Cara ministra Azzolina, è questa la scuola che mi propone?

cara azzolina

Cara Ministra Azzolina,

mi permetto di scriverle, in quanto straniera, per parlarle della scuola italiana. No, non si stupisca se scrivo bene: sono italiana, ma quando si vive per oltre un decennio fuori dal proprio paese, le assicuro che un po’ stranieri lo si diventa. E straniere lo sono sicuramente le mie figlie, nate entrambe fuori dal Bel Paese, e cresciute in un sistema che non è il nostro.

Sa, Ministra, rientrare in Italia è stata una scelta improvvisa e un fatto fortuito, non ci avremmo mai sperato. Ma ne siamo anche molto felici. Era il mese di luglio, e senza troppi indugi abbiamo iscritto le nostre figlie alla scuola primaria del quartiere in cui abbiamo scelto di abitare, un quartiere vivo, alcuni dicono alla moda, in una zona piuttosto centrale di Milano. Sa cosa ci siamo detti, io e mio marito? Che tanto qualsiasi scuola, in Italia, sarebbe stata un’ottima scuola. Io ho frequentato una vecchia scuola elementare di provincia negli anni Novanta, mio marito quella di un paesino dell’hinterland milanese negli anni Ottanta: entrambi conserviamo non solo bellissimi ricordi, ma anche basi solide che ci hanno permesso di avere un discreto successo nella vita. E senza mai pagare!

Così, tra tutti i problemi che, si immaginerà, si incontrano quando ci si trasferisce da un paese all’altro in piena pandemia, proprio la scuola non era uno dei nostri pensieri. Le nostre sono bambine sveglie, abituate a viaggiare, parlano tre lingue, leggono tanto. Sono davvero deliziose, perché mai avremmo dovuto preoccuparci?

Ecco, gentile Ministra Azzolina, forse io e mio marito viviamo nel mondo degli unicorni, quello in cui il servizio pubblico di base è garantito, funzionante e magari anche di qualità. Soprattutto perché ci chiedono talmente tante tasse…

E invece. Invece le dico, cara Ministra, che mia figlia minore ha avuto l’insegnante di matematica e scienze soltanto due settimane fa, ai primi di novembre. In terza elementare. Le sembra strano? Eppure è la sua scuola, dovrebbe saperlo. È fortunata, la mia piccola: ha potuto colmare le lacune di italiano grazie a un’insegnante di ruolo, che però, essendo anziana, è assente qualche volta. Nessuno la sostituisce, anche quando i giorni di assenza sono superiori a uno. E questo, già, mi destabilizza. Cioè, viene sostituita un po’ da chi capita, la scuola fa quel che riesce, con le risorse interne.

Dicevo che è stata fortunata, lei, perché alla sorella, in quinta, è andata diversamente: la maestra di italiano è arrivata oltre un mese dopo l’inizio delle lezioni. Già, mia figlia, che non ha mai fatto italiano, ha perso un altro mese. Certo, non è un problema della scuola se mia figlia non ha mai fatto italiano, e ci mancherebbe. Ma la scuola, mi perdoni, non dovrebbe essere inclusiva? E soprattutto: non dovrebbe offrire un servizio uguale per tutti?

Cara Ministra, gli altri genitori mi dicono: ma di cosa ti stupisci, non lo sapevi? E no che non lo sapevo. Non lo sapevo perché il primo settembre di ogni anno, nella scuola elementare di quartiere che frequentavano le mie figlie in Francia, gli insegnanti c’erano già tutti, anche quelli chiamati a sostituire maestre in maternità, o altri insegnanti che, per strani e oscuri motivi, non si presentavano. Perché per carità, anche lì c’era qualche insegnante di ruolo che non vedeva mai la cattedra, nessuno sapeva che volto avesse: eppure aveva sempre, sempre un sostituto fisso.

Sa cosa succedeva, Ministra, quando un insegnante era malato? Se riusciva ad avvisare il giorno prima, la mattina dopo a scuola si presentava un supplente. Se accadeva il giorno stesso, il supplente arrivava l’indomani.

No, Ministra Azzolina, non mi parli della pandemia, per favore. Non siamo stupidi. La scuola dove andavano le mie figlie è iniziata come ogni anno, nonostante la pandemia: gli insegnanti sono tutti lì, i sostituti pure. E non ascoltiamo nemmeno più chi dice “eh ma infatti hai visto in Francia, i casi…”. In effetti, noi siamo messi molto meglio.

Io lo capisco eh, lo capisco che non sia facile per niente. Ma lei capisce anche che non è giusto, immagino.

Capisce che non è possibile che altrove funzioni e da noi no. Non è possibile che due italiani, che hanno studiato in Italia, nel sistema pubblico, abbiano deciso di tornare in patria affidandosi di nuovo al sistema pubblico, e si trovino davanti una situazione così.

Non le parlerò del fatto che i bambini debbano provvedere alla carta igienica, perché pensavo fosse una barzelletta, quando me lo raccontavano, e ancora mi dico che sarà sicuramente così. Non le parlerò del fatto che i libri erano consegnati dalla scuola, così come i quaderni, e tutti, ma tutti tutti, dovevano comprare solo l’astuccio e lo zaino.

A me cara Ministra lei sta anche simpatica, perché lo vedo che ce la mette tutta nonostante le remino contro. Ma così non va. Così non è abbastanza. E non è possibile che si chieda ai genitori di trovare soluzioni, non è possibile che ci siano bambini che resteranno indietro perché in scuole come quella che frequentano le mie figlie, nel centro di Milano, nemmeno ci sono gli insegnanti, e quelli che ci sono se si assentano nessuno pensa a sostituirli. Non è possibile perché sa, le mie figlie probabilmente avranno una carriera scolastica brillante comunque, per il loro background, perché possiamo permetterci delle scuole private, perché possiamo permetterci di seguirle e di colmare le lacune che eventualmente avranno.

Ma signora Ministra, a parte che le tasse le pago comunque, anche se le iscrivo a una scuola privata, ma ha pensato a tutti gli altri? Ha pensato a quei bambini che non hanno i mezzi, ai figli degli stranieri che non parlano bene italiano, ai figli di chi fa fatica ad arrivare a fine mese, a chi ha dei deficit, a chi ha bisogno di sostegno? Ma se fosse uno dei suoi figli, Ministra Azzolina, lei starebbe a guardare? O farebbe la guerra?

Io soffro nel sapere che questo paese non avrà un futuro, se i nostri ragazzi non potranno studiare in una scuola che funziona e avranno un gap enorme rispetto agli altri.

Si dice che quando si diventa mamme ci si sente un po’ mamme di tutti i bambini del mondo. Ecco, forse lei, in quanto Ministra, dovrebbe sentirsi responsabile del futuro di tutti questi bambini, che dice?

Ci pensi su.

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4 Comments

  • Cara Anna,
    leggo il vostro blog da qualche anno, esattamente da 6, ovvero da quando sono diventata mamma.
    Che dire… condivido ogni singolo passo della tua lettera.
    Quando dici “Io soffro nel sapere che questo paese non avrà un futuro, se i nostri ragazzi non potranno studiare in una scuola che funziona e avranno un gap enorme rispetto agli altri”.
    Anch’io soffro con te.
    I problemi che citi, ahimè, esistono da troppo tempo. La pandemia li ha acutizzati, non generati (come a volte provano a farci credere).
    I fiori all’occhiello del nostro Paese sono sempre stati il sistema sanitario e quello scolastico, pubblici, accessibili a tutti e ben strutturati.
    Ma vent’anni (o forse più) di tagli alle risorse, hanno generato oramai una situazione drammatica.
    E lo dico da persona ormai disillusa. Non ne sono fiera, sai? Sono sempre stata una combattiva, ho sempre lottato nella vita per i diritti di tutti, ho sempre manifestato il mio dissenso quando non condividevo le scelte dei governi che negli anni si sono succeduti… ma ora mi sento quasi arresa di fronte a tutto questo.

    Mi sento una privilegiata quando dico che mia figlia ha iniziato la scuola (la prima elementare) avendo dal primo giorno due insegnanti di ruolo. Privilegiata? Ma di cosa stiamo parlando… questo non dovrebbe essere un privilegio, ma un diritto, di tutti i bambini e ragazzi. Per non parlare della DAD, dove il sistema favorisce chi ha la possibilità di avere un dispositivo ed una connessione casalinga (e dei genitori in grado di aiutare i figli). Certo ci sono gli aiuti, i sussidi, ma non sempre è così semplice accedervi!
    Poi penso alle famiglie con bambini speciali… alle difficoltà che incontrano quotidianamente. La scuola non dovrebbe rientrare tra quelle.

    Perdonami lo sfogo. Ma la lettura del tuo articolo ha solo fatto emergere pensieri e riflessioni che mi assillano da un po’.

    Complimenti per tutto.

    Michela

    • Ciao Michela, purtroppo sì, sei una privilegiata. Non purtroppo per te, ovviamente, anzi. Ma di casi come quello della nostra scuola pare sia pieno. Di tempi pieni che iniziano un mese dopo l’inizio della scuola, e genitori che devono barcamenarsi per trovare sempre soluzioni. Per me è tutto nuovo, lo ammetto, e sono molto avvilita.
      Sai cosa mi avvilisce ancora di più? Che ci sia chi trova che sia normale, sai è la pandemia (genitori, eh!), o chi mi dice semplicemente e che, non lo sapevi? Ma voglio dire: lo sapete e non vi scandalizzate? Siamo abituati davvero ad accettare qualsiasi cosa, ormai.

      • Mi si chiude lo stomaco al pensiero.
        Perché la pandemia passerà (almeno lo spero)… ma cosa lascerà?
        E’ un pensiero che mi assale quando guardo mia figlia. Nella sua innocenza e purezza, nel suo essere consapevole di quel che sta vivendo (di quando mi dice “Mamma, quando passerà questo maledetto coronavirus, dobbiamo recuperare tutte le feste ed i pigiama party che non abbiamo potuto organizzare!), nella sua resilienza.

        E del fardello enorme di cui, come lei, tutti i nostri bambini e ragazzi dovranno farsi carico.

        Come fanno a non accorgersene? A non preoccuparsene?

        • Come dicevo in un altro post, forse è proprio perché non ne vedi l’effetto immediato che non te ne preoccupi. Meglio fare i pavoni con spese per cui possano rivotarti subito. Secondo te se domani arrivasse qualcuno a dire ragazzi, se mi votate vi riformo la scuola, sarà il top da qui a 30 anni, ce lo cagheremmo? Meh.

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