Quando ero bambina, la mia maestra si chiamava Maria. Era una donna severa ma dallo sguardo dolcissimo, che mi metteva spesso in punizione perché parlavo troppo ma che mi guardava con occhi pieni di amore. Come una mamma.
È stata lei che mi ha insegnato ad amare la scrittura e a farne praticamente tutta la mia vita.
La maestra Maria era siciliana.
Quando, per la mia luna di miele, ho dovuto annullare il bellissimo viaggio alle Seychelles per motivi familiari, ho pensato: voglio andare in Sicilia.
Mi sono innamorata da subito di quella terra, che per me era un po’ qualcosa di magico, che mi ricordava un film che avevo tanto amato e la mia adorata maestra.
Quando per le strade di Parigi ho visto che usciva un film d’animazione dedicato alla Sicilia mi sono detta, ma come, non ne so niente? Mi sono messa a cercare, e ho scoperto che La famosa invasione degli orsi in Sicilia è un racconto di Dino Buzzati, pubblicato nel 1945 sul Corriere della Sera (e pubblicato poi come libro). La vicenda mi ha incuriosito, e ho scoperto che l’autore aveva scritto la storia per intrattenere i suoi nipoti.
Ci sono voluti “solo” settantaquattro anni perché qualcuno decidesse di dare vita ai personaggi di questa storia, e ci ha pensato Lorenzo Mattotti, fumettista e illustratore, al suo esordio come regista.
La famosa invasione degli orsi in Sicilia racconta di Tonio, un orsetto che si perde giocando. Il papà, per ritrovarlo, smuoverà tutti i suoi sudditi, invadendo la Sicilia governata da un Re umano cattivo e meschino.
La cosa che mi ha emozionato di più, quando ho visto in anteprima il film, è stato sentire la voce di Andrea Camilleri nella veste del vecchio saggio orso. Camilleri, per me, non era solo un autore incredibile (ci credete che è il principale argomento di discussione col preside della scuola delle mie figlie? Lo adora, ed è francese… quanto orgoglio!), ma un personaggio di cui l’Italia doveva (e deve) andare fiera. Perciò risentire la sua voce anche solo per un po’, è stata davvero un’emozione fortissima.
Da parte mia, il film mi ha dato l’occasione per parlare alle mie figlie della cultura italiana, di Dino Buzzati e di Andrea Camilleri. Ma è stata anche l’occasione per parlare di temi molto importanti affrontati dalla storia: l’importanza degli amici veri, l’importanza di credere nei propri sogni, l’importanza di restare se stessi e non voler diventare come qualcuno che non siamo. Questo punto, in particolare, sembra aver colpito molto le bambine, che hanno parlato a lungo di come l’orsetto, in quanto piccolo e senza esperienza, si lasci guidare dalla voglia di essere “diverso”, ma poi sia comunque lui – me l’hanno sottolineato – a dimostrare di essere più maturo.
Questo perché non sempre chi abbiamo accanto è come pensavamo.
Un’ultima nota, prima di consigliarvi di andare assolutamente a vederlo coi vostri bimbi (le mie hanno pianto come fontane), riguarda mia figlia maggiore, appassionata di lettura e disegno. Dopo aver visto il film, è intenzionata più che mai a raccontare storie attraverso le immagini. Non so se sia stata la particolarità del disegno (si vede che è opera di un fumettista) o la dolcissima storia che umanizza gli animali (che lei adora), ma mi è sembrata una cosa bellissima.
Un cartone animato, se così si può chiamare, che esce dagli schemi, non parla di principesse da salvare né guerriere, ma ci immerge non solo in diversi insegnamenti, ma anche nella nostra cultura più bella, più fine, più profonda, che fa parte di un’Italia che mi piace tanto e che a volte, purtroppo, ci dimentichiamo.
Al cinema dal 7 novembre 2019.