Le bambine in Italia sono ipersessualizzate

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Il titolo è volutamente polemico. Ci pensavo da qualche giorno, da quando è iniziata la scuola, e oggi sono capitata su questo articolo che parla del documentario Cuties. Il documentario, trasmesso da Netflix, ha destato scandalo perché – benché lo scopo fosse proprio mettere l’accento sulla ipersessualizzazione delle bambine – mostra le piccole in abiti succinti. Cioè per denunciare il fatto, intanto lo sbatte ovunque. E questa polemica è costata una campagna contro Netflix stesso che ha perso diversi soldi a causa delle cancellazioni.

Mi ha molto colpita il fatto che il documentario sia francese e si svolga in Francia. Come sapete le mie figlie sono nate e cresciute lì fino a soltanto due mesi fa e quando mi capitava di leggere di bambine che a 10 anni si vestono come 15enni, io dicevo: mah, da noi no.

Ed è vero, da noi no. Mia figlia maggiore compirà 11 anni a gennaio, è in quinta elementare. Supera ormai il metro e cinquanta, con tutti gli annessi e connessi, come dice lei, “ho le forme”. Si distingue dalle altre soprattutto per l’altezza, ma non si distingue per il resto. Nella scuola delle mie figlie a Parigi, le bambine erano tutte bambine. Tutte. Lei con le forme, quelle alte 1 metro e 30, quelle alte ma piallate, tutte le bambine. Vestite da bambine, facevano giochi da bambine. Mi dicevo, chissà che mi aspetterà in Italia.

Poi appunto è iniziata la scuola e ho potuto così conoscere le compagne delle mie figlie. Tutte bambine che fanno le bambine. Vestite sportive, un po’ sgarrupate pure, che non hanno il cellulare, che si abbracciano fuori da scuola e vogliono andare ai giardini nel pomeriggio per… fare giochi da bambine. Infatti mia figlia maggiore e le sue amiche giocano come gioca la mia minore di 8: sulle altalene, ai giochi d’acqua, fanno cose insomma che fanno i bambini.

Perciò se dovessi basarmi sulla mia esperienza, direi che questo problema non esiste, e che magari arriva alle medie, per carità, ci sta. Ma siccome mi parlavano delle elementari, per me non è così.

Però c’è un però: il problema della ipersessualizzazione esiste. Esiste perché a certi racconti credo. Esiste perché ho visto coi miei occhi una mamma che infilava il costume nel sedere alla figlia, a mò di tanga. Esiste perché le bambinette in spiaggia col costume nel sedere quello vero ce le ho viste eccome. Esiste perché nonostante da una parte lottiamo per prenderci i nostri diritti e per non essere considerate solo un pezzo di carne da valutare in base al peso e alla freschezza, dall’altra c’è una cospicua parte di noi che incita le figlie ad essere fighe, sexy, gnocche e provocanti già da bambine. Perché la società ci valuta in base al nostro aspetto, e non tutte le donne (sempre noi) hanno i mezzi per lottare, per opporsi. Per riappropriarsi del proprio corpo e far sì che lo facciano anche le figlie: vuoi indossare abiti succinti? Ok, ma non per piacere agli altri, solo per te.

Invece di insegnare alle nostre figlie a leggere, a far ridere, a fare domande, a rispondere alle polemiche e alle offese, ad interessarsi a tutto ciò che le circonda, ci preoccupiamo di come si vestono, di come si pettinano, se si sporcano, se non sono perfette, già quando sono piccolissime. E poi le spingiamo verso quell’immaginario che vuole la donna riuscita solo se è bella, solo se è popolare, solo se piace a tutti e fa invidia alle altre donne. Solo se vince i concorsi, solo se è la più alta, se ha il culo più sodo e la pancia più piatta. La matrice è sempre la stessa: la donna è oggetto da ammirare, valutare, pesare.

Il fatto che queste cose non le veda tra le compagne delle mie figlie non significa che non esistano. Però forse un modo per evitarlo c’è, e non dipende soltanto dal carattere delle bambine, ma anche dall’ambiente che le circonda. E il fatto che esista un documentario così, come molti altri ne sono esistiti, ci ricorda che soprattutto in certe fasce della popolazione l’ignoranza non spinge la donna verso il futuro, non la pone su un piano diverso, emancipato o moderno, no, la fa restare agli anni Ottanta, ai tempi di Drive-In, alle Veline, ai concorsi di bellezza, al trovarsi un marito ricco, allo scegliere carriere facili perché tanto mica potranno fare altro, al credere che nella vita o sei bella e giovane, o dove vai?

E questa ignoranza è figlia di questo mondo che ci è stato dato, ma noi possiamo cambiarlo. Possiamo lottare mettendo in mano libri ai nostri figli, possiamo lottare usando le parole giuste e facendo da modello ai nostri figli. Il problema dell’ipersessualizzazione delle bambine non è frutto (solo) del fatto che gli uomini sono degli arrapati:, ma anche del fatto che le donne non pensano (sanno) di poter cambiare le cose.

E questo è terribile, pure peggio delle bambine che fanno i concorsi di bellezza.

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