Fare i genitori è una sfida complessa, si diventa mamme e papà senza studiare un manuale o ricevere un libretto d’istruzioni.
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Genitori: cosa è giusto fare? E cosa è assolutamente sbagliato?
Inizierei con il precisare che ogni singola relazione tra genitori e figli è unica e irripetibile; pertanto, sarebbe utopica la pretesa di poter fornire ai genitori una “formula magica”, una soluzione preconfezionata e sempre applicabile, definitiva e universalmente valida.
Piuttosto, è più utile che mamma e papà, in qualità di maggiori esperti dei propri figli, possano orientarsi all’interno di un quadro di riferimento, che garantisca loro libertà di movimento ma che al contempo offra la preziosa possibilità di mettersi in discussione, rivedere le proprie strategie comunicative ed eventualmente modificarle, nella prospettiva di agevolare il rapporto con i propri figli.
È fuori dubbio che fare i genitori è un lavoro no-stop, intenso e complesso che richiede in ogni fase evolutiva presenza, attenzione, partecipazione, riconoscimento delle esigenze affettive e dei desideri nascenti, cura della specificità dei bisogni di ogni singolo bambino, che non sono solo bisogni materiali.
E ad oggi, da quando la pandemia ha scosso le nostre vite costringendoci a vivere una pervasiva sensazione di incertezza, preoccupazione e stress, per i grandi la sfida è ancora più difficile:
è essenziale aiutare i nostri bambini a sentirsi più sicuri
è essenziale aiutare i nostri bambini a sentirsi più sicuri, metterli in grado di far fronte ai sentimenti negativi di tristezza e paura alimentati dai media e dal mondo degli adulti, fornire loro gli strumenti per affrontare gli eventi che suscitano ansia e timori.
Ma come possiamo fare affinché il nostro piccolo che si sta affacciando al mondo possa nutrire aspettative positive e diventare un individuo dotato di capacità adattive e competenze socioemotive che gli consentiranno di affrontare favorevolmente le sfide della vita?
Il tempo trascorso in famiglia: che sia tempo di qualità
In primo luogo, il trambusto della vita quotidiana dovrebbe avere una posizione secondaria rispetto all’importanza dei rapporti che proteggono e confortano all’interno della famiglia.
A questo proposito, è bene tenere a mente che il primo livello di sicurezza proviene dal tempo trascorso insieme come famiglia.
Attenzione: non è fondamentale la quantità ma la qualità del tempo che trascorriamo insieme!
Mamma e papà dovrebbero essere ascoltatori attenti, porsi con un atteggiamento empatico che riduce le distanze e alimenta il sentimento di prossimità, aiutando i bambini a esprimere le loro preoccupazioni.
Per aiutarli a sentirsi sicuri è importante essere pronti a dare rassicurazioni, spiegazioni adattate al livello di comprensione del bambino, che impediranno che si sentano turbati, sorpresi e confusi dei cambiamenti a cui assisteranno.
Una comunicazione chiara ed efficace
Un ruolo fondamentale nell’aiutare il genitore ad essere efficace a livello relazionale e per costruire la sintonia affettivo-emotiva più adeguata con il proprio figlio è la presenza di una comunicazione chiara ed efficace, attraverso cui veicoliamo messaggi e informazioni anche rispetto a chi siamo e cosa proviamo.
Un genitore che assume una posizione più “morbida” e flessibile potrà attendersi esiti differenti rispetto ad un genitore che manifesta una modalità relazionale autoritaria.
Flessibilità
Ciò non significa che in alcune situazioni non vi sia la necessità di essere maggiormente direttivi a fronte di alcune trasgressioni ma la cosa fondamentale è quella di trovare una giusta sintonia, “danzando” fra le diverse posizioni in modo flessibile a seconda dei differenti contesti e delle differenti situazioni.
Linea comune tra i genitori
Oltre al principio della flessibilità, è importante sviluppare il più possibile tra i genitori una convergenza educativa, attraverso il confronto e l’elaborazione di decisioni comuni che rispettano un sistema di principi ben definiti, chiari e condivisi.
Se non esiste una linea comune ad entrambi i genitori, è possibile che i figli entrino in confusione o che tentino di approfittare di uno dei due per soddisfare le proprie esigenze, rischiando di attivare dei circoli viziosi disfunzionali.
Fondamentale essere congruenti
Il principio della congruenza è fondamentale anche da un altro punto di vista:
uno dei fattori che incide maggiormente nella comunicazione è proprio il livello di congruenza che riusciamo ad infondere al messaggio che vogliamo trasmettere, cioè l’allineamento tra ciò che si dice ed il modo in cui lo si dice.
Possiamo affermare cose ovvie, parlare di cose importanti e interessanti, ma se non siamo congruenti sui tre canali comunicativi, verbale (le parole che diciamo), paraverbale (come le diciamo, in riferimento al tono, alla velocità, al timbro, al volume della voce) e non verbale (come utilizziamo le espressioni del viso, la postura, i movimenti, la posizione occupata nello spazio, la distanza dall’interlocutore) il nostro messaggio non sarà credibile e quindi neanche degno di essere preso in considerazione.
Pensiamo a una mamma che urlando al proprio figlio dice di non urlare.
Questo tipo di comunicazione genera un paradosso, per cui il bambino si trova a domandarsi: “Mi stai chiedendo di non urlare ma tu lo stai facendo, quindi come dovrei comportarmi? Se tu urli perché non continuare ad urlare?”. Come in questo caso, l’incongruenza determina una riduzione drastica dell’efficacia stessa della comunicazione; al contrario, se vogliamo farci ascoltare, essere persuasivi e non generare confusione dobbiamo essere coerenti e dimostrare di comportarci come affermiamo, esprimendo le nostre idee con chiarezza.
In generale, la coerenza rende le comunicazioni sincere e aiuta i genitori ad entrare in maggiore connessione con i propri figli.
Al contrario, una comunicazione in cui gli elementi sono contraddittori, disorienta il ricevente, lo paralizza e non rende comprensibili le reali intenzioni di chi trasmette il messaggio.
La comunicazione genitore-bambino incongruente può anche rivelare l’incongruenza emotiva dei genitori nel comunicare le proprie emozioni e la loro difficoltà a tollerare l’ambivalenza emotiva nei confronti del figlio.
Proviamo ad immaginare una mamma che dopo aver discusso con il suo bambino gli dice: “Dai non fa niente, avvicinati, dammi un bacio” ma che ancora prova rabbia ed ostilità nei suoi confronti che esprime contemporaneamente al livello non verbale respingendolo con il corpo, freddo e teso nell’abbraccio, tagliente nello sguardo.
Questo tipo di comunicazione paradossale invalida necessariamente la relazione minando l’equilibrio emotivo di chi la subisce, rendendo vano ogni tentativo di dialogo o confronto costruttivo e gettando il bambino in un vortice di contraddizione che coinvolge affetto e rifiuto.
L’esposizione ripetuta ad una sequenza di messaggi contraddittori all’interno di una relazione significativa come quella genitore-bambino costringe quest’ultimo in una posizione di confusione e di incapacità decisionale, con conseguente difficoltà nell’organizzazione logica del pensiero.
Dunque, è importante per i grandi non pretendere di avere tutto sotto controllo ma essere autentici, disponibili a parlare delle proprie emozioni, non solo di quelle positive, ma anche di quelle negative, per normalizzare anche le emozioni difficili da vivere.
Non nascondere le negatività e le difficoltà
Celare le negatività e le difficoltà e mostrarsi sempre vincitori altera la lettura della quotidianità e rischia di fornire un modello di sé così irraggiungibile da apparire distante dai figli e, come tale, lontano dalla comprensione dei loro bisogni.
Non è utile che mamma e papà si sforzino di apparire falsamente infallibili alimentando aspettative grandiose che potrebbero sfociare in delusione, piuttosto è fondamentale essere autentici, presentarsi per come si è nella propria unicità, nella totalità del proprio essere, che include anche gli aspetti più fragili e più difficili da accettare.
Orientare i figli verso una crescente autoconsapevolezza, incoraggiarli ad affrontare le difficoltà prima di risolverle piuttosto che allenarli a evitare gli ostacoli fuggendoli, avviene attraverso una quotidianità trasparente in cui non solo le certezze ma anche le domande e i dubbi condivisi paradossalmente riescono a comunicare sicurezza e a trasmettere fiducia.
Se impariamo a comunicare ciò che siamo davvero insegniamo ai nostri figli a non avere paura di essere ciò che sono!
Questo post è stato scritto dalla Dott.ssa Maria Grazia De Santis – psicologa clinica, consulente in sessuologia e specializzanda in Psicoterapia Familiare e Sistemico Relazionale – del team di Hedepy