? Un nuovo punto di vista

Vi ho raccontato spesso del mio secondogenito.

Raccontavo che era simpatico e gioviale, poi via via è diventato sempre meno gioviale, sempre più nervoso

Ho parlato delle sue crisi, di come ho cercato di risolverle.

Tendenzialmente invano.

L’ho descritto come testardo, ma non rendeva l’idea.

L’ho descritto come oppositivo, ma anche qui, non lo riconoscevo del tutto.

Nel frattempo le mie strategie di contenimento sono andate avanti, e devo dire che le cose sono leggermente migliorate:  anche se comunque scenate e crisi restano quotidiane e più di una al giorno.

La settimana scorsa, dopo una di queste scenate, sono riuscita a ritagliarmi una mezz’ora di chiacchierata con lui, che è stata davvero illuminante, e sconvolgente per certi versi.

Ha avuto una lucidità e precisione nel riconoscere i suoi problemi che mi ha lasciato davvero senza parole.

Non posso purtroppo descrivervi nel dettaglio questa chiacchierata, perché andrei a violare la sua privacy, ma alcune cose ve le voglio raccontare, perché credo fermamente che possa essere di aiuto a qualcuno.

Ha iniziato dicendo che nel suo cervello c’è qualcosa che non va, perché sa che sta per avere una crisi e sa anche che se non si ferma subito poi non sarà più in grado di farlo.

Mi ha detto che non sa gestire le emozioni, quelle negative, ma anche quelle positive (“quando sono felice sono anche triste perché penso che sta per finire”).

Che reagisce con rabbia, ma “non sento rabbia in realtà, reagisco con rabbia come autodifesa” -a cosa? gli chiedo-  “a quello che mi spaventa in quel momento, a quello che non so gestire”.

Insomma, lui sa che sta per partire una crisi, sa che non riuscirà a fermarla, sa che è per qualcosa a cui non sa dare un nome.

Deve essere semplicemente terribile sentirsi così, povero tesoro.

Mi ha davvero spezzato il cuore.

Da quel momento ho iniziato a dare un nome a queste emozioni così faticose per lui.

Ad esempio, il giorno dopo stava per scattare un’altra di queste crisi di rabbia, semplicemente perché, su sua richiesta, siamo andati nel bosco al crepuscolo sperando di vedere dei caprioli, ma non li abbiamo visti.

Prima che partisse l’esplosione vera e propria, che poi è quasi impossibile bloccare, gli ho detto: questa non è rabbia, si chiama frustrazione. Speravi che succedesse una cosa e non è successa. Capita, accettalo e vai avanti.

Chi non ha bambini incapaci di frenarsi non può capire, ma chi li ha sì: si è fermato, la crisi è rientrata. Semplicemente un miracolo, per noi.

Non è ancora la bacchetta magica, ma da quella meravigliosa chiacchierata le sue  scenate si sono drasticamente ridotte, sia nella frequenza che nella durata: un po’ sarà stata la mia nuova idea di dare un nome alle emozioni, ma sicuramente tanto lo ha fatto la chiacchierata in sè, l’essere finalmente riuscito ad esprimere cosa ha dentro.

Poi, un paio di giorni fa, in un gruppo vedo un link sui “bambini esplosivi”.

Leggo e resto a bocca aperta: è esattamente lui!

Vi lascio il link dell’articolo che ho letto, il libro purtroppo è solo in inglese.

Sostanzialmente il termine “bambini esplosivi”  è usato per descrivere bambini che si frustrano facilmente, che sono inflessibili ed esplosivi.

Sono bambini che non riescono a modificare il proprio atteggiamento in risposta agli ordini dei genitori o ad un cambiamento nei piani. Quando il bambino diventa frustrato, ha difficoltà a pensare razionalmente, non ricorda precedenti strategie per superare le crisi (ad esempio, noi avevamo tentato con una parola d’ordine. Al suono di quella parola lui doveva bloccarsi, ma non ha mai funzionato, era come se fosse in un vero e proprio black out).  Tendenzialmente non risponderà ai tentativi ragionevoli di riportare la calma e peggiorerà in seguito ad una punizione.

Sono bambini con una soglia di frustrazione estremamente bassa: il bambino vive il mondo come pieno di frustrazione e adulti non comprensivi.

E non solo si frustra più facilmente, ma vive le emozioni associate con la frustrazione in modo molto più intenso e le tollera adattandosi molto meno rispetto ai bambini della stessa età. In risposta alla frustrazione, il bambino diventa estremamente agitato, disorganizzato e aggressivo, dal punto di vista verbale e/o fisico.

Sono bambini con la tendenza a pensare in modo concreto, rigido, bianco-nero. Il bambino non riconosce il grigio il molte situazioni. ( La maestra è cattiva! La odio! invece di “La maestra di solito è buona, ma oggi era di umore cattivo”).

Prosegue l’articolo “Le caratteristiche presentate forniscono un nuovo e più utile modo di guardare ai nostri bambini. Loro hanno deficit di sviluppo nelle importanti abilità della tolleranza della frustrazione e della flessibilità e queste sono le difficoltà che incontrano. Questo è molto differente dalla vecchia e tipica credenza di ritenere questi bambini troppo volitivi e viziati, e che quindi il loro comportamento potesse essere controllato da loro stessi. Con questa nuova comprensione, siamo ora in grado di andare avanti, lasciandoci alle spalle i sensi di colpa e di vergogna. Se capiamo che non siamo noi la causa delle difficoltà dei nostri bambini, possiamo trovare le soluzioni che desideriamo mentre ristabiliamo relazioni positive con i nostri bambini e creiamo esperienze che promuoveranno lo sviluppo della loro flessibilità”.

Ora, capite che dopo quello che mi ha detto lui solo pochi giorni prima, questa lettura è stata davvero un colpo al cuore.

Dentro di me già lo sapevo, che lui era sopraffatto e non poteva farci nulla, ma l’idea alla base che in fondo ci provocasse, che in fondo fosse solo stronzo… beh, un po’ rimaneva.

Leggere invece una descrizione così vivida, così LUI, rivedere mio figlio in una descrizione… è stato un sollievo.

Non sono io, allora, che gestisco male cose banali.

E, soprattutto, non siamo i soli!

Mi ha fatto sorridere che anche il Dr. Greene fa riferimento a questi episodi come “crisi”, quello che ho sempre usato anche io: “Visto che l’abilità di un bambino a pensare chiaramente durante una crisi è praticamente nulla, il loro comportamento può apparire eccessivamente selvaggio e irrazionale. Parolacce, urla, rottura di oggetti e aggressione fisica sono molto comuni durante questi episodi, che possono durare da alcuni minuti a diverse ore.”

Quanto alle strategie da attuare, per me, almeno nella recensione italiana, hanno minore interesse perché sono cose che già faccio: a parte evitare le punizioni, che sono assolutamente controproducenti in questi casi, il punto chiave è capire le ragioni dell’esplosione del bambino.
“Fino a che i genitori (e gli altri) pensano che le crisi “esplosive” del bambino siano deliberate e siano dei tentativi di “ottenere ciò che vuole”, la tendenza più generale sarà di rispondere in modo punitivo. Quando la propria idea cambia da “il mio bambino è solo un piccolo viziato” a “il mio bambino ha bisogno di aiuto per imparare a gestire la frustrazione in modo più flessibile e adattivo”, ci si può spostare da un approccio orientato alla punizione verso un approccio orientato alla costruzione delle abilità.

Altro punto chiave è diminuire le aspettative: a questo ci arrivano da soli credo quasi tutti i genitori.

Inutile impuntarsi per un paio di scarpe per poi creare un casino che dura due ore e lascia sfiniti tutti.

Si lotta solo per le cose davvero fondamentali. Le altre, si fottano,  la nostra vita è già abbastanza faticosa.

Il dott. Greene divide i vari comportamenti in 3 “cestini”.

Il cestino A che contiene i comportamenti non negoziabili, anche se innescheranno le crisi (sostanzialmente, questioni di sicurezza. Cinture di sicurezza, ecc) Cestino B: comportamenti per noi importanti ma non tanto da accettare una crisi. Cestino C: ma chissenefrega (cose che sembravano importanti e continuano a sembrarlo agli altri, ma non a noi che è tanto che siamo vivi).

Nel testo si fanno esempi interessanti, che senz’altro saranno capitati a ciascuno di noi, genitori di figli esplosivi.

“Per esempio, supponete che il vostro bambino sta guardando la tv e sapete che è ora di spegnerla per fare i compiti. Voi chiedete al vostro bambino di spegnere e cominciare i compiti e lui si rifiuta. La tentazione qui sarebbe di continuare ad insistere su un’ubbidienza immediata e di minacciare una punizione (per es., basta TV per il resto della settimana) se il vostro bambino non obbedisce. Ma, nello schema del Dr. Greene, questo non è un problema di sicurezza, e quindi non dovrebbe essere messo nel cestino A. Lui direbbe: cosa succederà se rispondete in questa maniera? Probabilmente la frustrazione del vostro bambino aumenterà e lui perderà il controllo, portando ad una crisi. Ne vale la pena? Ora, se rimanendo fermi nelle vostre decisioni e tollerando la crisi farà sì che la prossima volta il vostro bambino obbedisca più facilmente, allora la risposta è sì. Se però rimanendo fermi e aspettando la fine della crisi non aumenterete in alcun modo la possibilità che in futuro ci siano delle altre crisi, allora il Dr. Greene suggerisce che non ne vale la pena.

Cosa fare allora? Il Dr. Greene sostiene che i comportamenti nel cestino B forniscono fantastiche opportunità di cercare di coinvolgere il vostro bambino in un processo di compromesso e negoziazione. Nel caso sopra citato, il genitore potrebbe dire una cosa tipo “ So che per te è bello continuare a guardare la TV. Mi piacerebbe che tu lo facessi, ma so che devi anche fare i compiti. Cerchiamo di trovare un compromesso, così tu puoi ottenere un po’ ciò che vuoi e io posso ottenere un po’ di ciò che voglio”.
Lo scopo qui non è solo che il vostro bambino faccia ciò che voi volete, ma iniziare ad aiutare il vostro bambino ad imparare le abilità di compromesso e negoziazione che contribuiranno a renderlo più flessibile con il tempo. Il Dr. Greene mette in evidenza come questo processo possa essere estremamente difficile per i bambini inflessibili-esplosivi e che non è difficile per loro diventare sempre più agitate quando cercano di negoziare una soluzione.
Come genitore, se osservate che questo è ciò che sta iniziando a succedere e pensate che il vostro bambino sia vicino ad una crisi, lo scopo diventa quello di far diminuire la tensione in modo che non si abbia una crisi. Questo può significare offrire soluzioni di compromesso per un bambino sforzandosi di aiutare le cose a calmarsi. Quando questo non funziona, il Dr. Greene suggerisce di lasciar perdere il tutto in modo da non avere una crisi. Nell’esempio sopra, se tutti gli sforzi per negoziare falliscono e il bambino arriva sull’orlo di una crisi, il genitore potrebbe dire “Va bene, vedo che sei molto triste e ti stai arrabbiando. Apprezzo il fatto che hai cercato di trovare un compromesso con me, ma non siamo riusciti ad arrivare ad uno buono per tutti e due. Allora potresti guardare ancora un po’ di TV per adesso e magari tra un po’ cerchiamo di trovare il compromesso giusto”.

Se vi pare che vostro figlio sia così, vi rimando all’articolo integrale.

Io continuo sulla nostra strada intrapresa “arrivandoci da soli”, e confidiamo che inizi ad essere almeno un po’ in discesa.

 

 

 

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8 Comments

  • Grazie. Anche la mia piccola rientra nella descrizione, probabilmente da quando è nata. Non ha mai avuto comportamenti violenti, ma bassissima tolleranza alla frustrazione, che innesca crisi di pianto che nessuno dall’esterno può aiutarla a risolvere (ci abbiamo provato in tutti i modi), l’unica è lasciare che si calmi da sola, senza interferire troppo (tranne che per metterla eventualmente in sicurezza). Poco tempo fa una sera col faccino triste mi ha detto “Non so cosa mi viene…” e credo sia un grande passo di consapevolezza per una bimba di 4 anni…

  • Ciao, anche io ho spesso commentato i tuoi post su questo argomento, perché mi trovo nella stessa situazione col mio primogenito, e anche io andando a tentoni, sono giunta alle tue stesse conclusioni e ai metodi dell’articolo. Soprattutto ho imparato a non cedere alla frustrazione a mia volta ( non sempre ci riesco) e devo dire che anche io noto un miglioramento, l’esempio dei compiti è perfetto. Oggi ad esempio non voleva spegnere la tv abbiamo deciso di aspettare 30 min e iniziare ed è filato tutto liscio.
    Mi sono colpevolizzata per anni per queste crisi, quando mi urlava contro e mi alzava le mani, o lanciava oggetti, perché non l’avevo saputo educare, perché sicuramente avevo sbagliato qualcosa, e ancora in parte lo penso, ma cercando di guardare con razionalità la nostra situazione ho anche notato che mio figlio si sfoga in famiglia, ma si comporta bene a scuola a casa dei compagni. Certo se qualcosa lo ha fatto star male ne pagheremo le conseguenze tutti 😅, però adesso è più facile comunicare e anche a lui in qualche occasione è riuscito di calmarsi da solo, ma soprattutto ha preso coscienza di questa capacità, che ha la possibilità di fermarsi prima di esplodere. Si va avanti a piccoli passi o forse è solo un periodo buono 😅 un grande abbraccio

  • Ciao.. grazie per questo articolo..mio figlio che di anni ne ha 8 e mezzo è stato certificato con disturbo oppositivo provocatorio con tendenza depressiva…la cosa è iniziata all’asilo ma quando le insegnanti mi diceva che si arrabbiava che aveva scatti d’ira non ho dato peso alla cosa..ed io e suo padre non abbiamo accettato i consigli di aiuto..alle elementari il dramma..il primo giorno è scappato …poi un susseguirsi di ire funeste aggressività manifestata sia sugli altri bambini sia su oggetti disegni…tutto…dopo 2 anni di grandi alti e bassi..2 anni di psicoterapia 2 anni di supporto psicologico anche per noi genitori sia il terapeuta privato che la neuropsichiatria sono passati al consiglio di psicofarmaci…sono sconfortata e delusa ma non mollo e provo a parlare molto a spiegare a capire… stiamo, entrambi, usando i fiori di Bach…la strada è dura ma noi insieme non molliamo.. grazie mi sono sentita meno sola anche se ogni storia ed ogni bimbo è a se

    • mi dispiace molto Antonella, immagino il tuo sconforto.
      So pochissimo di psicofarmaci ai bambini, quindi non mi pronuncio,sicuramente anche io la terrei come ultimissima strada, informati più che puoi!
      magari anche con altri genitori che hanno dovuto dare farmaci.
      Sicuramente un po’ di tregua serve a tutti voi.
      Un abbraccio grande

    • Grazie mille per la tua condivisione, anche io ho attraversato diversi anni nel buio più totale provandole davvero tutte, facendo diagnosi di
      bambini con DOP ma con alcune varianti con disturbo d’ansia generalizzato ecc… consultato psicologi, e provato anche con la terapia cognitivo comportamentale che peggiorava nettamente le cose aumentando addirittura le crisi. Un giorno parlando con una psicologa ispirata e “di passaggio” esce fuori la parola DISREGOLATO e da lì è partita tutta la mia ricerca fino ad arrivare agli studi del dottor Green che ha inglobato tutte le mie ipotesi fatte fino a quel momento. Finalmente avevo la descrizione esatta di mio figlio e come dici tu, non ero sola!

  • Il mio Gio è molto simile, esplosioni velocissime di rabbia ma anche fatica a contenere entusiasmo e felicità, quinda urla anche in contesti sbagliati, salta e corre anche quando potrebbe essere pericoloso. Prima dell’estate ho chiesto aiuto ad una professionista, psicologa clinica, che ci (me e mio marito)ha aiutato moltissimo a capire meglio tutto e anche vedere Gio da un’altra prospettiva! Beh, aver ambiato le nostre reazioni alle sue scene ha migliorato di molto le cose e aperto un dialogo positivo. Riconoscere le emozioni, rabbia, noia, frustrazione, gioia, sorpresa è fondamentale, ma soprattutto avergli fatto capire che nessuna di loro è sbagliata, che tutti proviamo quelle stesse emozioni, la differenza sta nell’esprimerle in un modo o nell’altro. Quindi ora la parola d’ordine è empatia!

  • Ciao, sono Elisa, non mi dilungo nelle descrizioni perché lo avete fatto in modo preciso tutte voi per me. Ho un bimbo di 6 anni con questo problema. Inoltre abbiamo avuto la terribile disavventura di scegliere la scuola sbagliata che ha peggiorato e cronicizzato il tutto e fatto emergere anche traumi e diversi altri disturbi che complicano notevolmente la situazione già difficile di per sé. Avrei una domanda, conoscete uno specialista in Italia che adotti il metodo del dottor Green per essere seguiti piú nel dettaglio?
    Grazie!

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