Chi colmerà il gap delle generazioni a venire?

gap istruzione

Quando la pandemia è cominciata, si diceva che era colpa dei cinesi: questi cinesi birichini, che mangiano pipistrelli e altre bestie sconosciute, friggono cani e fanno le borse coi gatti. Un po’ si è anche pensato: ben gli sta (non io, ci tengo a dirlo, il mio è un “si è” generico, non condiviso da molti, spero).

Quando la pandemia è arrivata in Italia, d’un tratto ci siamo sentiti tutti un po’ più amici dei cinesi. Perché il resto del mondo come ci trattava? Come appestati. Come un paese del terzo mondo che, per forza ha i camion che portano fuori le casse da Bergamo, non hanno posti in ospedale, non hanno medici qualificati, c’è Medici senza frontiere al Niguarda a insegnare le tecniche di rianimazione.

Se non l’avete percepito credetemi, è così.

E la cosa straordinaria è che a far parte di questa Italia, considerata retrograda e incivile, ci siamo noi, generazione degli anni Settanta e degli anni Ottanta, noi figli del progresso e del boom economico, noi che abbiamo avuto ottime scuole, accesso alle risorse, le prime aperture al mondo: al resto d’Italia ma anche del mondo. Noi, insomma, che potenzialmente potevamo tutto, anche se c’era la tv spazzatura – cos’era, in fondo, il Drive In a tarda notte, rispetto a canali che trasmettono 24/24h reality show a base di nudità, sesso e volgarità, che poi tra parentesi ci sono ovunque? – abbiamo creato l’Italia di oggi. No, non possiamo più dare la colpa ai nostri genitori, perché le rivoluzioni si fanno, e le cose si cambiano, e noi eravamo in tempo per farlo e nessuno di noi l’ha fatto.

Nessuno.

Oggi siamo in un momento storico dell’Italia: il momento in cui si deciderà se noi e soltanto noi chiuderemo le scuole. Pare che non sarà così – pare – e questo perché c’è stato un movimento, seppur timido, di rivolta. Forse nato dalle mamme – figura su cui, volenti o nolenti, ricade la gestione della DAD, e su questo convengo che sarebbe da aprire un capitolo a parte ma forse i problemi bisognerebbe imparare a prevenirli, quando si sta annegando, si nuota per restare a galla – o forse nato da quel senso di inferiorità che giustamente ci fa apparire come terzo mondo dal resto d’Europa: se chiudiamo le scuole proprio noi, che figura facciamo? Perché non siamo in grado di riaprirle? Chi vorrà i nostri studenti, chi verrà mai a studiare in Italia, se gettiamo la spugna?

Il problema è che la nostra scuola non è assolutamente pronta a gestire la pandemia.

Non lo era sei mesi fa – come non lo erano nemmeno molte altre in Europa e nel mondo – ma il problema principale è che non lo è nemmeno oggi, dove molte scuole non hanno ancora il corpo docenti al completo e molte, moltissime, non hanno ancora un protocollo DAD attivo e funzionante.

In tempi non sospetti, tanti anni fa, quando mio marito mi interrogava sulla “grande crisi Italia” e mi chiedeva di analizzarla, con fare polemico (ho studiato Scienze Politiche), gli rispondevo sempre: vuoi un’Italia migliore? Investi sulla scuola, TUTTO sulla scuola. Fregatene del resto, vai a prendere i soldi a chi te li deve e inizia da lì, dalla scuola. Riforma il sistema, adegua le strutture, forma i tuoi insegnanti, facilita gli scambi, modernizzati. Crea insomma una generazione di persone colte, intelligenti, curiose, fai dei bambini e dei ragazzi di oggi il tuo successo di domani.

Certo, richiede tempo, non vedi gli effetti subito. Tu sei lì che spendi milioni e non puoi vantarti di niente.

Cambia mentalità.

Invece, probabilmente dovevo continuare gli studi in comunicazione politica e trovare altre donne lungimiranti (è una battuta, certamente) per far capire che se non si investe sulla scuola non si progredirà MAI.

Novembre 2020.

Se le scuole chiuderanno, se le classi saranno anche soltanto in quarantena senza accesso alla DAD o con una didattica povera, a singhiozzi, col peso sociale e fisico sui genitori che dovranno essere educatori, insegnanti e lavoratori (oltre che casalinghi), il GAP con le altre scuole europee sarà a quel punto incolmabile.

Vada per lo scorso anno, considerato un anno speciale per tutti. Ma quest’anno no.

Se chiuderanno le scuole, non soltanto i nostri figli avranno un reale problema e un arresto – ancora – nell’apprendimento, ma lo sapranno tutti. Tutti sapranno che i nostri figli sono quelli che hanno studiato (non studiato) nella scuola pubblica all’epoca del COVID e quindi saranno indietro, meno preparati, in ritardo. Saremo gli incivili, quelli incapaci di garantire un diritto costituzionale.

Più del numero reale di posti letto, si ricorderanno le bare uscite coi camion da Bergamo, perché non abbiamo ospedali adeguati.

Si ricorderà che in Italia, nel 2020, i nostri figli sono rimasti indietro.

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3 Comments

  • Vivo negli Stati Uniti da tre anni, i miei figli frequentano una scuola pubblica. Con l’emergenza Covid anche qui e’ stata attivata la Dad, poi con l’inizio di settembre il rientro in presenza. Insegnanti e preside sono stati presenti per tutta l’estate, hanno tenuto riunioni anche di sabato e in giorni festivi per preparare il rientro dei bambini. Ho visto volontà e partecipazione. La scuola italiana e’ una delle migliori al mondo, ne sono convinta, ma e’ necessario rinvigorirla, farla rinascere.
    Grazie.

    • Dopo 11 anni in Francia ho la tua stessa percezione. Preferisco di gran lunga la didattica italiana, che ti prepara a studiare sul serio, a ripetere fino allo sfinimento un concetto (in quattro anni di elementari mia figlia maggiore non ha mai fatto un’interrogazione a Parigi, né reali compiti in classe, né un tema, per dire). Ma purtroppo sta andando tutto a rotoli.

  • Allo sconforto della chiusura delle scuole, si aggiunge la mancanza di dati sui quali avrebbero basato la decisione. Come evidenzia Sara Gandini epidemiologa e ricercatrice, https://www.facebook.com/sara.gandini molti studi smentiscono il ruolo della scuola nella diffusione dell’epidemia, mentre dimostrano i danni certi della DAD,

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